Italia! Il più bel paese del mondo

Discussion in 'Sezione Italiana' started by Air-Base, Apr 3, 2017.

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  1. embriaco

    embriaco User

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    Oggi è stata la volta di Giovanni Pascoli, con la sua opera “Il Ritorno”, studiata causa esame e scoperta decisamente più piacevole del previsto.
    Trovo che spesso Pascoli venga sottovalutato, se non proprio sbeffeggiato, a causa dei contenuti ingenui di diverse sue opere o raccolte; personalmente, ci ho sempre trovato molto più che semplici versi dedicati all’infanzia.
    Vi è, in Pascoli, un tormento interiore che credo di comprendere a fondo; nei suoi versi, tra buffe onomatopee e descrizioni naif, traspare un tormento interiore causato dalla perdita dell’innocenza tale da farmi quasi male. Mi pare di riuscire a sentire il suo “fanciullino” interiore adirarsi perché trascurato e mal nascosto; mi pare di riuscire a sentire la mia, di “fanciullina”, piangere di sorpresa all’arrivo del menarca.
    Il sentire comune è una brutta bestia.
    Ma torniamo all’opera di cui voglio parlare!
    “Il Ritorno” è un poemetto basato sulla trasposizione di alcuni versi dell’Odissea, precisamente il momento in cui Odisseo, nel XIII libro, tocca le sponde di Itaca e non riesce a riconoscere la sua terra natìa.
    Solo con l’arrivo di Pallade Atena, nelle vesti di una ragazzetta vergine e spensierata, egli riesce a svegliar la sua memoria dal torpore e riconoscere la petrosa Itaca: ora gli son chiari i rumori che un tempo erano famigliari e consueti, come il lento sciabordio del fiume Aretusa, le ninfe all’opera in una caverna del porto, le api intente a produrre miele ronzando forte…
    Il fiume, in particolare, ha un ruolo fondamentale per il riconoscimento della patria da parte di Odisseo e, al contempo, il proprio riconoscimento. Dapprima, l’eroe ricorda con malinconia l’acqua pura del fiume a cui s’accostava quando era un giovinetto:
    “L’acqua del fonte loquace,
    l’onda dei mari lontani
    meco parlavano: – E’ pace
    qui! sono dolce! rimani!
    -Vieni; qua freme la vita!
    Sono infinita!”
    In seguito, specchiandosi nel fiume, trova il medesimo uguale a come lo aveva lasciato, ma vede se stesso con un volto che non pare più il suo:
    “Al fonte arguto s’appressò l’eroe,
    e vide sè nel puro fior dell’acque.
    Arida vide la sua cute, vide
    grigi i capelli e pieni d’ombra gli occhi;
    e la fronte solcata era di rughe [...]
    Vide; e rivide ciò che più non era:
    sè biondo e snello, coi grandi occhi aperti.
    Rivide nella stessa onda, e compianse,
    la sua lontana fanciullezza estinta.[...]
    < Tu, patria, sei come a quei giorni!
    Io sì, mio soave passato
    ritorno; ma tu non ritorni…>>”
    E’ qui che volevo arrivare.
    Le tematiche del ricordo della patria indorato, dell’infanzia dimenticata, del richiamo ai ricordi senza che essi rispondano sono comuni, in poesia, ma in Pascoli appare il sentore angosciato dei poeti romantici arricchito dalla leggerezza del verso e dal melodramma contenuto.
    Per anni Odisseo ha immaginato la sua patria basandosi sui suoi ricordi infantili, dandole un’aria più dolce e accogliente, che concretamente non ha quando ritorna. Non è però Itaca ad essere cambiata, ma lui stesso: i suoi occhi sono quelli di un adulto ormai, vedono i suoi luoghi cari angusti e inospitali, non più fatti per lui. Odisseo pare ormai estraneo alla sua terra, come lei sembra estranea a lui, nonostante l’amore che l’ha tenuto legato a lei per tutto il suo viaggio, nonostante l’amore che l’ha spinto a tornare, in attesa di un posto uguale a come lui lo aveva sognato, ricordato, dipinto dello splendore antico ed ingenuo.
    Nei versi citati, non vi è particolare enfasi: le parole scorrono veloci, il poeta dà una voce arrendevole ad Odisseo, non lo dipinge come un “eroe” che stringe tra i denti il suo glorioso passato, ma come un uomo ormai allo strenuo delle forze che lascia scivolare via i suoi ricordi nell’acqua del fiume, al quale appartengono.
    Vi è una rassegnazione quasi stoica apparente, ma un tormento malcelato all’interno; una superficie molle come l’acqua dei rigagnoli nasconde un fondale torbido, cupo, ben celato e in parte sottovalutato.
    E’ la migliore rappresentazione, quella Pascoliana, del rapporto che ognuno ha col proprio passato, che visto da lontano appare splendente e caro ma che poco si adatta all’attuale forma delle cose; è forte l’illusione che alcune cose possano avere per noi lo stesso valore di un tempo nonostante tutto, che sia recuperabile il proprio rapporto con ciò che si ha lasciato alle spalle, che lo smalto dorato dato ad ] un tempo passato sia in realtà il suo attuale valore. Quel ricordo che accarezziamo come un gattino è in realtà pieno di spilli che si credeva ormai dimenticati, superati e mandati in malora.
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    Vortice

    Posted in Genova, Corso Andrea Podestà, scalinata Camillo Pioli, on 14 ottobre 2016|
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    Penso.
    Ieri non eri tu, no.
    Eri una donna che non conosco.
    Ci siamo persi in un vortice di parole, io e te.
    No, non eri tu ed io me lo ripeto, mentre la tua voce rimbomba nella mia testa.
    Penso, penso.
    Ci siamo confusi in una turbine di malintesi, ci siamo ritrovati nell’intensità di un abbraccio.
    Ma poi, quel vortice di parole ti ha allontanata da me ed io ora sto cercando invano un filo invisibile che mi riconduca da te.
    Dove sei?
    Pensa, maledizione, pensa!
    E intanto respiro, riprendo fiato, chiudo gli occhi.
    E ti vedo.
    E respiro.
    E salgo questi gradini, uno ad uno.
    In un vortice.
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    In ogni cosa
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    There is a crack, a crack in everything.
    That’s how the light gets in.
    C’è una crepa, una crepa in ogni cosa.
    È così che entra la luce.
    Leonard Cohen
    ...
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    Last edited: May 27, 2017
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  2. olandiano

    olandiano User

    Metto io qualcosa ,cosi tu posso andare avanti con nuove belle cose tu scrivi sempre Embri.E sempre un piacere da leggere.



    INNO
    Cantavan gli uccelli
    al levar del dì
    Ricomincia daccapo
    li sentii dire
    Non indugiare
    su quel che è stato
    o che ancora non è.Saranno le guerre
    combattute ancora
    La sacra colomba
    verrà catturata ancora
    comprata e venduta
    e comprata ancora
    la colomba mai libera non è.
    Suonate le campane che possono ancora suonare
    Dimenticate la vostra offerta perfetta
    c’è una crepa in ogni cosa
    È così che entra la luce.
    Chiedemmo dei segni
    i segni furono inviati:
    il natale tradito
    il matrimonio esaurito
    la vedovanza
    di ogni governo –
    segni che ognuno può vedere.
    Non posso più correre
    Con quel branco senza legge
    mentre gli assassini negli alti lochi
    recitano le loro preghiere ad alta voce.
    Ma hanno chiamato a sé
    una nube tempestosa
    E avranno mie notizie.
    Suonate le campane che possono ancora suonare
    Dimenticate la vostra offerta perfetta
    c’è una crepa in ogni cosa
    È così che entra la luce.
    Potete sommare le parti
    Ma non avrete il tutto
    Potete attaccare la marcia
    Non c’è il tamburo
    Ogni cuore, ogni cuore
    verrà all’amore
    ma come un fuggiasco.
    Suonate le campane che possono ancora suonare
    Dimenticate la vostra offerta perfetta
    c’è una crepa in ogni cosa
    È così che entra la luce.
    Suonate le campane che possono ancora suonare
    Dimenticate la vostra offerta perfetta
    c’è una crepa in ogni cosa
    È così che entra la luce.
    È così che entra la luce.
    È così che entra la luce.


    ANTHEM
    The birds they sang
    at the break of day
    Start again
    I heard them say
    Don’t dwell on what
    has passed away
    or what is yet to be.The wars they will
    be fought again
    The holy dove
    She will be caught again
    bought and sold
    and bought again
    the dove is never free.
    Ring the bells that still can ring
    Forget your perfect offering
    There is a crack in everything
    That’s how the light gets in.
    We asked for signs
    the signs were sent:
    the birth betrayed
    the marriage spent
    the widowhood
    of every government –
    signs for all to see.
    I can’t run no more
    with that lawless crowd
    while the killers in high places
    say their prayers out loud.
    But they’ve summoned up
    a thundercloud
    And they’re going to hear from me.
    Ring the bells that still can ring
    Forget your perfect offering
    There is a crack in everything
    That’s how the light gets in.
    You can add up the parts
    but you won’t have the sum
    You can strike up the march,
    there is no drum
    Every heart, every heart
    to love will come
    but like a refugee.
    Ring the bells that still can ring
    Forget your perfect offering
    There is a crack, a crack in everything
    That’s how the light gets in.
    Ring the bells that still can ring
    Forget your perfect offering
    There is a crack, a crack in everything
    That’s how the light gets in.
    That’s how the light gets in.
    That’s how the light gets in.
     
    Last edited: May 27, 2017
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  3. embriaco

    embriaco User

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    Ieri mattina.
    Le lascio così, come le ho trovate.
    Senza accompagnarle ad altre immagini più luminose, senza aggiungere altri frammenti di città che mi hanno incantata.
    Ieri mattina.
    A saperle spiegare, certe sensazioni.
    Mentre la gente passava, in Via della Maddalena.
    Io mi sono fermata.
    E veramente mi sarei aspettata di sentire all’improvviso quelle note e quella sua voce, la voce di Fabrizio.
    Dove il sole del buon Dio non dà i suoi raggi.
    Un vetro azzurro, l’acqua chiara, petali rossi.
    Genova.
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    ..san francisco

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    Genova
     
    Last edited: May 28, 2017
  4. olandiano

    olandiano User

    Tom Dumoulin ha vinto il Giro d’Italia

    È il primo olandese a riuscirci e l'ha fatto soprattutto grazie ai suoi ottimi risultati nelle gare a cronometro


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    L’olandese Tom Dumoulin ha vinto la centesima edizione del Giro d’Italia. L’ultima tappa si è corsa oggi: è stata una gara a cronometro partita dall’Autodromo di Monza e arrivata a Milano in Piazza Duomo. Dumoulin ha 26 anni e corre per il Team Sunweb. Finora il suo miglior risultato a uno dei tre Grandi Giri del ciclismo su strada (oltre al Giro, il Tour de France e la Vuelta di Spagna) era stato un sesto posto alla Vuelta del 2015, vinta dall’italiano Fabio Aru. Prima della cronometro di questa mattina Dumoulin era quarto in classifica generale, con 53 secondi di ritardo dal colombiano Nairo Quintana, che era in maglia rosa.

    Al secondo posto in classifica generale è arrivato Nairo Quintana, al terzo c’è Vincenzo Nibali. Il francese Thibaut Pinot è arrivato quarto e il russo Ilnur Zakarin quinto.

    Durante questo Giro d’Italia Dumoulin aveva già indossato la maglia rosa dall’11ª alla 18ª tappa, quando la conquistò Quintana. Dumoulin la ottenne dopo aver vinto la prima cronometro di questo Giro – quella del 16 maggio da Foligno a Montefalco – ed era riuscito a guadagnare altro vantaggio vincendo la tappa del 20 maggio, arrivata sulla salita di Oropa. Aveva invece perso alcuni secondi nella tappa con arrivo a Bormio (vinta da Vincenzo Nibali) e in alcune di quelle successive.

    La cronometro di oggi è stata vinta dall’olandese Jos van Emden.
     
  5. embriaco

    embriaco User

  6. embriaco

    embriaco User

    Out of order for few days........
    Fuori servizio per alcuni giorni. .......
    Cause di forza maggiore. ...
     
  7. olandiano

    olandiano User

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    Sono il mini eventi di Giugno




    [​IMG]GiornoDataEvento [​IMG]
    [​IMG]Venerdi 02-06 + 20 % Aircoins [​IMG]
    [​IMG]Sabato 03-06 Doppio Passeggeri [​IMG]
    [​IMG]Domenica 04-06 + 50 % Aircoins [​IMG]
    [​IMG]Lunedi 05-06 Triplo PE [​IMG]
    [​IMG]Martedi 06-06 Sei Doppio (600 %) PE...Compleanno
    di Skyrama , 6 anni
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    [​IMG]Giovedi 08-06 Doppio Passeggeri [​IMG]
    [​IMG]Venerdi 09-06 + 20 % Aircoins [​IMG]
    [​IMG]Sabato 10-06 Doppio PE [​IMG]
    [​IMG]Domenica 11-06 + 50 % Aircoins[​IMG]
    [​IMG]Lunedi 12-06 Doppio Passeggeri [​IMG]
    [​IMG]Giovedi 15-06 Doppio PE [​IMG]
    [​IMG]Venerdi 16-06 + 50 % Aircoins [​IMG]
    [​IMG]Sabato 17-06 Doppio Passeggeri [​IMG]
    [​IMG]Domenica 18-06 + 20 % Aircoins [​IMG]
    [​IMG]Martedi 20-06 Doppio PE [​IMG]
    [​IMG]Mercoledi 21-06 + 50 % Aircoins [​IMG]
    [​IMG]Giovedi 22-06 Doppio Passeggeri [​IMG]
    [​IMG]Venerdi 23-06 + 20 % Aircoins [​IMG]
    [​IMG]Sabato 24-06 Doppio PE [​IMG]
    [​IMG]Domenica 25-06 Doppio Passeggeri [​IMG]
    [​IMG]Mercoledi 28-06 Doppio Passeggeri [​IMG]
    [​IMG]Giovedi 29-06 Doppio PE [​IMG]
    [​IMG]Venerdi 30-06 + 50 % Aircoins [​IMG]
    [​IMG] [​IMG] [​IMG] [​IMG] [​IMG]
     
    Last edited: Jun 1, 2017
  8. embriaco

    embriaco User

    Per Sandokan ad evitare doppi post.
    Grazie per aver pubblicato......
     
  9. topgun123

    topgun123 User

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  10. GBRY1967

    GBRY1967 User

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    Skyrama
    e anche con tutti i tuoi bugs....riesci sempre a farmi divertire

    Grazie per il ricco bonus
     
  11. embriaco

    embriaco User

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    Simone Boccanegra, storia del primo Doge di Genova


    La storia è il miglior libro di avventure che si possa leggere.
    Genova nel 1339, sono i tempi dei guelfi e dei ghibellini.
    Capitani del Popolo sono Galeotto Spinola e Raffaele Doria.
    E cosa fecero costoro? Pensarono bene di eleggere per conto proprio l’Abate del Popolo, usurpando così un privilegio delle classi più basse.
    Si fomentò così un malcontento che già serpeggiava: il popolo voleva eleggere il suo abate e ottenne quanto richiesto.
    Si scelsero venti uomini che si riunirono al Palazzo degli Abati.
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    Una folla mormorante attendeva il responso, quando una voce improvvisa si alzò: era un battiloro, un artigiano che lavorava il più prezioso dei metalli.
    Costui prese ad urlare a gran voce un nome: Simone Boccanegra.
    E tutti i presenti si unirono al battiloro, era lui che tutti volevano, i venti designati a scegliere erano concordi e si propose quindi la carica a Simone.
    Il prescelto discendeva dal Primo Capitano del Popolo Guglielmo Boccanegra e apparteneva pertanto alla borghesia.
    Simone, conscio di ciò, rifiutò la carica ma i suoi sostenitori non si arresero e anziché Abate del Popolo, in virtù delle sue origini, lo elessero Doge.
    Il primo Doge della Superba, acclamato a furor di popolo, venne condotto in trionfo alla Chiesa di San Siro.
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    Da lì fu il corteo proseguì verso la casa di Simone in Via della Maddalena.
    E consentitemi un certo rammarico, perché questo luogo che richiama alla memoria un personaggio così importante per la storia di Genova dovrebbe avere una grande valenza turistica e culturale, è invece uno spicchio di centro storico forse un po’ trascurato, temo che persino molti miei concittadini non sappiano che nei caruggi ancora esiste la casa del primo Doge della Superba.
    La Piazza porta il suo nome e si chiama Piazzetta Boccanegra.
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    Ma torniamo a lui e alla sua elezione.
    Simone Boccanegra si insedia il 24 Settembre 1339, il suo è un Dogato Perpetuo.
    I due Capitani del Popolo, i già nominati Galeotto Spinola e Raffaele Doria, tolgono il disturbo e si ritirano in altri lidi, anche per portare a casa la pelle, s’intende.
    Si affianca a uomini di sua fiducia, è un governo di popolari e ghibellini.
    E come primo ordinamento Simone stabilì che nessun nobile potesse essere eletto Doge.
    Come nel passato, ancora esiste un Podestà che amministra la giustizia criminale, mentre quella civile è affidata a due Consoli di Giustizia.
    Perdura la carica di Abate del Popolo che rappresenta le tre valli di Bisagno, Voltri e Polcevera.
    E’ variegato e complesso il sistema amministrativo del tempo ed eviterò di scendere troppo nel dettaglio.
    I nemici del popolo erano i nobili e contro di essi si accesero gli animi, la città era in tumulto.
    Boccanegra, per sedare i disordini, decretò il taglio della testa per coloro che si fossero macchiati di saccheggio.
    Fare il doge non era certo un mestiere di tutto riposo, la vita di Simone era in costante pericolo.
    Più volte si tentò di sbarazzarsi di lui, nel 1340 un gruppo di genovesi, tra i quali diversi nobili e un macellaio di Soziglia, confessarono di aver tramato una congiura per ucciderlo.
    Molto democraticamente vennero affidati al boia che li mandò tutti quanti al Creatore e il problema venne così brillantemente risolto secondo gli usi del tempo.
    Simone, onde evitare ulteriori spiacevoli incidenti, si dotò di un nutrito plotone di guardie del corpo, ben 103 cavalieri pisani!
    I suoi detrattori lo accusavano di eccessivo sfarzo, si narra infatti che amasse andare in giro vestito di rosso, con un prezioso manto color porpora e un cappello dello stesso colore.
    A lui va il merito di aver curato i rapporti con gli stati esteri, ma certo questo non bastò ad allontanare i nemici.
    I nobili fuoriusciti ancora tramavano contro di lui, è del 1341 il tentativo di colpo di stato del Marchese di Finale Giorgio del Carretto, ma Simone riuscì ancora una volta a cavarsela e il Marchese finì rinchiuso in una gabbia nel carcere della Malapaga, che si trovava a ridosso di quelle mura ..............
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    mura di malapaga
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    Ma il mondo è grande, il mare infinito e a quel tempo era infestato dai terribili saraceni.
    Costoro minacciavano Alfonso XI di Castiglia e provate a indovinare chi andò in soccorso di quel Regno?
    Le galee genovesi guidate dal fratello di Simone, Egidio Boccanegra.
    Le galee della Superba, la Dominante dei Mari, espugnarono Algeciras e in seguito furono altrettanto determinanti nella città di Caffa sul Mar Nero, località importantissima per i commerci e per l’economia di Genova.
    Trionfi e glorie di Simone Boccanegra, ma i nemici sono in agguato.
    Sono sempre i nobili fuoriusciti, si insinuano nelle simpatie del popolo e richiedono di rientrare, Simone pone una condizione, chiede che siano disarmati.
    Loro non ci stanno, richiedono persino che vengano allontanati i soldati, Simone vedendosi con le spalle al muro, si risolve per rinunciare al titolo di Doge.
    E così nel 1344 restituisce le insegne sulla Piazza di San Lorenzo e parte alla volta di Pisa.
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    Gli succederà Giovanni di Murta, molti eventi coinvolgeranno i genovesi per mare e per terra.
    Ma il tempo di Simone Boccanegra ancora non è terminato, andiamo al 1356, anno nel quale su Genova dominano i Visconti.
    C’era un diffuso malcontento e Simone ne approfittò per tornare alla ribalta.
    Andò a Milano dai Visconti e propose il suo appoggio.
    Oh, dev’essere stato convincente, perché gli venne accordata fiducia e tornò a Genova.
    E una volta insediatosi sapete cosa fece?
    Riunì in tutta fretta un corpo di armati e a passo di carica si diressero su Palazzo Ducale.
    I Visconti vennero scacciati e il giorno dopo Simone venne eletto nuovamente Doge.
    E ricominciò così il lavoro iniziato anni prima, escluse i nobili da tutti le cariche delle quali vennero invece investiti i popolari.
    E ebbe successi per terra e per mare, stabilendo il proprio predominio sulla Corsica.
    Regnerà altri sette anni, sempre nel mirino dei suoi nemici, diverrà inviso anche ai popolari a causa delle imposte elevate.
    E venne il 3 Marzo 1363, ospite di Pietro Malocello è Pietro, Re di Cipro, in cerca di alleanze per combattere i soliti turchi.
    Per l’occasione venne allestito un fastoso banchetto in onore del sovrano, tra i convitati c’è anche il Doge Simone Boccanegra.
    Si mangia e si beve, giunge la notte e nel silenzio della sua stanza il doge accusa forti dolori.
    Probabilmente avvelenato, durante la notte Simone muore.
    Il suo tempo è finito.
    C’è una piazzetta nei caruggi, lì c’era la sua casa.
    E lì c’è una una targa a ricordo del suo illustre abitante: Simone Boccanegra, il primo Doge della Superba.
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    miky1570
    Socio occulto dell'AIRTIKI

    Elenco dei controllori della flotta italiana che hanno superato il livello nel mese di maggio 2017

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    Last edited: Jun 12, 2017
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  12. embriaco

    embriaco User

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    Tilburg Olanda
    Sprookjesbos
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    La Foresta delle fiabe (Sprookjesbos in Olandese) è una sezione boscosa (di 61,000 m2) del parco divertimenti Efteling, aperta al pubblico nel 1952. È stata progettata principalmente dal famoso illustratore olandese Anton Pieck , che si è basato sul mondo delle fiabe europee.

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    “Mordi, mordi, mordicchia, la mia casetta chi rosicchia?”
    Nella fedele ricostruzione dell’ambientazione della fiaba dei Grimm, non possono certo mancare Hänsel e Gretel! I due bambini stanno già mettendo a punto un piano per sfuggire dalle grinfie della strega cattiva. Nel bosco delle fiabe dell’Europa-Park i visitatori più giovani possono passeggiare sulle orme dei personaggi della loro favola preferita mentre gli adulti si sentono catapultati nella loro infanzia. La foresta incantata qui prende vita! Nel 2013 la fiaba continua... Nel mondo di Madama Holle e dei suoi amici ci saranno presto nuove favole da scoprire. Con l’ampliamento del quartiere tematico per la stagione estiva 2013, il bosco incantato dispone di tanto spazio per sei nuovi racconti dei Fratelli Grimm.
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    Un tempo era semplicemente uno splendido parco naturale con una zona dedicata ai giochi e una foresta incantata, la Foresta delle Favole. Ma nei suoi quasi sessant’anni di vita, il Parco delle Fiabe di Efteling si è evoluto fino a diventare il maggior parco di divertimenti olandese, oltre che uno tra i tematici più grandi d’Europa.
    [​IMG]In località Kaatsheuvel, non lontano da Eindhoven, questo luogo incantato, aperto tutto l’anno, si divide in quattro regni: il Regno delle Favole dove si vivono in prima persona dieci fiabe famose, il Regno dell’Avventura con le sue eccitanti montagne russe e altre attrazioni, il Regno Alternativo che consente visite emozionanti a città proibite e castelli infestati da fantasmi, il Regno dei Viaggi dove si scopre tutta Efteling dall’alto.
    E proprio come nella magica Disneyworld, si ha anche qui l’opportunità di alloggiare per qualche giorno all’Efteling Hotel, tematico albergo “fantastico” direttamente all’interno del parco, con un teatro che ospita colorati musical e un campo da golf nelle vicinanze, oppure al villaggio-vacanze Bosrijk, nel giardino posteriore, fatto di oltre duecento caratteristiche casette e appartamenti immersi nella fiabesca foresta. Tutti, ovviamente, con accesso illimitato al parco incluso nel prezzo.
     
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  13. olandiano

    olandiano User

    Grazie embri. troppo bello..e di piu bello parco di Europa, ho preso tanti premie. Di piu bello di Disney a Parigi. Sono vicino a casa mia, io posso vedere da lontano da mio balcone quando che il cielo sereno.
     
  14. embriaco

    embriaco User

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    IL NOVELLINO
    Racconti dal Medioevo

    Il Novellino è una raccolta di storie brevi risalente alla fine del Duecento, redatto da un autore ignoto (probabilmente di origine fiorentina). L'opera si compone di cento novelle, scelte dal compilatore da una raccolta più ampia; la maggior parte di esse è tratta da fonti più antiche. I protagonisti delle novelle sono tratti dalla Bibbia, dalla mitologia classica e dalla storia antica e recente.


    1. La tolleranza religiosa (Novellino, LXXIII)
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    'era una volta, in un'epoca molto lontana, un potente sovrano noto come il Sultano, il quale regnava su un territorio talmente grande che i suoi sudditi praticavano fedi religiose diverse: alcuni di loro si professavano Ebrei e riconoscevano l'autorità di un libro sacro chiamato Antico Testamento; altri, invece, venivano chiamati Musulmani e ritenevano che la volontà divina fosse stata trasmessa ai fedeli nel Corano; i Cristiani, infine, riconoscevano l'autorità del Vangelo perché in questo testo era stato raccolto il messaggio del Figlio di Dio.
    Orbene, il Sultano aveva la perenne necessità di raggranellare soldi per le casse dello stato, poiché amava organizzare lussuosi ricevimenti per i suoi illustri ospiti. Alcuni dei suoi cortigiani gli suggerirono di rivolgersi ad un famoso mercante ebreo, le cui ricchezze erano note in tutto l'impero.
    Il Sultano, musulmano e amante delle dispute teologiche, convocò a corte il suo suddito e gli domando quale fosse, secondo lui, la migliore delle religioni. In tal modo, il sovrano pensava: — Se il mercante risponderà che la fede migliore è quella ebraica, potrò dire che egli pecca gravemente contro il culto professato dal suo sovrano e gli confischerò i beni: se, invece, dirà che la religione più importante è quella musulmana, lo accuserò di empietà perché in pubblico professa la fede ebraica e, anche in questo caso, gli requisirò il suo patrimonio.
    Il mercante, dopo aver udito la domanda del suo sovrano, soppesando le parole così rispose: — Maestà, vi racconterò un aneddoto. C'era una volta un padre di tre figli, il quale possedeva un anello con una pietra preziosa: la migliore del mondo. Poiché tutti e tre pregavano il padre affinché gli venisse lasciato in eredità questo anello, questi andò da un valente orafo e gli chiese di fabbricare due anelli uguali a quello che possedeva. L'artigiano fece un lavoro così raffinato, che nessuno sarebbe stato in grado di distinguere le copie dal gioiello originale. Il padre chiamò i figliuoli separatamente, donando a ciascuno un anello con la raccomandazione di non farne parola con gli altri fratelli. Alla fine, ognuno dei figli si era persuaso di possedere l'anello vero, ma in realtà nessuno conosceva la verità tranne il padre loro. Maestà, allo stesso modo avviene oggi per le religioni: le fedi sono tre; il Dio che ce le diede sa quale sia la migliore, e i figliuoli (che siamo noi) sono tutti convinti di possedere quella autentica. A noi altro non resta che custodire con affetto il dono che ci è stato trasmesso da nostro padre.
    Il Sultano, dopo aver ascoltato l'arguta risposta del mercante, non seppe più che dire e lo lasciò andare.

    2. L'adulazione (Novellino, XXIV)

    Il potentissimo imperatore Federico II di Svevia, sovrano di tutto il mondo cristiano e grande cultore delle arti e del diritto, aveva due consiglieri famosi per la loro proverbiale saggezza: il primo si chiamava messer Bolghero, mentre l'altro aveva per nome messer Martino.
    Un giorno Federico stava passeggiando tra i portici del suo castello in compagnia di questi due saggi; poiché l'imperatore aveva sentito il desiderio di disquisire di diritto proprio in quel momento, pose ai propri fidati consiglieri il seguente quesito: — Signori, secondo la legge potrei io togliere ai miei sudditi ciò che voglio senza spiegarne il motivo se non che io sono il loro signore? In fondo, non si insegna che ciò che piace al sovrano debba essere legge per i propri sudditi? Fatemi sapere ciò che ne pensate, perché la questione mi interessa moltissimo.
    Il primo dei due giuristi così rispose: — Maestà, l'imperatore può fare dei beni dei propri sudditi ciò che più gli aggrada, senza che gli si possa muovere alcun rimprovero.
    L'altro, invece, argomentò: — A me non sembra che le cose stiano così, perché la legge si basa sulla giustizia e ai suoi principi occorre conformarsi. Se fosse vostra intenzione togliere qualcosa ai vostri sudditi, essi vorranno sapere il perché.
    L'imperatore Federico sembrò apprezzare entrambi i pareri e perciò fece un dono ad ambedue i consiglieri: al primo donò un cappello scarlatto e un palafreno bianco, all'altro invece venne richiesto di redigere una legge secondo la propria coscienza.
    Tra i nobili facenti parte del seguito dell'imperatore si discuteva in maniera appassionata per stabilire a chi fosse stato fatto il dono più prezioso, ma nessuno sembrava trovare l'argomento decisivo.
    Alla fine, fu lo stesso Federico a spiegare il suo comportamento: semplicemente, a colui che lo aveva adulato egli aveva fatto dono di un cappello e di un cavallo, come si è soliti fare con i giullari; a colui il quale aveva dimostrato di perseguire l'ideale della giustizia, il sovrano aveva invece chiesto di scrivere una legge.
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    World of Tales
    The woman with three hundred and sixty-six children

    Dutch Folktale


    Long, long ago, before the oldest stork was young and big deer and little fawns were very many in the Dutch forests, there was a pond, famous for its fish, which lay in the very heart of Holland, with woods near by. Hunters came with their bows and arrows to hunt the stags. Or, out of the bright waters, boys and men in the sunshine drew out the fish with shining scales, or lured the trout, with fly-bait, from their hiding places. In those days the fish-pond was called the Vijver, and the woods where the deer ran, Rensselaer, or the Deer's Lair.
    So, because the forests of oak, and beech, and alder trees were so fine, and game on land and in water so plentiful, the lord of the country came here and built his castle. He made a hedge around his estate, so that the people called the place the Count's Hedge; or, as we say, The Hague.
    Even to-day, within the beautiful city, the forests, with their grand old trees, still remain, and the fish-pond, called the Vijver, is there yet, with its swans. On the little island, the fluffy, downy cygnets are born and grow to be big birds, with long necks, bent like an arch. In another part of the town, also, with their trees for nesting, and their pond for wading, are children of the same storks, whose fathers and mothers lived there before America was discovered.
    By and by, many people of rank and fortune came to The Hague, for its society. They built their grand houses at the slope of the hill, not far away from the Vijver, and in time a city grew up.
    It was a fine sight to see the lords and ladies riding out from the castle into the country. The cavalcade was very splendid, when they went hawking. There were pretty women on horseback, and gentlemen in velvet clothes, with feathers in their hats, and the horses seemed proud to bear them. The falconers followed on foot, with the hunting birds perched on a hoop, which the man inside the circle carried round him. Each falcon had on a little cap or hood, which was fastened over its head. When this was taken off, it flew high up into the air, on its hunt for the big and little birds, which it brought down for its masters. There were also men with dogs, to beat the reeds and bushes, and drive the smaller birds from shelter. The huntsmen were armed with spears, lest a wild boar, or bear, should rush out and attack them. It was always a merry day, when a hawking party, in their fine clothes and gay trappings, started out.
    There were huts, as well as palaces, and poor people, also, at The Hague. Among these, was a widow, whose twin babies were left without anything to eat—for her husband and their father had been killed in the war. Having no money to buy a cradle, and her babies being too young to be left alone, she put the pair of little folks on her back and went out to beg.
    Now there was a fine lady, a Countess, who lived with her husband, the Count, near the Vijver. She was childless and very jealous of other women who were mothers and had children playing around them. On this day, when the beggar woman, with her two babies on her back, came along, the grand lady was in an unusually bad temper. For all her pretty clothes, she was not a person of fine manners. Indeed, she often acted more like a snarling dog, ready to snap at any one who should speak to her. Although she had cradles and nurses and lovely baby clothes all ready, there was no baby. This spoiled her disposition, so that her husband and the servants could hardly live with her.
    One day, after dinner, when there had been everything good to eat and drink on her table, and plenty of it, the Countess went out to walk in front of her house. It was the third day of January, but the weather was mild. The beggar woman, with her two babies on her back and their arms round her neck, crying with hunger, came trudging along. She went into the garden and asked the Countess for food or an alms. She expected surely, at least a slice of bread, a cup of milk, or a small coin.
    But the Countess was rude to her and denied her both food and money. She even burst into a bad temper, and reviled the woman for having two children, instead of one.
    "Where did you get those brats? They are not yours. You just brought them here to play on my feelings and excite my jealousy. Begone!"
    But the poor woman kept her temper. She begged piteously and said: "For the love of Heaven, feed my babies, even if you will not feed me."
    "No! they are not yours. You're a cheat," said the fine lady, nursing her rage.
    "Indeed, Madame, they are both my children and born on one day. They have one father, but he is dead. He was killed in the war, while serving his grace, your husband."
    "Don't tell me such a story," snapped back the Countess, now in a fury. "I don't believe that any one, man or woman, could have two children at once. Away with you," and she seized a stick to drive off the poor woman.
    Now, it was the turn of the beggar to answer back. Both had lost their temper, and the two angry women seemed more like she-bears robbed of their whelps.
    "Heaven punish you, you wicked, cruel, cold-hearted woman," cried the mother. Her two babies were almost choking her in their eagerness for food. Yet their cries never moved the rich lady, who had bread and good things to spare, while their poor parent had not a drop of milk to give them. The Countess now called her men-servants to drive the beggar away. This they did, most brutally. They pushed the poor woman outside the garden gate and closed it behind her. As she turned away, the poor mother, taking each of her children by its back, one in each hand, held them up before the grand lady and cried out loudly, so that all heard her:
    "May you have as many children as there are days in the year."
    Now with all her wrath burning in her breast, what the beggar woman really meant was this: It was the third of January, and so there were but three days in the year, so far. She intended to say that, instead of having to care for two children, the Countess might have the trouble of rearing three, and all born on the same day.
    But the fine lady, in her mansion, cared nothing for the beggar woman's words. Why should she? She had her lordly husband, who was a count, and he owned thousands of acres. Besides, she possessed vast riches. In her great house, were ten men-servants and thirty-one maid-servants, together with her rich furniture, and fine clothes and jewels. The lofty brick church, to which she went on Sundays, was hung with the coats of arms of her famous ancestors. The stone floor, with its great slabs, was so grandly carved with the crests and heraldry of her family, that to walk over these was like climbing a mountain, or tramping across a ploughed field. Common folks had to be careful, lest they should stumble over the bosses and knobs of the carved tombs. A long train of her servants, and tenants on the farms followed her, when she went to worship. Inside the church, the lord and lady sat, in high seats, on velvet cushions and under a canopy.
    By the time summer had come, according to the fashion in all good Dutch families, all sorts of pretty baby clothes were made ready. There were soft, warm, swaddling bands, tiny socks, and long white linen dresses. A baptismal blanket, covered with silk, was made for the christening, and daintily embroidered. Plenty of lace, and pink and blue ribbons—pink for a girl and blue for a boy—were kept at hand. And, because there might be twins, a double set of garments was provided, besides baby bathtubs and all sorts of nice things for the little stranger or strangers—whether one or two—to come. Even the names were chosen—one for a boy and the other for a girl. Would it be Wilhelm or Wilhelmina?
    It was real fun to think over the names, but it was hard to choose out of so many. At last, the Countess crossed off all but forty-six; or the following; nearly every girl's name ending in je, as in our "Polly," "Sallie."
    Girls Boys
    Magtel Catharyna Gerrit Gysbert
    Nelletje Alida Cornelis Jausze
    Zelia Annatje Volkert Myndert
    Jannetje Christina Kilian Adrian
    Zara Katrina Johannes Joachim
    Marytje Bethje Petrus Arendt
    Willemtje Eva Barent Dirck
    Geertruy Dirkje Wessel Nikolaas
    Petronella Mayken Hendrik Staats
    Margrieta Hilleke Teunis Gozen
    Josina Bethy Wouter Willemtje
    Japik Evert
    But before the sun set on the expected day, it was neither one boy nor one girl, nor both; nor were all the forty-six names chosen sufficient; for the beggar woman's wish had come true, in a way not expected. There were as many as, and no fewer children than, there were days in the year; and, since this was leap year, there were three hundred and sixty-six little folks in the house; so that other names, besides the forty-six, had to be used.
    Yet none of these wee creatures was bigger than a mouse. Beginning at daylight, one after another appeared—first a girl and then a boy; so that after the forty-eighth, the nurse was at her wit's end, to give them names. It was not possible to keep the little babies apart. The thirty-one servant maids of the mansion were all called in to help in sorting out the girls from the boys; but soon it seemed hopeless to try to pick out Peter from Henry, or Catalina from Annetje. After an hour or two spent at the task, and others coming along, the women found that it was useless to try any longer. It was found that little Piet, Jan and Klaas, Hank, Douw and Japik, among the boys; and Molly, Mayka, Lena, Elsje, Annatje and Marie were getting all mixed up. So they gave up the attempt in despair. Besides, the supply of pink and blue ribbons had given out long before, after the first dozen or so were born. As for the, baby clothes made ready, they were of no use, for all the garments were too big. In one of the long dresses, tied up like a bag, one might possibly, with stuffing, have put the whole family of three hundred and sixty-six brothers and sisters.
    It was not likely such small fry of human beings could live long. So, the good Bishop Guy, of Utrecht, when he heard that the beggar woman's curse had come true, in so unexpected a manner, ordered that the babies should be all baptized at once. The Count, who was strict in his ideas of both custom and church law, insisted on it too.
    So nothing would do but to carry the tiny infants to church. How to get them there, was a question. The whole house had been rummaged to provide things to carry the little folks in: but the supply of trays, and mince pie dishes, and crocks, was exhausted at the three hundred and sixtieth baby. So there was left only a Turk's Head, or round glazed earthen dish, fluted and curved, which looked like the turban of a Turk. Hence its name. Into this, the last batch of babies, or extra six girls, were stowed. Curiously enough, number 366 was an inch taller than the others. To thirty house maids was given a tray, for each was to carry twelve mannikins, and one the last six, in the Turk's Head. Instead of rich silk blankets a wooden tray, and no clothes on, must suffice.
    In the Groote Kerk, or Great Church, the Bishop was waiting, with his assistants, holding brass basins full of holy water, for the christening. All the town, including the dogs, were out to see what was going on. Many boys and girls climbed up on the roofs of the one-story houses, or in the trees to get a better view of the curious procession—the like of which had never been seen in The Hague before. Neither has anything like it ever been seen since.
    So the parade began. First went the Count, with his captains and the trumpeters, blowing their trumpets. These were followed by the men-servants, all dressed in their best Sunday clothes, who had the crest and arms of their master, the Count, on their backs and breasts. Then came on the company of thirty-one maids, each one carrying a tray, on which were twelve mannikins, or minikins. Twenty of these trays were round and made of wood, lined with velvet, smooth and soft; but ten were of earthenware, oblong in shape, like a manger. In these, every year, were baked the Christmas pies.
    At first, all went on finely, for the outdoor air seemed to put the babies asleep and there was no crying. But no sooner were they inside the church, than about two hundred of the brats began wailing and whimpering. Pretty soon, they set up such a squall that the Count felt ashamed of his progeny and the Bishop looked very unhappy.
    To make matters worse, one of the maids, although warned of the danger, stumbled over the helmet of an old crusader, carved in stone, that rose some six inches or so above the floor. In a moment, she fell and lay sprawling, spilling out at least a dozen babies. "Heilige Mayke" (Holy Mary!), she cried, as she rolled over. "Have I killed them?"
    Happily the wee ones were thrown against the long-trained gown of an old lady walking directly in front of her, so that they were unhurt. They were easily picked up and laid on the tray again, and once more the line started.
    Happily the Bishop had been notified that he would not have to call out the names of all the infants, that is, three hundred and sixty-six; for this would have kept him at the solemn business all day long. It had been arranged that, instead of any on the list of the chosen forty-six, to be so named, all the boys should be called John, and all the girls Elizabeth; or, in Dutch, Jan and Lisbet, or Lizbethje. Yet even to say "John" one hundred and eighty times, and "Lisbet" one hundred and eighty-six times, nearly tired the old gentleman to death, for he was fat and slow.
    So, after the first six trays full of wee folks had been sprinkled, one at a time, the Bishop decided to "asperse" them, that is, shake, from a mop or brush, the holy water, on a tray full of babies at one time. So he called for the "aspersorium." Then, clipping this in the basin of holy water, he scattered the drops over the wee folk, until all, even the six extra girl babies in the Turk's Head, were sprinkled. Probably, because the Bishop thought a Turk was next door to a heathen, he dropped more water than usual on these last six, until the young ones squealed lustily with the cold. It was noted, on the contrary, that the little folks in the mince pie dishes were gently handled, as if the good man had visions of Christmas coming and the good things on the table.
    Yet it was evident that such tiny people could not bear what healthy babies of full size would think nothing of. Whether it was because of the damp weather, or the cold air in the brick church, or too much excitement, or because there were not three hundred and sixty-six nurses, or milk bottles ready, it came to pass that every one of the wee creatures died when the sun went down.
    Just where they were buried is not told, but, for hundreds of years, there was, in one of The Hague churches, a monument in honor of these little folks, who lived but a day. It was graven with portraits in stone of the Count and Countess and told of their children, as many as the days of the year. Near by, were hung up the two basins, in which the holy water, used by the Bishop, in sprinkling the babies, was held. The year, month and day of the wonderful event were also engraved. Many and many people from various lands came to visit the tomb. The guide books spoke of it, and tender women wept, as they thought how three hundred and sixty-six little cradles, in the Count's castle, would have looked, had each baby lived.
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    Biografia Fratelli Grimm

    Jakob Ludwig Karl Grimm nacque a Hanau nel 1785 (morì a Berlino nel 1863).
    Figli di un giurista, i due bambini trascorsero i primi anni della loro giovinezza a Steinau e frequentarono il liceo a Kassel. Rispettivamente dal 1829 e dal 1839 furono professori a Kassel. A causa della partecipazione alla protesta dei "Göttinger Sieben" furono banditi dal paese.
    Dal 1840 circa vissero entrambi a Berlino, città in cui morirono: Jacob il 20.9.1863, mentre suo fratello Wilhelm il 16.12.1859.
    Jacob Grimm Professore di lettere antiche e bibliotecario di Gottinga, fu destituito nel 1837 a causa delle sue idee liberali. Nel 1840 Friedrich Wilhelm IV lo chiamò a Berlin.
    Con il fratello Wilhelm Karl (1786\1859), pubblicò una raccolta di Saghe tedesche (Deutsche Sagen, 1816-1818) e una di Fiabe (Kinder und Hausmärchen, 1812-1822), riprese dalla viva voce del popolo. Sono testi orali, che spesso riprendono motivi di altri paesi.
    I curatori vedevano in essi le tracce di antichissime credenze. Le due raccolte ebbero vasta risonanza.
    Fiabe (1812-1815)
    Sollecitati da Achim von Arnim e Clemens Brentano i fratelli Grimm raccolsero dal 1807 brevi racconti di prosa, in prevalenza dall'Assia, che definirono fiabe popolari. Queste fiabe raccontano di esperienze e desideri umani che vengono espressi in motivi ricorrenti, ogni volta con variazioni e nuove combinazioni. Esse coniugano il soprannaturale-portentoso con il razionale-terreno e di regola hanno una funzione didattico-morale. Questo spiega il loro finale stereotipo che premia sempre i protagonisti innocenti ed altruisti. I personaggi principali sono tipi del popolo e dell'aristocrazia.
    A causa dei loro molteplici significati non è più possibile stabilire univocamente il loro rapporto con la realtà. Scopo della raccolta era in origine l'accesso alle fonti il più possibile originali, tuttavia si potè disporre unicamente delle tradizioni tramandate oralmente. I frammenti di saghe e miti germanici così raccolti erano per i Grimm l'essenza della poesia naturale, espressione di un'anima popolare collettiva che si rivela in un atto irrazionale di creazione.
    Jakob si occupò anche di diritto, grammatica ("Grammatica tedesca", Deutsche Grammatik, 1819-1837), di letteratura e linguistica ("Storia delle lingue tedesche", ), di mitologia ("Mitologia tedesca", 1835).
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    FRATELLI GRIMM
    Jacob Ludwig Karl Grimm
    nato il 4.1.1785 a Hanau morto il 20.9.1863 a Berlino
    Wilhelm Karl Grimm nato il 24.2.1786 a Hanau morto il 16.12.1859 a Berlino
    Applicando il metodo storico comparativo allo studio della letteratura e della lingua, Jakob Grimm fu il fondatore della germanistica moderna.
    Tra i suoi meriti, quello di aver riconosciuto la regolarità di alcuni mutamenti consonantici che distinguono le lingue tedesche dalle altre lingue indoeuropee (prima rotazione consonantica, o legge di Grimm).
    Le Fiabe dei fratelli grimm:

    La pioggia di stelle
    Favole per bambini dei Fratelli Grimm.


    La pioggia di stelle
    (una favola scritta dai fratelli grimm)

    C'era una volta una bambina, che non aveva più nè babbomamma, ed era tanto povera, non aveva neanche una stanza dove abitare nè un lettino dove dormire; insomma, non aveva che gli abiti indosso e in mano un pezzetto di pane, che un'anima pietosa le aveva donato. Ma era buona e brava e siccome era abbandonata da tutti, vagabondò qua e là per i campi fidando nel buon Dio. Un giorno incontrò un povero, che disse:
    - Ah, dammi qualcosa da mangiare! Ho tanta fame!
    Ella gli porse tutto il suo pezzetto di pane e disse:
    - Ti faccia bene! - e continuò la sua strada.
    Poi venne una bambina, che si lamentava e le disse:
    - Ho tanto freddo alla testa! Regalami qualcosa per coprirla.
    Ella si tolse il berretto e glielo diede.
    Dopo un pò ne venne un'altra bambina, che non aveva indosso neanche un giubbetto e gelava; ella le diede il suo.
    E un pò più in là un'altra le chiese una gonnellina, ella le diede la sua.
    Alla fine giunse in un bosco e si era già fatto buio, arrivò un'altra bimba e le chiese una camicina; la buona fanciulla pensò: "E' notte fonda nessuno ti vede puoi ben dare la tua camicia ". Se la tolse e diede anche la camicia.
    E mentre se ne stava là, senza più niente indosso, d'un tratto caddero le stelle dal cielo, ed erano tanti scudi lucenti e benchè avesse dato via la sua camicina ecco che ella ne aveva una nuova, che era di finissimo lino.
    Vi mise dentro gli scudi e fù ricca per tutta la vita.
    Fiabe e favole fratelli Grimm
     
    Last edited: Jun 14, 2017
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  15. embriaco

    embriaco User

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    [​IMG] DOPPIO PE [​IMG]
    by Olandiano Forum Italiano
    ....grazie

    Leggende e folklore olandese
    La leggenda dell'Olandese Volante

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    Immaginate se un giorno, in una calda e solare giornata estiva, completamente rilassati sulla spiaggia, improvvisamente e con incredulità crescente, vi pare di intravedere nel lontano orizzonte un’antica nave (meglio definirla come un vascello) con tutte le vele a brandelli che, nonostante la completa assenza di venti, sembra procedere rapidamente verso una sconosciuta destinazione! È ciò che pare sia realmente accaduto agli spiaggianti di Glencairn, una bella spiaggia del Sudafrica, nel marzo del 1939.
    Il vascello ‘fantasma’ della spiaggia sudafricana, venne allora associato alla leggenda dell’Olandase Volante. Tale leggenda si basa su una nave del XVII secolo che solca i mari in eterno senza una meta precisa, e a cui un destino avverso impedisce il rientro in patria.
    La leggenda a sua volta pare nascere da diverse altre leggende nordiche, le quali si basano su un personaggio, un tale capitano olandese Bernard Fokke che nel XVII secolo viaggiava con la sua nave a velocità disumana; questo accadeva in una tratta molto nota a quei tempi, quella che attraversando il Capo di Buona Speranza in Sudafricatra, portava da Amsterdam alle Indie Olandesi .
    Diverse le adattazioni teatrali e cinematografiche dell’Olandese Volante, tra le tante citiamo in particolare il pezzo teatrale inglese The Flying Dutchman (1826) di Edward Fitzball e il romanzo The Phantom Ship (1837) di Frederick Marryat, l’opera del compositore Richard Wagner L'olandese volante del 1841 e in ultima la versione cinematografica con Johnny Depp e i suoi Pirati dei Caraibi
    ....
    Versanalyse en interpretatie
    korte bespreking gedicht


    Hendrik Marsman - Paradise regained In: Paradise regained, 1927



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    [​IMG] Afspelen op YouTube - Kanaal van RozemarijnOnline


    'Paradise regained'


    De zon en de zee springen bliksemend open:
    waaiers van vuur en zij;
    langs blauwe bergen van de morgen
    scheert de wind als een antilope
    voorbij.

    zwervende tussen fonteinen van licht
    en langs de stralende pleinen van 't water
    voer ik een blonde vrouw aan mijn zij,
    die zorgloos zingt langs het eeuwige water

    een held're, verruk-lijk-meeslepende wijs:

    'Het schip van de wind ligt gereed voor de reis,
    de zon en de maan zijn sneeuwwitte rozen,
    de morgen en nacht twee blauwe matrozen -
    wij gaan terug naar 't Paradijs'.


    H. Marsman
    In: Paradise regained, 1927.



    Bespreking gedicht


    Hendrik Marsman (1899-1940) debuteerde in 1923 met Verzen. Hij wordt gerekend tot stromingen als vitalisme (intens, gevaarlijk zelfs, willen leven) en expressionisme (emoties uiten, zonder beperkt te worden door regeltjes). Hierbij is de vorm van een gedicht minder belangrijk.

    In dit gedicht Paradise regained (to regain is: herwinnen of opnieuw bereiken), in de gelijknamige bundel uit 1927, zie je dit terug. De vorm is minder strak dan in die tijd gebruikelijk (de strofen hebben achtereenvolgens 5, 4, 1 en 4 regels, met verschillende regellengtes), maar er is nog wel sterk gebruik gemaakt van metrum en rijm.

    Het gedicht opent met een explosief beeld van bliksem en ochtendwind. Het beeld doet denken aan de schepping in Genesis, de eerste ochtend. In het gedicht komen twee figuren voor, een ik-figuur en een blonde vrouw, die terug gaan keren naar het Paradijs (het beeld spiegelend van de eerste man en vrouw, Adam en Eva, die uit het paradijs werden verdreven). Hoewel de titel is 'Paradise regained', wordt het paradijs in het gedicht niet bereikt. De vrouw zingt slechts dat het schip gereed ligt om terug te gaan naar het paradijs.

    Ook in de titel staan die woorden tussen aanhalingstekens, niet dus als een bewering, maar slechts als citaat van het lied van de vrouw. Het blijft dus bij een literaire terugkeer (naar dit paradijs uit Genesis, dus ook een literaire plek).

    Of wellicht heeft de ik-figuur het paradijs met de blonde vrouw aan zijn zij allang gevonden.
     
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  16. olandiano

    olandiano User

    WOW, grazie embri....bellissimo ..Ma tu sei un Olandese e non Italiano .

    Si, ma non una bionda...;)
     
  17. embriaco

    embriaco User

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    [​IMG] + 50% di aircoin [​IMG]
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    Le Catacombe di Parigi

    All'interno delle catacombe sono conservati i resti di circa 6 milioni di persone
    Le Catacombe di Parigi sono un ossario sotterraneo che sarebbe meglio chiamare "Ossario municipale", la cui origine, a dispetto del nome, risale solo alla fine del XVIII secolo, quando, per far fronte al diffondersi delle epidemie causate dalla saturazione di alcuni cimiteri - in particolare di quello degli Innocenti -, il Consiglio di Stato decise di spostare, a partire dal 1786, le ossa conservate nelle fosse comuni in queste cave sotterranee. Le Catacombe, che conservano i resti di circa sei milioni di persone, sono state aperte al pubblico nel 1874 e sin dalla loro creazione hanno suscitato curiosità. Inizialmente, esse rappresentavano solo un deposito di ossa ma, con il passare del tempo e la realizzazione di una decorazione macabro-romantica, queste antiche cave sono diventate un luogo molto suggestivo.
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    Le Catacombe di Parigi: orari, prezzi


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    Catacombe di Parigi: una macabra composizione con ossa e teschi



    Tra tutte le attrazioni di Parigi, certamente le catacombe sono tra le più misteriose e raccapriccianti, un’esperienza adatta a chi non si sente oppresso all’interno di cunicoli di pietra e non si impressiona davanti a migliaia di ossa. Dopo lunghi anni di restauro e messa a punto delle gallerie, finalmente le catacombe Parigine hanno riaperto le loro porte al pubblico: se anche voi volete essere tra i prossimi visitatori vi indichiamo orari, prezzi e tutto quello che c’è da sapere al riguardo di questo misterioso museo. Pronti per un viaggio nel regno dei morti?
    Le catacombe di Parigi: un po’ di storia

    Le catacombe sono state denominate così perché i creatori si sono ispiratori alle catacombe romane, i cimitero cristiani sotterranei presenti nella nostra capitale. Quando nel 1785, a Parigi, si è deciso di chiudere il più grande cimitero della città, chiamato il Cimitero degli Innocenti, che accoglieva da più di dieci secoli le spoglie di migliaia di parigini, si è posto il problema di dove sotterrare i corpi dei (tanti) morti. In poco tempo la questione è stata risolta decidendo di trasferire tutte le ossa all’interno delle cave dismesse della città: prima di tale trasferimento sono stati fatti dei controlli alle gallerie, sono state rafforzate ed è stata costruita una scalinata e un pozzo dal quale gettare le ossa. Così dal 1786 fino al 1814 le catacombe hanno continuato a ricevere i resti dei morti.
    Già a partire dalla loro istituzione, numerosi personaggi di spicco, incuriositi dalle misteriose gallerie, hanno deciso di scendere sotto terra: stiamo parlando di Carlo X, Francesco I d’Austria e Napoleone III.
    Cosa c’è da vedere

    Come sono fatte

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    Catacombe di Parigi: una macabra composizione con ossa e teschi
    Si trovano sotto il manto stradale di Parigi a 20 metri di profondità (pari ad un edificio di 5 piani) e per raggiungerle si devono scendere ben 130 gradini. Le catacombe sono state costruite all’interno delle cave di pietra che erano state utilizzate per costruire la città e rappresentano il punto d’incontro tra la terra e il mare: ci spieghiamo meglio. Quando i parigini hanno deciso di utilizzare tale pietra per i loro edifici, compresa la Cattedrale di Notre Dame, il Louvre e i bastioni della città, hanno trovato resti di fossili marini che appartenevano ad epoche lontane, quando il mare non si era ancora ritirato dalla Francia.
    Sorprendono i numeri delle catacombe: a 20 metri sotto terra sono state scavate gallerie per una lunghezza di 800 metri dove sono conservati i resti di circa 7 milioni di parigini in 11.000 metri quadrati di superficie.
    Le catacombe furono chiuse nel 1995 per lavori di restauro e sono state riaperte al pubblico soltanto nel 2008: le gallerie sono state rafforzate, è stata migliorata l’illuminazione e le ossa… sono state risistemate.
    Cosa si vede oggi

    Una vota scesi in profondità vi troverete in un labirinto di strade e cunicoli che si snodano sotto il manto di Parigi: silenzio e un’aria fresca ed umida (intorno ai 14 °C) vi avvolgeranno, e dovrete adattarvici per tutta la visita.
    Durante il percorso passerete tra stretti passaggi e gallerie buie, alcune delle quali completamente rivestite di teschi e di ossa, perfettamente ordinate! Potrete scorgere delle massime, alcune poesie ed altri brani sacri che accompagnano i “quadri di morte” creati con le ossa ispirandosi al perfetto stile romantico. Il primo verso che incontrerete a darvi il benvenuto nell’ossario sarà il verso alessandrino: “Alt, questo è il regno della morte”. Girovagando per le gallerie potrete scorgere le testimonianze di ciò che resta delle cave: i pilastri di sostegno, la galleria di sculture di Port-Mahon e il luogo dove erano soliti riposare i minatori.
    Durante la visita potrete scorgere i nomi dei personaggi più famosi che sono stati sotterrati nelle catacombe. Al momento della sua istituzione, nel 1785, molti autori e personaggi famosi dei secoli precedenti, come il 1400 e il 1500, sono stati portati nelle catacombe per la definitiva sepoltura. Stiamo parlando di François Rabelais, Jean de La Fontaine, Claude Perrault solo per citarne alcuni. Probabilmente conoscerete meglio i personaggi che hanno preso parte alla rivoluzione francese e che sono anch’essi stati sotterrati in questo luogo dell’Ade. Oltre a personaggi meno famosi come la maggior parte delle vittime dei massacri del mese di settembre del 1792 e le Guardie Svizzere morte al Palazzo delle Tuileries il 10 agosto 1792, si trovano i resti di Lavoisier, Danton e Robespierre, tutti ghigliottinati.
    Ma vale la pena visitarle??

    Diciamo subito una cosa, così ci togliamo “il dente”: a noi le catacombe non piacciono molto. Per carità, si tratta di un’ambiente assolutamente particolare e capace di suscitare forti emozioni, tuttavia tra le tante bellezze Parigine, non metteremmo mai questa come da vedere assolutamente. Il motivo sta nel fatto che si tratta di una attrazione che potrebbe essere ovunque nel Mondo: siete sottoterra e potreste essere a Roma o chissà dove, mentre sopra la testa avete una delle città più belle del Mondo, tutta da scoprire! Questa considerazione vale tanto più quanto più breve è il vostro viaggio a Parigi, tale da non riuscire a vedere neanche le attrazioni top.
    Perché ve ne parliamo, allora? Perché sappiamo che ci sono molti di voi che si accingono a partire per Parigi che sono invece molto motivati nel visitarle: a loro diciamo: andateci! Agli altri diciamo: leggete questa pagina e dopo decidete.
    In ogni caso, se siete indecisi ed è il vostro primo viaggio a Parigi, optate pure per altre attrazioni.
    Informazioni per la Visita

    Orari e giorni di apertura/chiusura

    Le catacombe sono aperte tutti i giorni dal martedì alla domenica dalle ore 10:00 di mattina fino alle 20:30 della sera.
    Vista la lunghezza del percorso, l’ultima ammissione al sito avviene alle 19:30. Le catacombe restano aperte anche nei giorni di festa nazionale come il 14 luglio, il 1 novembre e l’11 novembre. Restano sempre chiuse tutti i lunedì, il 1 maggio ed il 15 agosto.

    Come arrivare
    Con la metro (linee 4 e 6) e la RER B, la fermata per le catacombe è quella di Denfert-Rochereau, mentre le linee dell’autobus sono la 38 e la 68.
    Se invece decidete di arrivare in auto c’è il parcheggio in Boulevard Saint-Jacques poco distante dal sito.
    I biglietti

    Il prezzo intero del biglietto per entrare alle catacombe è di 12,00 €, mentre la tariffa ridotta di 10,00 € è riservata ai giovani tra i 18 e i 26 anni, insegnanti, famiglie numerose e membri delle società d’arte e antiquarie francesi. Hanno diritto all’ingresso gratuito i giovani fino ai 17 anni, i disabili e i loro accompagnatori, persone in cerca di lavoro, soggetti protetti e (nota curiosa e piacevole) tutti gli abitanti della città di Roma con cui Parigi è gemellata.
    E’ possibile unire la visita delle catacombe con quella della cripta archeologica con un unico biglietto: il prezzo per la doppia visita è di 16,00 € a tariffa intera, mentre quella ridotta è di 13,00 €. All’ingresso è possibile munirsi di audio-guide al prezzo di 5,00 €: le sole lingue disponibili sono l’inglese, il francese, il tedesco e lo spagnolo.
    Il problema delle Code e come saltarle

    Per ovvi motivi, in qualsiasi momento del giorno il numero di visitatori massimo all’interno delle catacombe è di sole 200 persone, per una durata totale della visita di 45 minuti. Nei periodi di massima affluenza è dunque possibile imbattersi in interminabili code. Tra l’altro, all’interno delle catacombe non ci sono servizi igienici o di ristoro, quindi nelle giornate molto calde o al contrario molto fredde, può risultare davvero sconveniente stare in fila.
    I periodi con minor affluenza sono quelli dei mesi invernali tra ottobre e aprile, quando nei pomeriggi di mercoledì, giovedì e venerdì l’affluenza è ridotta al minimo con nessun tempo di attesa o al massimo di 15 minuti. Ovviamente nei giorni festivi l’affluenza aumenta, così come i tempi di attesa: il fine settimana è quello più affollato con ore di attesa che si aggirano intorno ad 1 ora e mezzo.
    Il periodo meno consigliato è quello che va da maggio a settembre quando in ogni momento della giornata la durata delle file non è inferiore ad 1 ora e mezzo abbondante. Riassumendo: code in estate, code al weekend, insomma, in definitiva, si tratta di un’altra attrazione Parigina con tempi di attesa mediamente lunghi.
    Il trucco per evitare di stare ore in fila è quello di acquistare un biglietto salta-coda online: purtroppo costa più rispetto al ticket alla biglietteria, ma vi permetterà di saltare la fila e dirigervi direttamente alla visita del sito.
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    Last edited: Jun 17, 2017
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  18. olandiano

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  19. embriaco

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    Il villaggio Leumann è un quartiere operaio del comune di Collegno, alle porte di Torino, costruito alla fine dell’Ottocento per volere di Napoleone Leumann, importante imprenditore di origine svizzera. Il villaggio è uno splendido esempio di edilizia industriale trasformata in arte e completamente integrata nel territorio circostante.
    Leumann pensò di far costruire un complesso residenziale intorno al suo Cotonificio, grande e prestigiosa azienda dell’epoca, per la manodopera specializzata che vi lavorava. Così, l’imprenditore svizzero, commissionò all’ingegner Pietro Fenoglio questo complesso residenziale realizzato tra il 1875 e il 1907. Il complesso, in stile liberty, fu costruito su un terreno di oltre 60.000 metri quadrati con una sessantina di edifici divisi in 120 alloggi abitativi.
    Successivamente alla crisi degli anni ’70 il cotonificio Leumann chiuse e si temette il peggio per questo splendido complesso residenziale. Fortunatamente gli immobili divennero proprietà del comune di Collegno che si fece garante della salvaguardia di questo borgo e dell’assegnazione delle case rimanenti secondo le norme dell’edilizia popolare.
    Oggi il villaggio è ancora abitato da alcuni operai del Cotonificio Leumann e da un altro centinaio di famiglie a cui sono state assegnate le abitazioni.
    Nel corso degli anni sono stati fatti numerosi lavori di restauro che hanno portato alcuni edifici al loro antico splendore. All’interno del villaggio Leumann si trovano una stazione d’epoca (la Torino – Rivoli), la Chiesa di Santa Elisabetta in stile eclettico (Leumann ne commissionò la costruzione per i suoi operai, nonostante lui fosse di religione calvinista), la vecchia scuola elementare (Leumann l’aveva fatta costruire per i figli degli operai del cotonificio fermamente convinto che l’istruzione fosse un elemento fondamentale anche per avere buoni operai) e tanti altri edifici storici in stile liberty.
    Entrare nel villaggio Leumann è come fare un salto indietro nel tempo in un posto davvero incantato costruito a misura d’uomo senza dimenticare la necessità di essere circondati dalla bellezza. Un posto magico dove si respira un’idea diversa di impresa e di relazioni tra gli uomini, operai ed imprenditori. Si tratta di un concentrato di storia, arte, cultura e vita quotidiana. Non lasciatevi scappare la possibilità di vedere le piccole e bellissime case con giardino, la chiesetta, la piccola stazione e i negozi.
    Numerosi sono le iniziative culturali, sociali e ricreative proposte dall’Associazione Amici della Scuola Leumann, un ente no-profit nato per salvaguardare e valorizzare il territorio. È inoltre possibile effettuare delle visite guidate al villaggio, accompagnati da una delle guide dell’Associazione per scoprire la storia ed i segreti di questo luogo da fiaba.
    Nell’attesa che ne dite di un tour virtuale nello splendido villaggio alle porte di Torino?
    Informazioni Pratiche

    Indirizzo:
    Collegno (Torino)
    Come raggiungere il Villaggio Leumann con i mezzi pubblici:
    Con l’autobus 33 e 33 sbarrato da Via Sacchi arrivate in corso Francia dove prendete l’autobus 36 fino alla fermata Leumann, dove si trova la piccola stazione Leumann.
    Visite Guidate:
    È possibile prenotare una visita guidata al Villaggio Leumann fatta dall’Associazione Amici della Scuola Leumann (sia per adulti che per le scolaresche). La visita è gratuita, ma è gradito un piccolo contributo per aiutare l’associazione a mantenere viva la storia e lo spirito di questo villaggio. Per i singoli è prevista una visita guidata ogni prima domenica di ogni mese (escluso agosto e dicembre), con partenza alle ore 15.00 dalla Casa museo di Corso Francia 347 a Collegno.
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    Last edited: Jun 18, 2017
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  20. olandiano

    olandiano User

    Grazie embri, non conosciuto questo paese,ma troppo bello. Le case sono un po come la nostro vecchie casa in Olanda.
     
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