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Discussion in 'Sezione Italiana' started by Air-Base, Apr 3, 2017.

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  1. embriaco

    embriaco User

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    Il gatto con gli stivali
    di C. Perrault[​IMG]
    Esistono numerose traduzioni e riduzioni di questa favola. Ve ne propongo due: la prima è più fedele al testo originario, la seconda ha il pregio di essere più sintetica.
    Un mugnaio, morendo, non lasciò altra eredità ai suoi tre figliuoli che un mulino, un asino e un gatto.
    Le divisioni perciò furono presto fatte, e non ci fu bisogno di chiamare né il notaio, né il procuratore, i quali avrebbero finito col mangiarsi anche quel poco che c'era.
    Il maggiore si prese il mulino, il secondo l'asino e il più giovane dei fratelli dovette accontentarsi del gatto.
    Quest'ultimo però non poteva darsi pace di essere stato trattato cosi male e diceva tra sé :
    "I miei fratelli potranno guadagnarsi la vita onestamente mettendosi in società; io invece, quando avrò mangiato il mio gatto e mi sarò fatto un colletto col suo pelo, dovrò rassegnarmi a morire di fame".
    II Gatto, che aveva compreso ogni cosa, pur fingendo di non darsene per inteso, disse con aria seria e grave:
    "Non tormentatevi così, padrone ! Procuratemi invece un sacco e un paio di stivali, perché io possa camminare tra gli sterpi del bosco, e vedrete che non siete stato cosi sfortunato come credete nell'eredità".
    Sebbene il padrone del Gatto non facesse molto affidamento su quelle parole, tuttavia non disperò di ricevere da lui un po' d'aiuto nella sua miseria.
    Quante volte, infatti, lo aveva visto fare dei giochi di abilità per prendere i topi, ora lasciandosi penzolare e tenendosi per le zampe posteriori, ora nascondendosi nella farina e facendo il morto!
    Allorché il Gatto ebbe ottenuto ciò che aveva chiesto, infilò gli stivali alla brava, si pose il sacco sulle spalle, tenendone i cordoni con le due zampe davanti, e si diresse verso una riserva di caccia, dove si trovavano molti conigli selvatici.
    Giunto là, mise un po' di crusca e d'insalata nel sacco, e si stese a terra come se fosse morto, in attesa che qualche coniglietto giovane e poco esperto degli inganni di questo mondo venisse a cacciarsi in quella trappola, spinto dalla voglia di mangiare ciò che il Gatto vi aveva astutamente posto dentro.
    Si era appena sdraiato, che la sua trovata funzionò.
    Nel sacco, infatti, era entrato un coniglietto ! Quel furbacchione di un gatto tirò alla svelta i cordoncini, poi prese la bestiolina e la uccise senza misericordia.
    Tutto trionfante per la preda fatta, si recò dal Re e domandò di parlargli.
    Lo fecero salire agli appartamenti di Sua Maestà; e qui il Gatto, fatta una grande riverenza al sovrano, disse:
    "Sire, accettate questo coniglio di riserva, che vi manda il
    marchese di Carabas" (era questo un nome inventato li per li dalla fertile fantasia del nostro Gatto).
    "Di' al tuo padrone" rispose al Re "che lo ringrazio e che ho molto gradito il suo presente".
    Un'altra volta il Gatto andò a nascondersi in mezzo al grano, c dispose sempre il sacco in modo che stesse aperto. Appena vi entrarono due pernici, tirò i cordoncini e le prese tutte e due.
    Si recò nuovamente dal Re, come aveva fatto per il coniglio. Il sovrano gradi moltissimo anche questo regalo, e fece dare una mancia all'insolito servitore.
    Il Gatto continuò cosi per due o tre mesi a portare di quando in quando al Re la selvaggina che, diceva lui, aveva cacciato il suo padrone.
    Un giorno, avendo saputo che il Re doveva andare a fare una passeggiata in carrozza lungo la riva del fiume assieme alla figlia, che era la più bella Principessa del mondo, disse al padroncino:
    "Se badate al mio consiglio, la vostra fortuna é fatta: andate a fare il bagno nel fiume, nel punto che io vi indicherò, e poi lasciate fare a me".
    Il sedicente marchese di Carabas fece quello che il Gatto gli aveva consigliato, senza sapere quale fosse lo scopo di tutto ciò. Mentr'era nell'acqua, il Re si trovò a passare da quelle parti,
    c il Gatto si mise a urlare con quanto fiato aveva in gola :
    "Aiuto ! Aiuto ! Il marchese di Carabas sta annegando!"
    A quel grido il Re mise fuori la testa dal finestrino, e, riconoscendo il Gatto, che gli aveva portato tante volte la selvaggina, ordinò alle guardie di correre in aiuto del marchese di Carabas.
    Intanto che il povero marchese veniva ripescato dal fiume, il Gatto si avvicinò alla carrozza e raccontò al Re che, mentre il suo padrone era nell'acqua, erano sopraggiunti dei ladri, che gli avevano rubato i vestiti, sebbene il poveretto si fosse affannato a gridare "al ladro! al ladro!"
    Invece era stato quel furbacchione del Gatto a nascondere gli abiti del padrone sotto una grossa pietra!
    Il Re ordinò immediatamente agli ufficiali addetti al suo guardaroba di andare a prendere uno dei suoi vestiti più belli per il marchese di Carabas.
    Quando il giovane li ebbe indossati, si presentò al Re, e questi gli usò mille gentilezze.
    Quegli abiti gli stavano veramente bene e mettevano in risalto la naturale bellezza dei suoi tratti e 1'eleganza della persona, tanto che la figlia del Re se ne senti subito attratta.
    Bastarono due o tre occhiate, un poco tenere, per quanto molto rispettose, perché la fanciulla se ne innamorasse perdutamente.
    Il Re riprese la passeggiata interrotta e volle che il giovane salisse sulla carrozza e li accompagnasse.
    Il Gatto, felice di vedere che tutto procedeva secondo il suo disegno, andò avanti per conto suo.
    Lungo la strada incontrò alcuni contadini che falciavano un prato e disse loro:
    "Buona gente che falciate l'erba, se non dite al Re, quando passerà di qui, che questo prato appartiene al marchese di Carabas, finirete tagliati a pezzettini come carne da polpette".
    Tosto sopraggiunse il Re, che per l'appunto chiese ai contadini di chi fosse quel prato che stavano falciando. E quelli risposero in coro, spaventati dalle minacce del Gatto:
    "Del marchese di Carabas".
    "Avete una bella proprietà!" disse il Re al marchese.
    "Come vedete, Sire" rispose il giovane, "é terra fertile, e tutti gli anni mi dà un ottimo raccolto".
    L'astuto Gatto, che li precedeva sempre, incontrò alcuni mietitori e disse loro:
    "Buona gente che tagliate il grano, se non dite che queste
    messi appartengono al marchese di Carabas, finirete tagliati a pezzettini come carne da polpette".
    Il Re, che passò di là subito dopo, volle sapere di chi fosse tutto quel grano che vedeva.
    "È del marchese di Carabas" risposero i mietitori; e il Re se ne rallegrò col giovane.
    Il Gatto, che camminava sempre davanti alla carrozza, continuava a dire la stessa cosa a tutti quelli che incontrava lungo la strada; cosi il Re non finiva più di meravigliarsi delle grandi ricchezze del marchese di Carabas.
    Finalmente il nostro Gatto giunse a un bel castello di proprietà di un Orco, che era il più ricco che si fosse mai visto; infatti tutte le terre che il Re aveva percorso con la carrozza, erano di sua proprietà.
    Il Gatto, che aveva avuto l'accortezza di informarsi chi fosse quell'Orco e quali prodigi sapesse compiere, chiese di potergli parlare, dicendo che non aveva voluto passare così vicino al suo castello senza avere l'onore di venirgli a rendere omaggio.
    L'Orco lo ricevette con la buona grazia che può avere un Orco e lo fece accomodare perché si riposasse.
    Allora il Gatto prese a dire:
    "Mi hanno assicurato che avete la capacità di mutarvi in ogni sorta di animali; che potete, per esempio, trasformarvi in leone oppure in elefante".
    "È vero" rispose l'Orco con fare brusco, "e, per dimostrarvelo, diventerò un leone sotto i vostri occhi".
    Il povero Gatto si spaventò talmente nel vedersi davanti quella bestia feroce, che si rifugiò sulle grondaie, non senza qualche difficoltà e col rischio anche di cadere, a causa degli stivali, che non erano certo adatti per camminare sulle tegole.
    Dopo un po', avendo visto che l'Orco aveva ripreso le sue solite sembianze, si decise a scendere e ammise di avere avuto molta paura.
    "Mi hanno anche assicurato" riprese a dire il Gatto, "ma io stento a crederci, che avete la facoltà di trasformarvi anche in un animale piccolissimo, come la talpa e il topo: vi confesso però che tutto ciò mi sembra davvero impossibile".
    "Impossibile?" disse l'Orco. "Ora vedrete!"
    Cosi dicendo si mutò in un topolino e prese a correre sul pavimento della stanza.
    Il Gatto, appena lo vide, si gettò come un lampo su di lui e ne fece un boccone.
    In quel mentre il Re, che nel passare di là aveva notato il magnifico castello dell'Orco, volle entrare per visitarlo.
    Il Gatto, udendo il rumore della carrozza, che attraversava il ponte levatoio, corse incontro al Re e gli disse:
    "Vostra Maestà sia la benvenuta nel castello del marchese di Carabas!"
    "Ma come, marchese!" esclamò il Re; "questo castello é dunque vostro? Non ho mai visto niente di più bello: che eleganza ed armonia di linee, quale grandiosità e che splendidi giardini. Visitiamone l'interno, se non vi dispiace".
    Il marchese offrì la mano alla giovane Principessa, e assieme seguirono il Re, il quale si era avviato per primo.
    Entrarono in una grande sala, dove trovarono pronta una magnifica colazione, che l'Orco aveva fatto preparare per i suoi amici. Questi avrebbero dovuto venire a trovarlo proprio quel giorno, ma poi non osarono farlo, avendo saputo che era giunto il Re.
    Il Sovrano, conquistato dalle buone maniere del marchese di Carabas, - che dire poi della figlia, che ne era innamoratissima - e vedendo la vastità dei suoi possedimenti, gli disse, dopo aver bevuto cinque o sei bicchieri di vino:
    "Dipende soltanto da voi, marchese, se volete diventare mio genero".
    Il marchese si profuse in riverenze, accettò volentieri l'onore che il Re gli faceva, e il giorno stesso sposò la Principessa.
    Naturalmente il gatto rimase con gli sposi. Ebbe un bel cuscino di seta accanto al fuoco, nella sala del trono durante l'inverno, ed una bella cuccetta sotto il pergolato d'estate.
    Il figlio del mugnaio diventò dunque il marito della Principessa, ma, siccome era un giovane onesto e sincero, non volle continuare ad ingannare la moglie ed il Re.
    Raccontò come erano andate veramente le cose, spiegò per filo e per segno quello che aveva architettato il gatto, dalla prima fortunata caccia nel bosco al colpo maestro dell'uccisione dell'Orco e alla conquista del castello.
    Liberato da questo peso, visse felice con la sua sposa ed ebbe tanti figliuoli, che giocarono allegramente col gatto per nulla meravigliati di vedergli indosso gli stivali ed ascoltarono anch'essi, divertendosi un mondo, la storia del cattivo Orco, trasformato in topino e divorato dal gatto.
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    C'era una volta un vecchio mugnaio con tre figli, un asino, un gatto soriano e nemmeno un becco d'un quattrino.
    Vecchiaia e fatiche avevano logorato il corpo e la mente del mugnaio, tanto è vero che, giunto alla fine dei suoi giorni, divise i suoi averi tra i figlioli: - Al primo Arduino, lascio il mulino; al secondo, Alvaro, il somaro; e per te, Germano, non ho che il gatto.
    Arduino ed Alvaro erano felici: - Io con il mio mulino e tu con il tuo somaro faremo società con servizio di consegna del macinato al domicilio dei clienti. Ci arricchiremo in pochi anni! -
    Rimasto solo, Germano, diede un'occhiata al gatto e si grattò la testa: - Io - gli disse - lo so che sei un buon gatto e ti voglio bene. Ma se davvero sei furbo come dicono, taglia subito la corda e lasciami solo con la mia miseria. Con quel che so fare io posso garantirti soltanto tre cose: freddo d'inverno, caldo d'estate e fame tutto l'anno. -
    Il gatto che fino a quel momento non aveva mai detto una parola a nessuno, gli strizzò l'occhio e cominciò a parlare: - Tu caro mio, devi solo fare due cose, procurarmi un paio di stivali ed affidarti al mio ingegno; altro che fame! Fra tre mesi saremo a Corte! -
    Il giovanotto, tutt'altro che convinto, fece spallucce e gli diede una lisciatina sulla groppa: - E bravo gatto! - esclamò - Allora sai anche parlare!
    - Il bisogno aguzza l'ingegno e scioglie la lingua anche ai gatti - rispose la bestiola.
    Faceva abbastanza caldo e Germano, senza ribattere parola, portò il suo mantello di panno al monte di pietà e col ricavato comprò gli stivali al gatto e si sdraiò all'ombra, con le dita intrecciate dietro la nuca ad aspettare gli eventi.
    Il gatto, grande cacciatore, si mise subito al lavoro e meno di un'ora dopo stringeva tra le grinfie un bel leprone.
    Senza perdere tempo, con il suo leprone in sacco, andò alla Reggia e si presentò al Re.
    Si prosternò ai piedi del trono e tirò fuori la lepre gridando: - Ecco Maestà: mi invia il mio signore e padrone, il Marchese di Carabas, con questo piccolo omaggio destinato al reale salmì...-
    Al Re che era un buongustaio, non parve vero accettare il dono; ma chi era quel simpatico Marchese, mai sentito nominare? Boh! Anche sua figlia, la principessa Isabella era rimasta bene impressionata dalle parole del gatto.
    Il quale intanto, era già fuori a procurare un po' di cena per sé e per il padrone.
    E la mattina dopo, all'ora giusta, eccolo di nuovo a Corte, stavolta con quattro favolosi fagiani dorati: - Ti porto, o Sire, un modesto omaggio del mio signore e padrone, il Marchese di Carabas, per i reali arrosti.
    E il Re, a sfogliare il libro della Nobiltà nella vana ricerca di quello sconosciuto Marchese.
    E la bella Isabella, a sognare a occhi aperti un possibile matrimonio con un così generoso e sollecito suddito.
    Insomma, per farla corta, tutte le mattine per più di un mese, si ripeté a Corte la medesima scena del gatto con gli stivali latore di gustosissimi messaggi da parte del Marchese di Carabas, suo signore e padrone.
    Venne luglio, gran calura e grano maturo nei campi.
    Una mattina il gatto sapendo che il Re sarebbe uscito con la figlia per fare un giro rinfrescante sulla carrozza dorata, svegliò presto il padrone che dormiva sotto un pino e , tutto eccitato, gli gridò: - Presto, presto, padroncino, spogliatevi dei vostri stracci e immergetevi nel l'aghetto tra poco passerà di qui la carrozza reale!
    - Ma io non so nuotare!- ribatté Germano allibito.
    - E via! - rispose il Gatto - Sapete bene che nel laghetto non c'è più di mezzo metro di acqua. Anzi dovete starvene seduto tenendo fuori solo la testa, perché nella vettura c'è anche la principessa Isabella.
    Poi corse incontro alla carrozza Reale e cominciò a gemere, a sbracciarsi, a chiedere aiuto: - Vi prego, Maestà, fate soccorrere il Marchese di Carabas, mio signore e padrone!... Alcuni malviventi lo hanno spogliato dei preziosi abiti e lo hanno buttato ad annegare nel lago.
    Il Re figurarsi, mandò subito paggi, coppieri, maggiordomi, ciambellani, consiglieri e tutta la cianfrusaglia del suo seguito al soccorso del suddito più generoso e nobile del regno, mentre due corrieri a cavallo, partivano verso la Reggia per prendere dal guardaroba reale il più sontuoso abito che potessero trovare.
    Isabella stava per svenire; ma quando le portarono dinanzi il pseudo Marchese tutto in ghingheri negli abiti reali, vedendolo così giovane, ben fatto e bello, se ne innamorò in un battibaleno e giurò a se stessa che ne avrebbe fatto il suo sposo.
    Il giovane salvato dalle acque, ringraziò Sua Maestà, rese omaggio alla regale figlia e prese posto nella carrozza dorata che proseguì il viaggio.
    Ma il gatto con gli stivali già la precedeva da parecchio.
    E lungo la strada ogni volta che incontrava dei contadini al lavoro nei campi, gridava loro, con voce insinuante: - Ehi buona gente, tra poco passerà la carrozza del Re; se vi domanderanno di chi è questa terra rispondete che è del Marchese di Carabas ... Non avrete da pentirvene... -
    E infatti, arrivata la carrozza, il Re si affacciava a chiedere: - Ma di chi è questa bella terra! - e i contadini, con un inchino: - E' del Marchese di Carabas, Sire.
    E il gatto avanti. Finalmente la bestiola arrivò al castello dell'Orco Ezechiele che era anche il padrone delle terre intorno, e chiese d'essere ricevuto.
    Eccolo dunque dinanzi all'Orco.
    Gran riverenza, destinato a solleticare la vanità del mostro.
    Infine l'ingenua domanda: - Ma è proprio vero Signor Orco, che lei è capace di trasformarsi in qualsiasi animale vivente?... C'è chi dice di si e chi dice di no. -
    L'Orco sbottò in una gran risata: - Vorrei proprio vedere chi dice di no! Guarda! - e dinanzi al misero gatto, mezzo morto di paura, ecco ergersi al posto dell'Orco un enorme leone.
    - Ba... Ba... basta! - gemé il Gatto - Son più che convinto e vedo benissimo che un orco grosso come lei può trasformarsi in un leone altrettanto grosso. Ma non avrebbe, nel suo catalogo di trasformazioni, qualcosa su scala ridotta? Sarebbe, per esempio, capace di diventare un piccolo topo di campagna?..
    Altra sonora risata dell'Orcaccio ed ecco sulla gran poltrona saltellare un topino.
    Il gatto che non aspettava altro, gli fu addosso in un lampo e ... se lo divorò in due bocconi.
    Poi la nostra furbissima bestiola si volse a tutta la servitù con occhi dolci: - Tra poco - gridò - giungerà al castello la vettura dorata con il Re e il vostro nuovo padrone. Voglio che sian ricevuti con tutti gli onori e con un gran pranzo di gala.
    Insomma: quello stesso giorno furono anche decise le nozze tra Germano e Isabella.
    E il gatto? Oh, per sé non volle quasi niente! Si tolse per sempre gli scomodi stivaloni, non rivolse mai più la parola a nessuno e tornò al suo mestiere di gatto di buona famiglia.
     
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  4. embriaco

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    Tag: Seconda Guerra Mondiale

    … Quando Ricina… [​IMG]
    "Recco, l'antica Ricina".

    Quando Recco, la Ricina di romana memoria, non aveva, in quanto a bellezza, nulla da invidiare alla vicina Camogli… quando si poteva mangiare il pesce appena pescato dai gozzi, sopra una rudimentale palafitta sul mare… quando l’antico borgo marinaro non era ancora stato devastato dai bombardamenti alleati avvenuti durante la seconda guerra mondiale. Tra il 10 novembre 1943 e il 28 giugno del ’44 Recco, infatti, venne praticamente rasa al suolo da 27 incursioni aeree volte, in particolare, a distruggere il ponte della ferrovia, passaggio strategico per i rifornimenti alle forze nemiche della Wehrmacht.

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  5. embriaco

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    Amsterdam, Piazza Rembrandt e Warmoesstraat »
    4 e 5 Maggio in Olanda, il Giorno della Memoria ai caduti e della Liberazione

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    Il 4 e 5 Maggio, in Olanda, sono dei giorni davvero sentiti.
    Si celebrano infatti due feste nazionali importanti ‘Dodenherdenking’, (Remembrance Day) e ‘Bevrijdingsdag’ (Liberation Day)
    Il 4 Maggio tutti gli olandesi si fermano per osservare rispettosamente il giorno della Memoria per i Caduti in guerra.
    Il momento a cui partecipa la regina è davvero solenne.. è un occasione per segnare a fuoco nella memoria anche di chi non ha vissuto quel periodo storico (i giovani) un ricordo che potrebbe sbiadire nel tempo.
    Fermarlo e rinnovarlo ogni anno serve a ricordare ai posteri quanto l’uomo spinto dai corsi e ricorsi storici possa essere malvagio e portare alla distruzione di intere civiltà.. quindi proprio grazie al rinnovamento di questo ricordo, la speranza è quella di fare in modo che conflitti di cosi’ vasta portata non si possano più ripetere.
    Un quarto d’ora prima delle 20, una Chiesa nel centro di Amsterdam suonerà le campane, poi il silenzio assoluto per 2 minuti in segno di rispetto per tutti quei caduti in guerra, dal secondo conflitto in poi ad oggi. Tutti, ma proprio tutti si fermeranno, anche i mezzi pubblici.
    E’ incredibile quanto rispetto gli olandesi hanno per questa occasione, tutti davvero fermi e ad ascoltare… questo perchè vogliono con tutte le loro forze imprimere nella memoria anche di chi non ha vissuto quel periodo storico un ricordo che potrebbe sbiadire nel tempo, quello in cui l’Olanda, che da sempre ha ripudiato la guerra è stata obbligata ad esserne coinvolta, tanto da organizzare il Februaristaking‘, il primo sciopero del 25 e 26 Febbraio 1941 contro la persecuzione degli Ebrei.
    Dopo verrà deposta una corona di fiori difronte al Monumento Nazionale in Piazza Dam, dove nel frattempo si sarà radunata centinaia di gente, e dove la Regina Beatrice assieme al Primo Ministro pronuncierà un discorso che potrà essere ascoltato in tutta la città grazie a degli altoparlanti dislocati dovunque e alle emittente televesive e radifoniche che in quel momento trasmetteranno in diretta e simultaneamente un evento così importante.
    La presenza della Regina e di un esponente del Governo olandese sta anche a rappresentare un forte impegno da parte dello Stato nei confronti dei propri cittadini nel voler tutelare a tutti costi la libertà da 5 anni di occupazione tedesca.
    Gli olandesi hanno messo a disposizione la vita per protestare contro lo schiacciamento di questo preziosissimo valore per loro.. lo hanno dimostrato i 20.000 caduti.. ecco perchè il segno deve rimanere aperto, per ricordare ai giovani di come sia fragile la democrazia e che non si devono più ripetere gli errori del passato .. non a caso, è un bambino che recita una poesia dopo la cerimonia solenne, un simbolo del futuro, un futuro migliore.
    Gli altri Paesi, rimasero scossi da questa iniziativa.. ma come.. si gli Ebrei fanno parte del tuo tessuto socioeconomico, saranno anche cittadini olandesi, ma che grande coraggio hai avuto a protestare contro il dominatore crudele tedesco.. accogli e nascondi nella tua casa persino una ricercata, Anna Frank ? Non hai paura ?
    Il giorno successivo (5 Maggio) si celebra invece il giorno della Liberazione da 5 anni di occupazione nazista con manifestazioni e concerti gratuiti per ricordare questa volta quanto possa essere importante la libertà. Un Festival di Musica multiculturale organizzatissimo a cui partecipano band di ogni genere musicale e simile a quello organizzato da noi il 1° Maggio in occasione della festa dei lavoratori.. Gli olandesi, ne organizzano altri 13 in tutto il Paese !
    I due giorni, uno successivo all’altro sono quindi strettamente collegati e non a caso, il sito web ufficiale ha questo indirizzo 4en5mei
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    Tag: 4en5mei, Amsterdam, Eventi, libertà, olandesi, sovrani, storia
     
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  6. embriaco

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    EDOARDO FIRPO, ’O POETA DE-A FOXE (Il poeta della Foce)

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    (20-9-1923)
    E ancora di quanto sia sacra ( laicamente, ma anche un po’ francescanamente) la vita, anche se per quasi tutti gli uomini si riduce ad essere impasto di tristezza e sofferenza più che di gioia e di allegria. Vi propongo quell’autentico capolavoro che è Ai martiri di Cravasco: termina con l’eco potente della natura - Dio è assente - che continua a chiamare i martiri là in ta paxe di monti:
    Ai martiri di Cravasco Ai martiri di Cravasco

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    Viene naturale, se non accostare, ripensare anche soltanto all’ulissismo di Saba e al suo environment provinciale. D’altronde Firpo, se pure in gran parte autodidatta e se pure, grazie all’uso del dialetto, preservato dalle influenze dirette e dai contatti immediati con le correnti in auge (dal Crepuscolarismo al Futurismo e all’Ermetismo) legge, e legge molto: legge Petrarca annotato e chiosato da Leopardi: quel Leopardi che è l’autore che su tutti Firpo predilige e dal quale indubbiamente assorbe – è una mia convinzione personale – una certa linea idillica e un certo lirismo malinconico uniti, consapevolmente, a una peculiare inclinazione alla meditazione solitaria e a elementi rappresentativi della realtà; legge, e con estrema partecipazione, la letteratura novecentesca (e se ne colgono aliti e respiri sparsi in tutta la poesia firpiana); e legge D’Annunzio, il cui influsso – questo sì – qui e là si coglie così come, in certe espressioni in campo linguistico-botanico, si coglie un sapore pascoliano e finanche gozzaniano; nella sua giovinezza, inoltre, non aveva mancato di accostarsi a Verlaine, Rimbaud e ad altri poeti decadenti. E il tocco della “malinconia” (lo spleen, cioè l’insoddisfazione e il malessere di tanti e tanti poeti, qui perfino addolcita dalla pronuncia dialettale che rende ancor più lieve quella che era stata definita ninfa gentile da Ippolito Pindemonte), quel tocco insorgente dalla “malinconia”, qui usata qui come parola singola, isolata a fare verso a sé stante, intacca il tempo e la realtà, ma – per fortuna, dice il poeta – non intacca (senza dimenticare la metafora su accennata) la primavera, stagione che, ogni volta che ritorna, lo fa rinascere, dandogli quel “pittin” di vita, quel briciolo di ripresa vitale che il tiepido raggio di sole primaverile riesce ancora a dare anche e perfino al fiore senza vita perché reciso e messo lì “in to gotto” (nel bicchiere), posato sul tavolo o sul davanzale, non per dargli l’illusione o la sensazione di vivere, quanto per aiutarlo (una sorta di eutanasia lirica) a morire “cianìn cianìn” (a poco a poco), un pochino alla volta, quasi senza rendersene conto. A mio parere, se Edoardo Firpo avesse scritto anche solo quest’unica poesia, sarebbe da considerare un grande lirico. In essa già si percepisce, e nettamente, tutta l’emancipazione che, lentamente ma saldamente, conquisterà da canzonette e stornellate, da filastrocche e trallaleri, ma anche dalle parlate paesane e dai gerghi rionali. Qui, e non solo qui, il dialetto – lo si coglie d’acchito – non è più né succubo né subalterno alla lingua: è già ricco e temprato a dire di nuove tematiche, è già ricco e temprato al punto che consente alla dialettalità tutta interiorizzata di Firpo di esprimere la propria pena di vivere e l’altrui faticosa esistenza. Edoardo
    [​IMG]Firpo, com’è noto, nasce a Genova, in Piazza Colombo al n° 26 (e, se non ricordo male, c’è una targa che lo commemora) il 20 aprile 1889 (un anno dopo, ad esempio, di Giuseppe Ungaretti e Thomas Stearns Eliot) da una famiglia della modesta borghesia e conduce una vita altrettanto modesta dedicandosi al mestiere poco redditizio (lo sosteneva lui a ragione giacché visse sempre in disagiate condizioni), cioè il mestiere di accordatore che eredita dal padre. E del resto, né poetare (“carmina non dant panem”) né accordare pianoforti delle scuole comunali genovesi poterono farlo vivere nel benessere. Ma Firpo ha, in qualche misura, la musica nei suoi lombi: egli è il pronipote in via materna (la madre si chiamava Gemma Arata, il padre anch’egli Edoardo) del famoso violinista Camillo Sivori (al quale Nicolò Paganini consentì venisse fatto dono della copia del suo “Guarnerius” effettuata dal liutaio Vuillaume e custodita dal Comune di Genova, al quale lo stesso Sivori lo donò); e, grazie alla (o in forza della) sua sensibilità, Firpo riuscirà a sentire perfino la musica dell’erba, come scrive nei tre versi finali di Idillio:
    “...mentre da l’erba vegne un son sotti, ...mentre dall’erba si leva un suono flebile,
    a muxica che sento a l’è tanto ata la musica che sento è così sonoramente alta
    che no çerco ciù ninte intorno a mi...” che non cerco più nulla tutt’intorno a me...
    E nei Diari, siamo nel 1939, annota:
    “Hai abbastanza musica nell’anima
    perché tu possa chiedere dov’è la primavera?”
    e poco sotto musica e colori insieme, sentite:
    “Due notte Due semplici note
    o seren do çè l’azzurro del cielo sereno
    e o verde de l’erbe.” e il tenero verde dell’erba.
     
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    Zoo Reale Artis


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    Fondato nel 1838, lo Zoo Reale Artis di Amsterdam accoglie 750 specie animali, tra cui zebre, giraffe, elefanti e scimpanzé, che vivono nei propri habitat naturali appositamente ricreati. Magnifici giardini ospitano centinaia di specie di alberi e una quantità infinita di piante e fiori che in primavera e in estate si mostrano in tutto il loro splendore. Questo luogo è una meta ideale per trascorrere una giornata fantastica sia per i grandi che per i più piccoli.
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    • Lo Zoo Reale Artis è un'oasi verdeggiante che sorge vicino al centro di Amsterdam.
    • Aperto tutti i giorni dell'anno.
    • Una visita ricca di emozioni per i bambini e un'esperienza istruttiva per tutte le età.
    Scopri le meraviglie della natura allo Zoo Reale Artis

    Lo Zoo Reale Artis di Amsterdam è molte cose insieme: un parco idilliaco, un bellissimo zoo, un museo, un planetario, un acquario, un magnifico giardino inframmezzato da imponenti opere architettoniche risalenti all’Ottocento e, soprattutto, un luogo perfetto per scoprire le meraviglie della natura. Ospita 750 specie animali tra cui zebre, giraffe, elefanti e scimpanzé, 300 specie di alberi e una quantità infinita di piante e fiori che in primavera e in estate si mostrano in tutto il loro splendore.
    Una visita ricca di emozioni per grandi e piccini

    Esplora i diversi aspetti di Artis: dai minuscoli organismi custoditi nel vicino museo Micropia ai grandi mammiferi esotici, e dalle farfalle variopinte provenienti dall'altra parte del mondo alla fauna selvatica che popola i canali locali. Artis riproduce gli habitat naturali degli animali e offre pertanto ai visitatori la possibilità di contemplare la savana africana con gnu e gazzelle e di estasiarsi davanti a barriere coralline e squali. La visita è sempre emozionante (e istruttiva) per i bambini, ma in realtà offre qualcosa da scoprire per le persone di ogni età.
    Uno zoo moderno

    Fondato nel 1838, Artis è ormai un'onorata istituzione che non teme di cambiare per rimanere al passo con i tempi. L'aggiunta più recente, Micropia, è un museo all'avanguardia dedicato al meraviglioso mondo dei microrganismi (acquistando un biglietto combinato speciale è possibile visitare entrambe le attrazioni). Inoltre le numerose iniziative fanno sì che i visitatori di Artis tornino regolarmente. Gli eventi più popolari sono le cosiddette 'ZOOmeravonden' (serate estive allo zoo): ogni sabato durante la stagione estiva Artis rimane aperto fino al tramonto e organizza picnic, visite guidate, presentazioni e persino concerti.
    Altre attrazioni nei dintorni

    Il verdeggiante seppur centrale quartiere Plantage ha molto da offrire con i suoi viali maestosi, i suoi musei e la sua vivace scena gastronomica e culturale. Nei pressi dello Zoo Artis si trovano altre importanti attrazioni di Amsterdam, quali l'Hermitage, il Tropenmuseum, il Museo Storico Ebraico e il Museo Marittimo Nazionale. Anche il Regio Teatro Carré e l'Orto Botanico sono proprio dietro l'angolo. Concediti una sosta per fare uno spuntino nell'animata piazza Nieuwmarkt o in uno dei numerosi caffè di Linnaeusstraat. Oppure assapora il massimo dell'olandesità sorseggiando una birra presso la Brouwerij ’t IJ, una fabbrica di birra ricavata all'interno di un mulino a vento.
    Acquista biglietti scontati

    Acquista biglietti scontati per Artis online. Scegli il biglietto combinato speciale che ti consente di visitare lo Zoo Reale Artis e il museo Micropia, per scoprire il meglio dell'universo naturale, in grande e in piccolo!
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    Se vuoi svegliarti al suono del barrito degli elefanti e del ruggito dei leoni, scegli un hotel nelle strade intorno allo Zoo Artis. Visiona le sistemazioni disponibili nel quartiere Plantage.
    Suggerimento della redazione: Prima o dopo la visita dello Zoo Artis, fermati a bere qualcosa al Café Koosje, proprio dietro l'angolo. I tavolini sistemati sul marciapiede sono in una posizione ideale per osservare il viavai della gente.
     
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    Diergaarde Blijdorp

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    Il vecchio ingresso del Diergaarde Blijdorp
    Il Diergaarde Blijdorp (nome ufficiale olandese: Stichting Koninklijke Rotterdamse Diergaarde, Fondazione Reale dello Zoo di Rotterdam) è uno zoo situato nella parte nord-orientale di Rotterdam; è uno degli zoo più vecchi dei Paesi Bassi. Nel 2007 ha celebrato il

    Storia[modifica | modifica wikitesto]
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    Giraffe con, sullo sfondo, un edificio monumentale.
    Lo zoo di Rotterdam originario è andato distrutto nel bombardamento di Rotterdam, durante la seconda guerra mondiale, che distrusse la maggior parte del centro della città. I nomi di alcune strade, come Diergaardesingel (Via dello Zoo), ricordano ancora la posizione del vecchio zoo. Il Blijdorp venne ricostruito un po' più a nord e venne aperto di nuovo al pubblico il 7 dicembre 1940. Il nuovo zoo è stato progettato dall'architetto olandese Sybold van Ravesteyn, che progettò anche la stazione ferroviaria centrale di Rotterdam. Nel 2001, il Blijdorp è quasi raddoppiato di dimensioni in seguito all'apertura ad ovest di una nuova parte, chiamata Oceanium, la cui attrazione principale è un acquario. Nell'aprile 2004 tutto lo zoo è stato dichiarato monumento nazionale.
    Giardini botanici[modifica | modifica wikitesto]

    Il Blijdorp non partecipa solo a programmi di conservazione degli animali, come l'EEP, ma ospita anche un giardino botanico e la Collezione Nazionale Olandese di Bromeliacee[1].
     
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    Filosofo italiano

    3 maggio 1469 - 21 giugno 1527
     
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  14. embriaco

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    Bevrijdingspop


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    5 maggio 2018

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    Il Bevrijdingspop (Pop di liberazione) è un festival con un significato più profondo. Prima di tutto vuole far riflettere sulla fortuna di vivere in un paese in cui c’è la libertà. In secondo luogo, il Bevrijdingspop ricorda che ci sono ancora molti luoghi nel mondo dove la situazione è diversa.
    Il 4 maggio, giorno di commemorazione dei caduti, in molte città dell'Olanda hanno luogo cerimonie speciali per ricordare e onorare le vittime sia civili che militari che hanno perso la vita nel corso di guerre e missioni di pace. Il 5 maggio, anniversario della liberazione, viene celebrato con concerti e festival, come ad esempio il Bevrijdingspop ("Pop della liberazione") che si tiene ad Haarlem. L'anniversario della liberazione è una festività nazionale ma, come accade per il Venerdì Santo, per molti è un normale giorno lavorativo. È consuetudine concedere un giorno di riposo in questa data ogni cinque anni, ma non è obbligatorio. Il 5 maggio viene tuttavia commemorato ogni anno con diverse celebrazioni.
     
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    JACQUES TANGE
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    Jacques Tange
    Eva's Pets
    Olieverf op linnen / Oil on canvas
    180 x 120 cm
    Prijs op aanvraag / Price on request.
    Huur en huurkoop mogelijk
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    Jacques Tange
    Traveling Home
    Olieverf op linnen / Oil on canvas
    100 x 75 cm
    Prijs op aanvraag / Price on request.
    Huur en huurkoop mogelijk
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    Jacques Tange
    Runaway Bridegroom
    Olieverf op linnen / Oil on canvas
    120 x 100 cm
    Prijs op aanvraag / Price on request.
    Huur en huurkoop mogelijk
    De kunstwerken van Jacques Tange zijn verkrijgbaar in verschillende materialen: schilderijen, zeefdrukken, glas en beelden van brons en beelden van kunsthars. Neem voor meer informatie en de mogelijkheden contact op met Artipico via het onderstaande formullier of bel met +31(0)-455 15 61 of +31(0)6-51 922 582.
     
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  17. embriaco

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    Biografie
    Jacques Tange (Vlissingen, 1960)
    Jacques Tange, opgeleid op de Academie voor Beeldende Kunst in Rotterdam, heeft een kenmerkende stijl waarbij er met opvallend kleurgebruik een bijzondere wereld gecreëerd wordt. Thema’s die vaak terugkomen in het werk van Tange zijn de verhoudingen tussen man en vrouw, de stad als ‘urban jungle’ en de geïsoleerde positie van de mens. Tange werkt vaak met subtiele erotiek en een knipoog, zoals in zijn 26-delige serie van het alfabet. In Tanges werken is vaak sprake van een nachtelijk, droomachtig licht. Het licht van de intimiteit. Binnen dit licht en de lijnvoering vinden we vaak een vrouw, loom liggend of zittend en soms staande met haar rug naar ons toe. Zij is kleurrijk gekleed in kleding die tegelijk verhult en onthult, om haar sensuele vrouwelijkheid te benadrukken. Tange’s kunstwerken zijn opgebouwd als een muziekstuk, met herhalingen in een beeld en ritmiek in de vlakverdeling. Veel mensen zullen bij de eerste aanblik van een werk van Tange denken, leuk, die kleuren, die humor en die toegankelijke figuratie`, en leuk is het zeker. Maar wie alleen maar oog heeft voor de charme van zijn figuratie, de volheid van zijn kleuren en zijn ondeugende humor, gaat voorbij aan de diepste drijfveren van deze kunstenaar. Drijfveren die zich wel degelijk tonen in het werk en die de vrolijkheid en de stoute knipoog een diepere betekenis geven.

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    “Ei fu”, il 5 maggio 1821 Napoleone Bonaparte moriva a Sant’Elena



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    Fu la disastrosa campagna di Russia del 1812 a decretarne la rovina
    , portandolo ad abdicare nel 1814 e a costringerlo ad un primo esilio all’Isola d’Elba. Tornato a Parigi nel 1815, riuscì a riprendere il potere per i famosi “cento giorni”, ma con la battaglia di Waterloo, fu sconfitto definitivamente.
    A Sant’Elena trascorse gli ultimi anni della sua vita.
    Alla morte di Napoleone è legato anche il componimento Il cinque Maggio“, scritto da Alessandro Manzoni:


    Ei fu. Siccome immobile,
    dato il mortal sospiro,
    stette la spoglia immemore
    orba di tanto spiro,
    così percossa, attonita
    la terra al nunzio sta,
    muta pensando all’ultima
    ora dell’uom fatale;
    né sa quando una simile
    orma di piè mortale
    la sua cruenta polvere
    a calpestar verrà.
    Lui folgorante in solio
    vide il mio genio e tacque;
    quando, con vece assidua,
    cadde, risorse e giacque,
    di mille voci al sònito
    mista la sua non ha:
    vergin di servo encomio
    e di codardo oltraggio,
    sorge or commosso al sùbito
    sparir di tanto raggio;
    e scioglie all’urna un cantico
    che forse non morrà.
    Dall’Alpi alle Piramidi,
    dal Manzanarre al Reno,
    di quel securo il fulmine
    tenea dietro al baleno;
    scoppiò da Scilla al Tanai,
    dall’uno all’altro mar.
    Fu vera gloria? Ai posteri
    l’ardua sentenza: nui
    chiniam la fronte al Massimo
    Fattor, che volle in lui
    del creator suo spirito
    più vasta orma stampar.
    La procellosa e trepida
    gioia d’un gran disegno,
    l’ansia d’un cor che indocile
    serve, pensando al regno;
    e il giunge, e tiene un premio
    ch’era follia sperar;
    tutto ei provò: la gloria
    maggior dopo il periglio,
    la fuga e la vittoria,
    la reggia e il tristo esiglio;
    due volte nella polvere,
    due volte sull’altar.
    Ei si nomò: due secoli,
    l’un contro l’altro armato,
    sommessi a lui si volsero,
    come aspettando il fato;
    ei fè silenzio, ed arbitro
    s’assise in mezzo a lor.
    E sparve, e i dì nell’ozio
    chiuse in sì breve sponda,
    segno d’immensa invidia
    e di pietà profonda,
    d’inestinguibil odio
    e d’indomato amor.
    Come sul capo al naufrago
    l’onda s’avvolve e pesa,
    l’onda su cui del misero,
    alta pur dianzi e tesa,
    scorrea la vista a scernere
    prode remote invan;
    tal su quell’alma il cumulo
    delle memorie scese.
    Oh quante volte ai posteri
    narrar se stesso imprese,
    e sull’eterne pagine
    cadde la stanca man!
    Oh quante volte, al tacito
    morir d’un giorno inerte,
    chinati i rai fulminei,
    le braccia al sen conserte,
    stette, e dei dì che furono
    l’assalse il sovvenir!
    E ripensò le mobili
    tende, e i percossi valli,
    e il lampo dè manipoli,
    e l’onda dei cavalli,
    e il concitato imperio
    e il celere ubbidir.
    Ahi! Forse a tanto strazio
    cadde lo spirto anelo,
    e disperò; ma valida
    venne una man dal cielo,
    e in più spirabil aere
    pietosa il trasportò;
    e l’avviò, pei floridi
    sentier della speranza,
    ai campi eterni, al premio
    che i desideri avanza,
    dov’è silenzio e tenebre
    la gloria che passò.
    Bella Immortal! Benefica
    Fede ai trionfi avvezza!
    Scrivi ancor questo, allegrati;
    ché più superba altezza
    al disonor del Gòlgota
    giammai non si chinò.
    Tu dalle stanche ceneri
    sperdi ogni ria parola:
    il Dio che atterra e suscita,
    che affanna e che consola,
    sulla deserta coltrice
    accanto a lui posò.
     
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  20. olandiano

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