Italia! Il più bel paese del mondo

Discussion in 'Sezione Italiana' started by Air-Base, Apr 3, 2017.

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  1. embriaco

    embriaco User

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    Last edited: Jun 20, 2017
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  2. embriaco

    embriaco User

    Per AIRPUPAZZI....STEFANO....
    ..

    Canzonetta ingenua
    Che servon le foglie
    a piangere perle
    finché ottobre le toglie
    dai rami di verde,
    Che servono i rami
    a dare a quel vento
    la voce e le mani,
    che spira d’inverno,
    Che sai serve l’erba
    a ubriacare d’amore
    gli amanti su quella
    distesi per ore,
    Che servono in alto
    le nuvole e il bianco
    a inghiottir lo sguardo
    nel cielo di fianco,
    Che poi serve il cielo
    a spostare le stelle
    sì lento e leggero
    e chi è sotto a quelle,
    Che servon le stelle
    a chi ora le guarda,
    con gli occhi a vederle
    sul cielo di carta,
    Che quelle cadenti
    poi servono e basta
    a aprire radenti
    la notte rimasta,
    Che servono i sassi
    solo a rallegrarci,
    lì fermi a non farsi
    che prendere a calci,
    Che servon le case
    a scurir le strade
    con l’ombre quadrate
    che accorcia l’estate,
    Che serve la pioggia
    a battere il tetto
    d’un tocco ogni goccia
    che sotto la sento,
    Che servono i muri
    a regger le spalle
    ai tizi insicuri,
    le pietre a toccarle,
    Che servono i prati
    che allargano gli occhi
    a correrli in parti
    che vedi e non tocchi,
    Che serve la terra
    solo a calpestarla,
    e non si ribella
    ma soffre e non parla,
    Che servono i fiori
    a dire che t’amo,
    a far cader fuori
    ciò che proviamo.
    Che poi serve l’aria
    a occupare lo spazio
    che intorno s’adagia
    tra un vuoto e un altro,
    Che servono infine
    gli alberi e i boschi
    a farci sentire
    un po' meno grossi,
    direi a un bambino
    seduto per terra,
    distratto perfino
    dall’ombre che afferra.
    Ma che non gli dica
    chi lo terrà accanto
    che non serve mica
    sognare ogni tanto.
    Se lui col ditino
    disegna il contorno
    di cos’è vicino
    a quello ch’a intorno.
    Non ditegli mai
    scherzandoci un poco:
    “Tu non troverai
    né adesso né dopo
    le cose che scrisse,
    senz’alcun riguardo,
    soltanto un triste
    poeta bugiardo”.

    Federico Berlincioni
     
    Last edited: Jun 20, 2017
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  3. babsi1982

    babsi1982 User

    salve ragazzi eccomi qua dopo tanto navigare....ma che fine ha fatto il forum ita? io ritorno dopo un sacco di casini tra cui un incidente una grave malattia un lutto e il terremoto..tutt'ora sono a casa da ormai tre mesi x una brutta caduta...e mi sono decisa di spolverare il pc e cercare di tornare a volare
     
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  4. embriaco

    embriaco User

    ciao babsi. bentornata....nonostante tutto....
    il forum italiano così come molti altri è stato chiuso con giustificazioni pretestuose ed insostenibili, in realtà volevano solo tagliare i propri costi e così ci hanno raggruppato nel calderone inglese.....
    Quasi tutti gli amici italiani hanno un forum autogestito, strutturato da truck, moderato da caramon, con miky, olly ,gabry, airpupazzi e gli
    altri.....
    segui il link e ci troverai....skyitalia - ForumFree ,,,caramon è in linea e ti contatterà....
    ti aspettiamo
    ciao
     
    Last edited: Jun 22, 2017
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  5. olandiano

    olandiano User

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  6. embriaco

    embriaco User

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  7. olandiano

    olandiano User

    Buongiorno amici, ho chiamato ieri sera nostro amico Stefano (Airpupazzi) per chiedere che ancora vivo, allora ,vivo..[​IMG]sta male ma vivo,qua cosa io scritto:


    Ciao Stefano....un piccolo msg per te. Come va amico, lasce sapermi qualcosa, non e bene noi non sapevamo qualcosa. Sono tutti preoccupato di te.. Anche quando sei on vacanza o andato a Corea del Nord a tuo amico Kim,Voglio solo sapere tu ancora vivo , e sto meglio.Ciao Ragazzo...buona serata..

    Il tuo amici ...



    La risposta di pupazzi:

    Ciao Henk! Grazie mille per messaggio!
    Sono ancora in ospedale e ieri mi hanno detto che mi operano il 25 Luglio.........
    Salutami tanto tutti!!!!!!!! Spero di tornare a giocare al più presto....... Manda saluto speciale anche a Miki per favore..... Qui internet funziona molto male e faccio fatica a avere buona connessione...
    Un abbraccio

    E mio risposta ancora; adesso spetta quando mi risponde ancora....

    Ciao Stefano, sono contento abbiamo sentirti, vado mettere tua msg sul forum, perche anche loro ti mancano tanto,e sicuro sono contento con tua msg. Guarisce veloce amico. Un abbraccio forte da tutti tue amici, ciao...
     
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  8. embriaco

    embriaco User

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    Nobile...Titina

    Quante storie, quanti gesti amorevoli veri e propri atti d'amore, stò avendo il privilegio di scoprire!
    Animali che sono in realtà forme di amore immenso e genuino, che il buon Dio ci ha fatto dono :)
    La maggior parte dei cani che hanno calcato le fredde terre della regione artica, l’hanno fatto trainando una slitta, invece un’intrepida fox terrier di nome Titina, cagnetta randagia, arrivò al Polo Nord in tutta comodità, o quasi a bordo di un dirigibile.

    [​IMG] Titina era una cagnetta randagia che vagava lungo le vie di Roma agonizzante di fame, finchè una sera del 1925 il suo destino mutò, s'imbattè in Umberto Nobile, pioniere del volo in dirigibile.

    Da quel momento, Nobile e Titina (il cui nome viene dalla popolare canzone Io cerco la Titina) non si separarono mai. Condivisero di tutto, il pericolo, l’avventura e, finanche la cattiva sorte...

    Titina e Nobile erano talmente affiatati che nel 1926 Nobile prese l’insolita e avventata decisione di portare con sé Titina nello storico tentativo di sorvolare in dirigibile il Polo Nord.

    La piccola Titina pesando solo 5 chili, non occupava molto spazio, ma, come fece notare il comandante della spedizione, il celebre esploratore norvegese Roald Amundsen, gli spazi a bordo erano così ristretti che i sedici membri dell’equipaggio non avrebbero avuto la possibilità nemmeno di sedersi.

    L’unico passeggero a godere di quel lusso era proprio la piccola Titina, che se ne stava accucciata su un mucchio di provviste. La cagnetta divenne ben presto la beniamina dei media. I dispacci, provenienti dal dirigibile, descrivevano nei minimi dettagli tutto ciò che la riguardava, dalle condizioni in cui viveva a cosa indossava, un maglioncino di lana rosso.

    La storia della sua vita venne addirittura pubblicata sul New York Times. Dopo l'incredibile volo, Titina partì per una tournèe mondiale, e sempre insieme a Nobile, incontrò tutte le personalità del momento, da Rodolfo Valentino a Mussolini. Nobile amava profondamente la piccola Titina che non si lasciava mai fotografare senza di lei.

    Ma, come abbiamo fatto cenno nell'introduzione, la piccola cagnetta era destinata a condividere con il suo padrone anche le disgrazie. Il 25 maggio 1928, durante un’altra spedizione al Polo, il dirigibile Italia, su cui viaggiavano, precipitò durante una tempesta.

    Lo sparuto gruppo dei superstiti, tra cui Nobile e Titina, cercò di utilizzare quel che rimaneva del dirigibile per costruirsi un riparo di fortuna tra i ghiacciai, aspettando i soccorsi: passò un mese prima che il gruppo venisse ritrovato da un aereo svedese.

    E a quel punto che Nobile prese la decisione che gli avrebbe rovinato la reputazione: quando il pilota gli riferi che aveva avuto ordine di recuperare soltanto lui, l’uomo salì a bordo con il suo cane lasciando a terra il resto dell’equipaggio.

    Ma il fato, che non perdona nulla a nessuno, volle che l’aereo precipitasse al suolo mentre tentava un secondo volo di salvataggio. Quel che rimase dei pochi superstiti, tra cui alcuni feriti in modo grave, dovettero così trascorrere altre settimane al gelo prima di essere portati in salvo.

    A causa del suo gesto, Nobile venne attaccato dalla stampa, soprattutto in Italia, dove il suo successo insieme alla dichiarata ostilità verso il governo fascista, gli aveva procurato parecchi nemici nel regime di Mussolini.

    Ora, aver fatto precipitare il dirigibile Italia causando la morte di numerosi membri dell’equipaggio, fu un gesto abbastanza grave, ma decidere di abbandonarli tra i ghiacci solo perché così gli era stato detto dal pilota svedese, era stato anche peggio.

    Quanto alla scelta di portare con sé la piccola Titina fu decisamente la goccia che fece traboccare il vaso. Ovviamente, anche nei momenti più tristi, Nobile ebbe sempre con sè il sostegno di Titina: nel gelo dei ghiacci polari e in quello della pubblica gogna, la cagnetta non gli fece mai mancare il calore del suo affetto.
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    Quattro donne aquilane raccontano la città
    L’Aquila sette anni dopo il sisma
    sparita un’intera generazione
    Se ne sono andati gli ex adolescenti

    I ragazzini che all’epoca del primo sciame avevano 13-15 anni si sono trasferiti in altre città e non vogliono tornare. I bambini nati nel 2009 vivono una città loro estranea. E tra le ferite ancora da chiudere c’è quel dossier che avrebbe potuto salvare centinaia di vite umane


    Svettano le gru. La skyline di un meccano ha preso il posto dell’andamento medioevale di strade e palazzi. L’Aquila, 7 anni dopo. Meno rabbia ma ancora umiliata, dalla Terra che l’ha distrutta e dai processi che ancora non rispondono alle domande. S’inaugurano palazzi e servizi, ha riaperto qualche via. I cantieri aperti, tanti, parlano di ricostruzione. Fisica. L’odore di polvere e macerie che esce da quei cantieri dicono di un cuore sociale che fatica a battere. Manca un’intera generazione. Non ci sono i ragazzi che avevano 13-15 anni alle 3.32 del 6 aprile 2009, quando l’ennesimo sciame sismico aveva spappolato L’Aquila. Erano andati via nel primo post terremoto. Erano tornati con le loro famiglie a vivere nelle C.a.s.e o nei Map, che continuano a finire sotto sequestro per i pezzi che crollano, o in abitazioni in muratura di qualche quartiere che aveva retto. Ma poi in molti, quelli che hanno potuto, sono riscappati. Difficile essere adolescenti in una città dove tutto è periferia.
    Lo speciale e il docu web della 27sima Ora
    Impossibile proiettarsi nel futuro in un paesaggio senza prospettive. Chi resta è perché ha ribaltato la prospettiva. Ce lo raccontano le donne che la 27sima ora e il Corriere della Sera avevano coinvolto in un’inchiesta (per leggere lo speciale, sfiorate l’icona blu) da cui era nato un docu web che proprio da loro aveva preso titolo, «Le (r)esistenti». Ecco, sotto la fotogallery che ripercorre quelle ore drammatiche, le testimonianze di quattro di loro che ancora vivono nella città martoriata, ma guardano — loro sì — al suo futuro.
    Terremoto L’Aquila: alle 03:32 del 6 aprile 2009 la scossa che devastò l’Abruzzo

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      Il 6 aprile 2009 si verifica un violentissimo terremoto che interessa per la maggior parte la provincia dell'Aquila. La scossa principale si verifica nella notte, le scosse sismiche si avvertono in buona parte dell'Italia centrale, e si sentono fino a Roma. Il bilancio definitivo delle vittime è pesantissimo: 309 morti e 1.600 feriti, inoltre circa 65 mila persone vengono sfollate dalle proprie case. Il centro storico dell'Aquila, e quello di altre cittadine della provincia, subisce gravissimi danni a livello architettonico e strutturale, inoltre viene fortemente attaccato anche il patrimonio storico-artistico della città; alla luce dei danni viene considerato il quinto terremoto più distruttivo dell'Italia contemporanea. Subito dopo l'evento, vengono installate tende da campo per accogliere la popolazione non alloggiata in strutture alberghiere o case private, inoltre si provvede a spostare i ricoverati dell'ospedale San Salvatore (inagibile al 90%) in una tendopoli adibita ad ospedale, oppure in altri ospedali limitrofi(Ansa)
    • L'emergenza ha coinvolto un notevole dispiego di forze di polizia, vigili del fuoco, protezione civile ed esercito, il governo approva in breve tempo un decreto che stabilisce lo stato di emergenza per gestire la situazione. Il 10 aprile vengono celebrati i funerali di Stato per 205 delle vittime del terremoto. In seguito al terremoto ci sono state molte manifestazioni di solidarietà ed aiuto verso la popolazione locale, sia da parte italiana che dal contesto internazionale; il governo inoltre si impegna nella costruzione di moduli abitativi durevoli, e di prefabbricati in legno. In conseguenza del terremoto il G8 del 2009 previsto originariamente alla Maddalena viene spostato all'Aquila, per dare un segnale di rilancio alle zone colpite. Ci sono state polemiche sulla gestione dell'emergenza e anche sulla ricostruzione, da alcuni giudicata inadeguata. L'attività economica di tutta l'area ha subito un grave contraccolpo, molti negozi e attività commerciali vengono messi fuori uso; in conseguenza di ciò il governo vara un sussidio per la sistemazione per chi ha perso la casa e anche per chi ha perso il lavoro I danni provocati all'ospedale San Salvatore (Ansa)
    CAMILLA INVERARDI, architetta
    «L’aquila 6 aprile 2016 settimo anniversario! No non voglio scandire questi anni passati come anniversari. Per me la vita, oggi, si divide tra prima e dopo: una frattura in tutti i sensi anche se dal punto di vista professionale, come architetto, sono tra i fortunati. La nostra vita del prima era il sonnacchioso procedere di una città di provincia che nel bene e nel male ci permetteva di avere una vita sociale fatta di incontri causali: in centro per un aperitivo dopo studio, la passeggiata tra i vicoli alla ricerca del negozietto con le cose particolari, il tempo rubato tra un ufficio e l’altro passato in libreria ... tutto ovviamente a piedi per il centro storico».
    «Skyline di gru, ma la città esiste?»
    «Lavoriamo incessantemente dal giorno dopo il 6 aprile 2009 con la voglia di vedere rinascere questa città. Dopo una prima fase di recupero della periferia finalmente si sta lavorando in centro storico e piano piano cominciamo a riappropriarci di alcuni palazzi che sontuosamente, in tutta la loro rinnovata bellezza, si affiancano a quelli ancora diruti. Lo Sky line del centro storico è puntellato di gru e la sensazione è energizzante, ma la città esiste? Entro in centro storico tutti i giorni per visitare i nostri cantieri, di giorno c’è un gran movimento isterico di camion, escavatori, macchine di servizio......la sera cala il silenzio ed il vuoto fatta esclusione delle zone dove l’apertura di pub e birrerie accolgono i giovani».
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    «Tornare a casa, in un cantiere a cielo aperto»
    «Probabilmente rientreremo nella nostra casa di via Cascina a settembre: sono terminati i lavori di altri tre aggregati ma il resto della strada è ancora da iniziare e ci sarà anche il problema, in autunno, dell’inizio dei sotto servizi. Rientreremo in una casa risistemata, forse non bella come lo è stata per le 3 generazioni che ci hanno preceduto, sicuramente efficiente dal punto di vista energetico, non molto più sicura di prima, siamo da generazioni architetti ed ingegneri e la casa ci ha protetto e fatti uscire sani e salvi, e soprattutto per i prossimi anni (10/20?) vivremo in un cantiere a cielo aperto. Il centro, per chi ci rientrerà oggi, è un non luogo: di giorno è quasi impensabile pensare di potere uscire per comprare qualsiasi genere alimentare, i due o tre eroici commercianti che hanno riaperto sono disseminati qua e là e non esistono più negozi di prossimità, il pullulare di imprese e mezzi, inoltre, rende l’aria irrespirabile e di sera se non frequenti pub o birrerie sei out».
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    «Stiamo perdendo una generazione: gli ex adolescenti»
    «E i giovani? Abbiamo la fortuna di una Università che ancora richiama giovani anche da fuori. Ma stiamo perdendo una generazione. Ma molti di quei ragazzi che all’epoca del terremoto erano adolescenti e godevano della facilità di vivere a L’Aquila oggi, avendone la possibilità, vanno fuori: Tommaso ha scelto l’università delle Scienze gastronomiche e vive a Bra, Riccardo musicista ha scelto Siena e la sua jazz University. E accaduto nella mia famiglia, e in molte altre. I ventenni crescono fuori e hanno difficoltà a riconoscersi nella nuova “non forma” della città. E anche quelli che sono tornati, che hanno voluto tornare, un anno dopo il terremoto sono poi ripartiti. Non c’è il passeggio, non c’è il ritrovarsi dopo la scuola. E sono saltati quei riti che caratterizzano una città a dimensione di pedone. Hanno scelto di vivere a Firenze, a Bologna, a Pisa, scelgono città medie. E non tornano» (nella foto Lapresse sopra, adolescenti giunti da Milano a L’Aquila nel 2009, per aiutare gli amici rimasti coinvolti nel crollo della Casa dello Studente).
    I bambini del 2009 e le loro stupende maestre
    «Si sta “accomodando” nei nuovi riti la generazione dei bambini del 2009 e quelli nati dopo. Hanno memoria solo di questa realtà e trasportati istericamente da una scuola ad una palestra e da un dopo scuola ad una piscina conoscono solo lo spostamento su gomma, i loro punti di incontro sono le scuole che per fortuna e grazie a stupende maestre, che si sono reinventate il loro ruolo, riescono a coinvolgerli in mille attività alternative. Ma......L’Aquila? Come la ricordo io, a distanza di anni, assume un’aria un po’ romanzata, in fondo era una sonnacchiosa città di provincia, rassicurante e un po’ pettegola! L’Aquila di domani e la sua popolazione come sarà composta? Tra gli operatori che lavorano alla ricostruzione, la maggior parte di fuori regione, qualcuno già ha deciso di sposarsi e restare qui perché, nonostante tutto, la città vive! La spinta alla rinascita ha fatto partire decine di attività: culturali, artistiche, innovative; la sonnacchiosa città di Provincia si è impennata e reagisce. La ricostruzione che procede, a smozzichi e bocconi tra i mille lacci e lacciuoli burocratici, comunque va avanti e non posso e non voglio pensare di gettare la spugna! (nelle foto sotto le quattro donne che testimoniano l’oggi di L’Aquila in questa pagina; da sinistra a destra partendo dall’alto: Camilla Inverardi, Lina Faccia, Simona Giannangeli e Valeria Valeri)
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    LINA FACCIA, operatrice informatica, presiede
    il Centro Anti-violenza «Donatella Pellini» all’Aquila

    « La ricostruzione materiale è molto evidente, la citta è un cantiere: arrivando da fuori si incontra uno skyline con una miriade di gru di ogni colore, soprattutto nel centro storico. Sembra che la ricostruzione sia partita davvero. Sono tornati alla luce palazzi antichi rimessi a nuovo. Io stessa, che non sono nata all’Aquila ma che ho scelto di viverci da prima del terremoto, scopro edifici bellissimi che non avevo visto prima. Questo fa sperare che L’Aquila tornerà più bella di prima. Sulla via principale appaiono bifore rimesse a luce, fregi, logge, dalle finestre si vedono gli interni con soffitti a cassettoni che non vedevi nemmeno prima del terremoto, quando erano solo palazzi antichi per non dire vecchi. E le gru, che sarebbero oggetti quasi brutti, così colorate e illuminate di notte, diventano bellezza. Quella bellezza che la città aveva e che ci manca».
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    «Qui devi fare tutto in automobile»
    «Da qualche tempo cerco di evitare la retorica del terremoto. Ho imparato invece a cogliere le cose che ci sono in più, rispetto a un anno prima. E provo a immaginare la città come sarà tra 7 anni e non a ricordare come era 7 anni fa. Mi sforzo di rovesciare la prospettiva, di cambiare il mio sguardo. E lo faccio ogni giorno anche per arginare la fatica del vivere quotidiano. Sì, la vita continua a essere faticosa. L’Aquila è ancora una città che non ha un centro, dove non c’è più possibilità di muoversi a piedi. Tutto devi farlo in auto. Come nel periodo subito dopo il terremoto, viviamo sempre in periferia girando costantemente su un anello vasto alcuni chilometri dove vai in auto in farmacia, riprendi l’auto e fai altri 5 chilometri per fare la spesa. O per andare al campo scuola, la bellissima pista di allenamento da poco riaperta, un altro pezzetto di L’ Aquila che torna. Solo che allora s’andava a piedi».
    «La ferita è ancora aperta per tutti noi»
    «Alla fiaccolata del 6 aprile sono rimasta sorpresa al vedere per la settima volta ancora tanta gente, presente semplicemente in un silenzio quasi irreale, con una compostezza mai cambiata. Significa che quella ferita è ancora aperta per tutta la città. Non va scemando la voglia di unirsi, stringersi per provare a ripartire. Una forza che era presente la sera del 6 aprile, e che è legata alle vicende giudiziarie che hanno seguito e accompagnato terremoto e post terremoto. La fiaccolata era organizzata dalle Associazione dei familiari delle vittime, che insieme ad altre Associazioni di grandi tragedie italiane si stanno costituendo in Comitato nazionale. Una forte presenza per rimarcare che una verità per tutte queste tragedie - e sul prima, durante e dopo terremoto - non è ancora stata scritta. E per rivendicare l’assoluta inderogabilità di questo diritto, perché non accada mai più. Perché quel vuoto ancora molto sentito oggi all’Aquila venga colmato: la sera dei 6 aprile si sentiva proprio questa volontà nella forza messa in campo dalle Associazioni. E L’Aquila è una città dove l’associazionismo è forte, presente, intraprendente, nonostante le difficoltà logistiche e le poche risorse».
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    «Per mettersi a posto con la coscienza, ci mandano la musica»
    «Se vogliamo provare a guardare le cose da un altro lato, a rovesciare come dicevo la prospettiva, adesso all’Aquila c’è la Casa delle donne e ci sono le Terre mutate che prima non c’erano, mentre il centro antiviolenza intestato a Donatella Tellini è ancora più attivo. E persino certe iniziative, come i concerti o altri eventi che sono arrivati da noi forse un po’ perché il Paese voleva mettersi a posto la coscienza, li si possono vedere anche da un punto di vista positivo. La maratona Jazz, per esempio, organizzata lo scorso autunno da Paolo Fresu (nella foto Ansa sotto, durante il concerto «Il jazz italiano per L’Aquila» del settembre 2015), ha portato gente da tutta Italia. È stata davvero un’esperienza magnifica, da ripetere, e una grande iniezione di forza per una città ferita. Dove ci manca ancora la possibilità di guardare. Avere intorno bellezza. Ed è una mancanza fisica. Oltre che del pensiero».
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    VALERIA VALERI, 45 anni, insegnante
    «Il cuore della città è ancora in gran parte puntellato, ma i lavori sono cominciati in moltissimi palazzi, sia del centro che della periferia. La ricostruzione c’è, però i frutti sono ancora pochi: i palazzi rifatti per il novanta per cento sono vuoti. Sono belli, in molto casi più belli di prima, ma quando ci torna qualcuno? I costi degli affitti sono altissimi. Nel frattempo le persone sono cambiate: dopo il terremoto in tanti erano andati a vivere nelle case lungo la costa o in campagna, promettendo di tornare. Ma nessuno è tornato. In compenso, la gente continua ad andarsene, anche l’anno scorso, anche due anni fa».
    «Ho chiesto di tornare, mi son fatta trasferire da Roma»
    «Io sono in controtendenza: dopo un periodo a Roma ho ottenuto il trasferimento, sono tornata qui ed ora insegno in un istituto alberghiero. Perché continuano ad andarsene? Vedo i miei amici: lo fanno per stanchezza, perché comunque la ricostruzione è troppo lenta e non è ancora arrivata a toccare casa tua. Qui eravamo abituati a vivere in case molto grandi, non negli alveari delle metropoli: le piccole case, pur attrezzatissime, del dopo terremoto ora appaiono drammaticamente troppo strette. Continuano ad andarsene, anche, perché c’è una nuova generazione di ragazzi che non conoscevano la città prima del terremoto ¬ - perché sette anni fa erano all’asilo o ai primi anni delle elementari –, dunque non hanno un legame vero con L’Aquila e la loro mancanza di ricordi, ora che sono più grandi, sta minando l’equilibrio precario di quelle famiglie che pure ci avevano provato a restare e lo avevano fatto pensando proprio ai figli» (nella foto, lezione all’aperto, in piazza Montecitorio a Roma, di una scuola dell’Aquila: per chiedere al presidente del consiglio una scuola migliore).
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    «I ragazzi questo centro lo hanno visto solo transennato»
    «Sono ragazzi che non hanno nessun luogo in cui ritornare, anche ora che in centro hanno cominciato a riaprire i bar, i locali. Loro, il centro, lo hanno visto solo transennato. Non c’è nessun senso di appartenenza. La mia vecchia casa è stata graziata, ci sono solo piccoli memento di quel giorno di sette anni fa. La città, invece, ha una geografia tutta nuova: c’è una strada di ingresso megagalattica, davvero, sembra una strada che porta dentro Milano o dentro Roma. C’è persino una pista per gli skateboard, una cosa che prima, qui, non si era mai vista. Però si continua a correre da un capo all’altro della città, perché L’Aquila è ancora molto “lunga”, si sono moltiplicate le rotonde e i monumenti in ricordo. A L’Aquila c’è tanta arte moderna, persino troppa. Io aspetto. Dopo il terremoto ci dissero che ci sarebbero voluti dieci anni per ricostruire. Ne mancano tre. Aspetto che questi prossimi tre anni arrivino e passino, per vedere cosa ci lasceranno. Per essere pessimisti c’è sempre tempo. Il terremoto, però, mi ha insegnato ad avere uno sguardo breve sul futuro. Così, se non altro, si sbaglia meno».
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    SIMONA GIANNANGELI, avvocata del Comitato
    per le vittime della Casa dello Studente

    «A sette anni dal terremoti, i processi relativi ai crolli sono in stato avanzato, tra appello e cassazione. L’udienza di quello sulla casa dello studente è fissata l’11 maggio. C’era molta preoccupazione, il 6 ottobre è il termine per la prescrizione. Ma al di là di questi procedimenti penali, quello che appare ormai chiaro è che la responsabilità per le 309 vittime del sisma è stata ricondotta solo a costruttori, progettisti, insomma ai tecnici. Ma c’era chi presiedeva, chi amministrava, firmava permessi e autorizzazioni. Non si è indagato sulle responsabilità politiche: i tecnici hanno fatto tutto da soli? Si chiede verità e giustizia solo sulla Commissione Grandi rischi».
    «Quell’ordinanza dimenticata con 197 edifici a rischio»
    «Intendiamoci, Guido Bertolaso ha responsabilità enormi e voglio credere che risponderà di azioni e omissioni. Ma se il 30 marzo 2009 quella commissione non si fosse mai riunita, a chi chiederemmo oggi giustizia? Quello di cui mi preme oggi parlare è di un fatto poco noto. L’Aquila, come è risaputo, era ed è un territorio ad alto rischio sismico. Nel 2003, dopo i crolli della scuola di San Giuliano di Puglia, fu emanata un’ordinanza che obbligava a mappare in tutta Italia gli edifici pubblici e di interesse strategico in aree ad alto rischio sismico per eliminare le potenziali criticità. Nello studio effettuato dalla Collabora Engineering (poi diventata Abruzzo Engineering) L’Aquila e provincia furono individuati 197 edifici di interesse strategico tra cui la Casa dello Studente, le facoltà di Ingegneria e Medicina, la Prefettura, l’ospedale. Tutti crollati nel sisma del 6 aprile 2009» (nella foto Ansa, la fiaccolata dell’anno scorso nel sesto anniversario, con la protesta per la possibile assoluzione dei membri della Commissione Grandi Rischi che sarebbe poi giunta a novembre ).
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    Ignorato uno studio costato 5 milioni di euro
    «Lo studio, costato 5 milioni di euro a cui lavorarono centinaia di tecnici era in possesso di tutti gli amministratori regionali, provinciali e comunali che si sono succeduti . Arriva il terremoto e quello studio, sparito, poi riapparso, non è mai stato fatto oggetto di un procedimento. Eppure, per fare un esempio, per la Casa dello studente era stato stilato un preventivo di lavori, per la messa in sicurezza, di 1.476.000 euro. Domando agli amministratori di allora e di oggi, a Cialente, Pezzopane: chi sapeva di quel dossier? Chi l’aveva riconosciuto? Perché è stato ignorato? Vorrei che questa vicenda fosse approfondita. Oggi più di ieri mi faccio queste domande».
     
    Last edited: Jun 23, 2017
  9. olandiano

    olandiano User

    Grazie ancora embri per tua msg. Mi piace leggere tutte le storia ancora che passato..

    Lo metto anche cosi non devo fare doppio post, e un grande piacere leggere tutto che scrivi qua, e sul nostro forum Italiano. Anche li hanno bisogno tua msg,tanto anche. Sei mancato ....Ma quando scrivi, tocca sempre il cuore...
     
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  10. embriaco

    embriaco User

    ...........................................................[​IMG]Doppio PE [​IMG]
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    ...
    Padre che muori tutti i giorni un poco
    Padre che muori tutti i giorni un poco,
    e ti scema la mente e più non vedi ...
    con allargati occhi che i tuoi figli
    e di te non t'accorgi e non rimpiangi,

    se penso la fortezza con la quale
    hai vissuto, il disprezzo c'hai portato
    a tutto ciò che è piccolo e meschino,
    sotto la rude scorza

    l'istintiva poesia della tua anima,
    il bene c'hai voluto alla tua madre,
    alla sorella ingrata, a nostra madre
    morta,
    tutta la vita tua sacrificata,
    e poi ti guardo così come sei,
    io mi torco in silenzio le mie mani.

    Contro l'indifferenza della vita
    vedo inutile anch'essa la virtù,
    e provo forte come non ho mai
    il senso della nostra solitudine.

    lo voglio confessarmi a tutti, padre,
    che ridi se mi vedi e tremi quando
    d'una qualche attenzion ti faccio segno,
    di quanto fui vigliacco verso te.

    Benché il ricordo mi si alleggerisca,
    che più giusto sarebbe mi pesasse
    inconfessato sempre sopra il cuore.

    lo giovinetto imberbe, t'ho guardato
    con ira, padre, per la tua vecchiezza.
    Stizza contro te vecchio mi prendeva...

    Padre che ci hai tenuto sui ginocchi
    nella stanza che s'oscurava, in faccia
    alla finestra, e contavamo i lumi
    di cui si punteggiava la collina
    facendo a gara a chi vedeva primo,

    perdono non ti chiedo con le lacrime
    che mi sarebbe troppo dolce piangere,
    ma con quelle più amare te lo chiedo
    che non vogliono uscire dai miei occhi.

    Un pensiero soltanto mi consola
    di poterti guardar con occhi asciutti:
    il ricordo che piccolo pensando
    che come gli altri uomini dovevi
    morir pure tu, il nostro padre,
    solo e zitto nel mio letto la notte
    io di sbigottimento lagrimavo.
    Di quello che i miei occhi ora non piangono
    quell'infantile pianto mi consola,
    padre, perché mi par d'aver lasciato
    tutta la fanciullezza in quelle lacrime.

    Se potessi promettere qualcosa
    se potessi fidarmi di me stesso
    se di me non avessi anzi paura,
    padre, una cosa ti prometterei:
    di viver fortemente come te
    sacrificato agli altri come te
    e negandomi tutto come te,
    povero padre, per la fiera gioia
    di finir tristemente come te.



    Camillo Sbarbaro
    (da Pianissimo, 1914)



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    A Little Bighorn l'ultima carica del generale Custer

    Il 25 giugno 1876 a capo di cinque squadroni del 7°, caricò gli indiani credendo fossero poche centinaia: erano 15mila e per lui e i suoi uomini fu la fine
    ..

    il genocidio dei NATIVI AMERICANI
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    Lo sterminio dei Nativi Americani iniziò nel 1610 e proseguì fino al 1890 concludendosi con il massacro della popolazione dei Lakota nel Sud Dakota. Secondo le ultime stime si parla del 90% della popolazione.
    Non si sa con sicurezza quanti fossero i Nativi d'America prima della colonizzazione, ma gli storici sono stati in grado di stimare, con una certa plausibilità, che nel 1500 circa 80 milioni di abitanti occupavano il nuovo mondo e nel 1550 sopravvivevano solo 10 milioni di indigeni. In Messico vi erano circa 25 milioni di persone nel 1500 e nel 1600 solo 1 milione di indigeni mesoamericani erano ancora vivi. Quindi si parla di circa 90 milioni di morti. Ma come è potuto accadere tutto questo? Perché?
    Le cause di una tragedia di così ampie dimensioni sono molteplici, ma la principale fu la sete di potere e la bramosia di ricchezza degli europei sbarcati in America, si parla di persone che erano per lo più avventurieri senza scrupoli e che con tutti i mezzi cercarono di far fortune a scapito degli indigeni che invece non avevano la minima idea di cosa gli stava accadendo. È solo dal 1600 che si colgono i segni di una vera e propria aggressione.
    Ad alimentare a dismisura la vanità degli europei, fu il fiorente mercato di pelli pregiate derivanti dal Nuovo Mondo, come quelle del castoro e della lontra, faticosamente procurate dagli "indiani". I furbi mercanti cominciarono a barattare con i nativi dando in cambio oggetti di scarsissimo valore e naturalmente annebbiandogli la mente con l'alcol per loro sconosciuto, rendendo molto più facile il conseguimento dei loro scopi. L'America divenne un grande magazzino di pellicce per l'Europa, agli indiani il compito di riempirlo, ma la cosa più grave è che dissacrarono il loro principio fondamentale, ovvero il rispetto per Madre Natura, Madre di tutti gli animali, dispensatrice di ogni bene, dove tutto deve essere preso con rispetto e senza sprechi. L'uomo bianco sperava che anche i Nativi adottassero questo pensiero, in modo da mettere in moto l'igranaggio destinato in breve tempo a stritolarli senza alcuna pietà.
    La minaccia di condannare a morte tutte le culture locali, però, durò ben poco, infatti gli Indiani si resero conto dell'inganno derivato dai bianchi: gli Uroni, gli Urochesi e gli indiani delle coste occidentali dettarono delle regole per far fronte al disorientamento legato a questa nuova negoziazione. Ammisero il commercio con bianchi ma il profitto derivante dagli interscambi non doveva provocare disugualianze con gli altri membri della comunità, generando il principio di redistribuzione tra i mebri della tribù.
    Ma l'Europeo impose l'introduzione di nuovi sistemi commerciali: il baratto di cose cosidette "magiche", l'introduzione di nuove "mercanzie mirate", snaturarono totalmente il modo di vivere e di nutrirsi degli Indiani che si ritrovarono di conseguanza a dipendere totalmente dagli europei, e questo ne segnò definitivamente la caduta.
    La decimazione delle popolazioni native non avvenne solo con armi più avanzate, ma anche con il contagio di malattie occidentali per le quali i bianchi erano vaccinati, e l'esercito americano fece stragi di bisonti per togliere la loro principale fonte di sostentamento e indurre cosi gli indiani alla fame e di conseguenza alla resa.
    Nonostante le tante guerre di resistenza messe in campo da varie tribù guidate da leggendari condottieri (Nuvola Rossa, Cavallo Pazzo, Toro Seduto, Geronimo, Quanah Parker...), i continui massacri senza scrupolo di interi villaggi con migliaia di vittime tra donne e bambini, la riduzione alla fame e alla prigionia, il mancato rispetto di ogni trattato, portarono all'inesorabile tramonto di una delle civiltà più incredibili del pianeta.


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    Perché la Cina sta costruendo “città fantasma” in Africa?


    di Bernadette Amante
    Le città fantasma dell’Africa si moltiplicano: quali sono i veri interessi della Cina?

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    Città di Kilamba, Angola
    Di certo questo non è un fatto nuovo ma ciò che stupisce maggiormente è la rapidità e la capillarità del fenomeno: basti pensare che i palazzinari cinesi hanno costruito una moderna città africana ex novo in Angola, la Nova Cidade de Kalimba, composta da circa 750 edifici di otto piani. La città può accogliere circa 500 mila abitanti ma invece è stranamente vuota, una vera e propria città fantasma nuova fiammante.
    Per la costruzione gli investitori hanno speso circa 2,5 miliardi di euro e la cosa incredibile è che questo è solo uno dei tanti investimenti in Africa da parte della Cina. La città conta, oltre ai 750 blocchi di appartamenti, anche una dozzina di scuole e più di 100 locali commerciali, ma non c’è nemmeno un abitante!
    Una delle probabili cause di questa disabitata città, potrebbe essere l’alto prezzo degli appartamenti che si aggira intorno ai 90 mila euro.
    Voi adesso penserete che non sia un prezzo eccessivamente alto ma considerando il basso reddito medio della popolazione locale, che ancora vive nelle baraccopoli, questa è una cifra decisamente eccessiva.
    Nonostante il grande numero di abitazioni ancora invendute, la Cina non si ferma anzi continua a spendere miliardi per costruire altre città fantasma. Cosa si nasconde dietro questa forma di imperialismo economico nel continente africano?
    Per rispondere a questa domanda dobbiamo pensare ai benefici che la Cina sta avendo da tutto questo, infatti, la terra di mezzo esportando i propri manufatti nel continente africano e importando da esso numerose materie prime, quali petrolio da Angola, Sudan e Nigeria, cotone da Benin, Togo, Mali, legnami, diamanti, platino ed oro, si ritrova in un investimento incredibilmente fruttuoso.
    A questa efficace operazione, si aggiunge anche la possibile soluzione per risollevare la Cina – che oggi rappresenta un quinto della popolazione mondiale – dal sovraffollamento che sta aumentando
    considerevolmente, e dal problema dell’inquinamento che è arrivato al limite, diventando sempre più nocivo.
    Pechino, ormai sommersa dallo smog, ne è il maggiore esempio:il suo più grande obiettivo è quindi risolvere i problemi demografici e ambientali. La Cina è disposta anche a prestare denaro e ad esonerare il debito africano.
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    Si è stimato che gli investimenti economici tra Cina e Africa valgono circa 200 miliardi di dollari. Questo ingente approccio commerciale da parte dei cinesi nei confronti dell’Africa, preoccupa notevolmente la popolazione, timorosa dei danni che questo rapporto potrebbe portare.
    In Africa, sono anche nati numerosi centri culturali denominati “Istituto Confucio”, ovvero un modo per diffondere la cultura cinese e la lingua mandarina in tutto il continente, prova questa di un imperialismo economico a tutti gli effetti.
    Il governo di Pechino ha lanciato il programma politico “Una sola Cina in Africa”, una sfida che invita a lasciare il proprio paese per stabilirsi in un nuovo continente.
    Hanno preso parte a questo progetto, già 750 mila cinesi che si sono trasferiti in Africa negli ultimi dieci anni, mentre il mondo non ha minimamente prestato attenzione a questa evidente realtà.
    La Cina, per risolvere i propri problemi di sovrappopolazione e inquinamento, ha la necessità di inviare in Africa 300 milioni di persone e considerando l’avanzamento dell’operazione non manca molto. L’inarrestabile Cina si è ormai impadronita dell’Africa e la nuova elìte cinese trasferitasi nel continente, inizia a farsi notare alla guida di auto costose, comprando oggetti preziosi. Nel mercato africano si possono osservare i numerosi “Made in China” e migliaia di chilometri di linee ferroviarie sono state costruite dai cinesi per trasportare le tonnellate di legname tagliato illegalmente.
    Al legname si aggiunge l’estrazione di diamanti e oro da gigantesche miniere e… pensateci un attimo, se in Africa si sono trasferiti grandi affaristi della Cina che ovviamente non sono andati lì per lavorare nelle miniere, chi è trattato da “schiavo” lavorando per 1 dollaro al giorno? Di sicuro non i figli degli investitori, che vanno in esclusive scuole private, ma il popolo africano, che non solo si è visto portare via le proprie terre senza poter fare e dire niente, ma adesso viene anche trattato da schiavo per un pezzo di pane. E il peggio è che in Angola il governo ha deciso che il 70 % dei lavori pubblici deve andare alle imprese cinesi. A questo si aggiungono esclusivi ristoranti che servono solo cibo cinese, e dove non sono ammessi i neri… mi sbaglio o la schiavitù era stata abolita?
    Per i cinesi l’Africa è solo una risorsa da sfruttare finché dura, e non un luogo dove garantire i diritti umani, alla Cina non importa nulla delle guerre civili che nasceranno,
    anzi le guerre frutteranno loro milioni di dollari nella vendita di armi prodotte dalle aziende cinesi e tutto questo in collaborazione con i corrotti leader africani che sono felici di questa situazione per un semplice motivo: i soldi!
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    Last edited: Jun 27, 2017
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  11. olandiano

    olandiano User

    Devo ringraziarti ancora embri per tuo bellissima info.
     
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  12. embriaco

    embriaco User

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    George Soros, l'uomo che gettò sul lastrico (anche) l'Italia

    04/05/2017 09:20 CEST | Aggiornato 04/05/2017 10:19 CEST Augusto Rubei Giornalista
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    Tutti lo ricordano per aver piegato la sterlina. L'uomo che gettò sul lastrico la Banca d'Inghilterra. Era il 16 settembre del 1992 quando George Soros salì improvvisamente alle cronache internazionali, dopo aver venduto sterline allo scoperto per un equivalente di circa 10 miliardi di dollari statunitensi. L'operazione gli valse un guadagno di oltre 1 miliardo.
    Ma il 16 settembre 1992 è una data che resta scolpita anche nella memoria del nostro Paese. La stessa operazione, quello stesso giorno, fu infatti condotta contro la Banca d'Italia: vendendo lire allo scoperto (con il suo fondo Quantum) Soros contribuì a causare una perdita valutaria pari a 48 miliardi di dollari. Le conseguenze dell'azione speculativa furono devastanti: la Lira italiana riportò una perdita di valore del 30% e l'uscita dal Sistema monetario europeo. Per rientrarvi, il governo fu obbligato a una delle più pesanti manovre finanziarie della sua storia - circa 93 mila miliardi di lire - al cui interno, tra le tante misure, fece per la prima volta la sua comparsa l'imposta sulla casa (Ici), oggi divenuta Imu.
    Negli anni successivi, in più di un'intervista Soros definì quella contro l'Italia "una legittima operazione finanziaria. Mi ero basato sulle dichiarazioni della Bundesbank, che dicevano che la banca tedesca non avrebbe sostenuto la valuta italiana. Bastava saperle leggere". Del resto, aggiunse, "gli speculatori fanno il loro lavoro, non hanno colpe. Queste semmai competono ai legislatori che permettono che le speculazioni avvengano. Gli speculatori sono solo i messaggeri di cattive notizie".
    Perché ricordare proprio oggi questo episodio? Per diversi motivi. Il primo: nel tardo pomeriggio di ieri - fonte Ansa - George Soros è stato ricevuto, in via informale, dal presidente del Consiglio Paolo Gentilonia Palazzo Chigi. Dell'incontro non è stato fornito alcun dettaglio, sappiamo solo che dal governo qualcuno ha voluto che la notizia filtrasse alle agenzie. Guarda il caso, nel giorno in cui il procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, veniva audito al senato sulla questione Ong.
    E qui veniamo al secondo punto. Perché è un dato, oramai certo, che tra i donatori di molte delle Ong private finite in questi giorni al centro del dibattito politico ci sia la Open Society, nonché altri gruppi legati al milionario "filantropo" di origini ungheresi. Questo, sia chiaro, non implica alcun legame particolare tra le partì. Prendiamolo come un dato, da sommare ad altri.
    Ad esempio, ai finanziamenti elargiti sempre da George Soros al fronte europeista in Ucraina (il 25 maggio 2014, parlando alla Cnn, disse di aver contribuito a rovesciare il regime filorusso per creare le condizioni di una democrazia filo-occidentale). Oppure, agli 8 milioni di dollari donati alla campagna Clinton, in occasione delle presidenziali Usa, attraverso il Super Pac "Priorites usa actions". Non contento del risultato, Soros ha poi messo in piedi decine e decine di proteste anti-Trump finanziando la piattaforma organizzatrice dei cortei: MoveOn org.
    Sia chiaro, la schiettezza delle sue parole e la facilità con cui si ricavano informazioni in rete sul suo conto dovrebbe azzerare ogni teoria cospiratrice, tuttavia è impossibile negare il ruolo, a volte decisivo e a volte meno, assunto da George Soros nello scacchiere geopolitico mondiale. Che il premier Gentiloni abbia deciso di accoglierlo in veste istituzionale a Palazzo Chigi fa pensare. In queste ore MF-Milano Finanza ha rivelato che il miliardario avrebbe chiesto allo staff del suo gruppo d'investimento, e in particolare a Shanin Vallée, uno studio approfondito sull'Italia, non solo dal punto di vista finanziario, economico e industriale ma anche politico. Lo scopo? Valutare eventuali investimenti (Alitalia?), diretti o indiretti, a medio-lungo termine, sul mercato locale.
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    George Soros, l'uomo che paga l'invasione dell'Europa

    Gli amici degli scafisti: il magnate investirà 500 milioni nelle ong per creare una flotta di navi per salvare i migranti

    - Lun, 06/03/2017 - 13:14
    Solo pochi giorni fa la Commissione Ue annunciava la necessità di espellere un milione di migranti illegali.

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    ']']


    Solo ieri in Sicilia ne sono sbarcati 1.500 recuperati grazie al solerte impegno delle navi soccorso gestite da organizzazioni umanitarie (Moas, Jugend Rettet, Stichting Bootvluchting, Médecins sans frontières, Save the children, Proactiva Open Arms, Sea-Watch.org, Sea-Eye, Life boat) che annoverano tra i propri finanziatori la Open Society e altri gruppi legati al milionario «filantropo» George Soros. Bruxelles, a questo punto, farebbe bene a spiegare che per fermare il traffico di uomini bisogna combattere non solo le organizzazioni criminali, ma anche la carità pelosa, e politicamente motivata, di Soros e della sua galassia buonista.
    Una galassia a cui l'ottuagenario filantropo ha promesso il 20 settembre scorso investimenti da 500 milioni di dollari per favorire «l'arrivo dei migranti». Investimenti destinati a contrastare le politiche europee sull'immigrazione e a mettere a rischio la sovranità dell'Italia e di altre nazioni.
    Il primo a capirlo è il capo di Frontex, Fabrice Leggeri intervenuto di recente per criticare la tendenza a soccorrere i migranti «sempre più vicino alle coste libiche» spiegando come questo incoraggi i trafficanti a stiparli «su barche inadatte al mare con rifornimenti di acqua e carburante sempre più scarsi rispetto al passato». Le parole di Leggeri rappresentano un'esplicita denuncia delle attività di soccorso marittimo finanziate da Soros. Dietro le operazioni di navi di grossa stazza come il Topaz Responder da 51 metri del Moas, il Bourbon Argos di Msf, o l'MS di Sea Eye ci sono infatti quasi sempre i finanziamenti del filantropo. Finanziamenti che garantiscono il trasferimento nei nostri porti di migliaia di migranti illegali.
    L'aspetto più inquietante di questa vicenda è però come questa flotta di navi fantasma, battenti bandiera panamense, (Golfo azzurro, della Boat Refugee Foundation olandese e Dignity 1, di Msf) del Belize (il Phoenix, di Moas) o delle isole Marshall (il Topaz 1, di Moas) punti a realizzare politiche dissonanti rispetto a quelle europee e italiane. Per capirlo basta spulciare i siti delle organizzazioni che gestiscono la flotta buonista. La tedesca Sea Watch armatrice di due navi soccorso battezzate con il proprio nome spiega di battersi per il «diritto alla libertà di movimento» e di non accettare «arbitrarie distinzioni tra profughi e migranti». Come dire che il rispetto di confini e sovranità nazionale non ha alcun senso.
    Come non lo ha distinguere tra chi fugge da guerre e dittature e chi invece cerca solo migliori condizioni di vita. Sea Eye, un'altra organizzazione tedesca conduttrice di una nave da 26 metri e di un barchino da soccorso spiega invece di volere contrastare tutti i futuri piani europei per il trasferimento dei migranti in campi di accoglienza situati in Libia e Tunisia. Un articolo pubblicato sul sito dell'organizzazione maltese Moas da un giornalista ospitato sulla nave Topaz Responder descrive invece un'operazione con tutti i crismi dell'illegalità. L'articolo racconta il soccorso di 650 migranti recuperati «nella notte tra il 21 e 22 novembre a venti chilometri dalle coste libiche» e poi portati in Italia. Un'esplicita ammissione di come la «flotta umanitaria» operi ampiamente dentro il limite di dodici miglia (22,2 chilometri) delle acque territoriali. Un limite entro il quale sarebbe obbligatorio riportare i naufraghi a terra anziché traghettarli fino alle ospitali coste italiane.
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    Last edited: Jun 30, 2017
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  13. olandiano

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    Giorgio Gaber – Preghiera


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    ...
    O Signore delle domeniche
    prova ad esserlo anche dei lunedì
    e di tutti quei giorni tristi
    che ci capitano sulla terra.
    Signore dei ricchi e dei fortunati
    prova ad esserlo se puoi
    anche di quelli che non hanno niente.
    Anche di chi ha paura e soffre
    anche di chi pena e soffre
    anche di chi lavora e lavora e lavora
    e soffre e soffre e soffre.
    Signore dei gentili e dei buoni
    prova ad esserlo se vuoi
    anche di quelli che sono cattivi e violenti
    perché non sanno come difendersi
    in questo nostro mondo.
    Signore delle chiese e dei santi
    Signore delle suore e dei preti
    prova ad esserlo se credi
    anche dei cortili delle fabbriche
    delle puttane dei ladri.
    Signore Signore dei vincitori
    prova ad esserlo se ci sei
    anche dei vinti.
    Amen.
    Dall’album Il Signor G / I Borghesi
     
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  15. olandiano

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  16. embriaco

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    Elenco dei controllori della flotta italiana che hanno superato il livello nel mese di giugno 2017


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    Last edited: Jul 3, 2017
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  17. olandiano

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  18. embriaco

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    Thorz, il sicario germanico (Paolo Villaggio)[​IMG]
    Sarò vostro duce! Sarò spietato und ingiusto!
    ..
    .....
    “- Brancaleone: Chi è? Chi sie?
    - Morte: Son la tua morte! Non mi chiamasti?
    - Brancaleone: I-io?
    - Morte: Sì. Fosti tu a invocarmi!
    - Brancaleone: Ah, aah sì... parole che sfuggono, nell'empito dei sentimenti... e che si sape mai furon prese a serietà.
    - Morte: D'ora innante lo saranno. Preparat'a morire!
    - Brancaleone: Lo come? In sull'istante?”
    ..
    Brancaleone da Norcia (Vittorio Gassman)[​IMG]
    In primis, sono orno aduso a lo ferro ma non a lo foco. In secundis, sono impuro, bordellatore insaziabile, beffeggiatore, crapulone, lesto di lengua e di spada, facile al gozzoviglio: fuggo la verità e inseguo il vizio.
     
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  19. olandiano

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  20. embriaco

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    Last edited: Jul 5, 2017
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