Italia! Il più bel paese del mondo

Discussion in 'Sezione Italiana' started by Air-Base, Apr 3, 2017.

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  1. embriaco

    embriaco User

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    Un aereo precipita nel cuore della foresta. Unico sopravvissuto un neonato. Kar il gorilla adotta la piccola Scimmia Bianca che un giorno diventerà il Re della Giungla. Tornano le avventure di Akim con la fidanzata Rita, il figlio adottivo Jim, le scimmiette petulanti Zig e Ming, l'elefante Baroi, il leone Rag, la vendicativa pantera Farg e tanti altri animali che parlano e ragionano come uomini. Un Tarzan ecologico, forte, leale e passionale che difende una Foresta Universale dalla cupidigia della civiltà...


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    Akim è un personaggio dei fumetti del genere tarzanide ideato da Roberto Renzi e dal disegnatore Augusto Pedrazza nel 1950 e protagonista di varie serie a fumetti pubblicate in Italia e in Francia. È uno dei fumetti più longevi e popolari del genere essendo stato pubblicato per oltre quarant'anni dal 1950 al 1967 e poi, con altri autori, tra il 1976 e il 1983

    Appartiene al filone tematico dei tarzanidi (gli emuli di Tarzan) essendo chiaramente ispirato alla storia del personaggio di Edgar Rice Burroughs anche se i suoi autori ne fanno risalire l'ispirazione alla lettura dei romanzi di Emilio Salgari e di Rudyard Kipling e in particolare al Libro della giungla e ai romanzi dove compare Kim (dal quale presero l'ispirazione per il nome)[
    Renzi aveva già sceneggiato in precedenza un personaggio tarzanide, Roal, il Tarzan del mare, pubblicato in Italia dal 1947 al 1948, Le similitudini con Tarzan sono molte: di origini altolocate (il padre era un conte, console inglese a Calcutta), a seguito di un naufragio al largo delle coste africane, rimane l'unico sopravvissuto insieme alla madre che verrà sbranata poco dopo da una pantera dalla quale verrà salvato da un gorilla che lo alleverà facendolo crescere nel suo branco e del quale impara il linguaggio. Riesce a capire anche gli altri animali i quali hanno un comportamento umano[. Tarzan è senz'altro il capostipite degli uomini-scimmia e, fra i molti epigoni che ha avuto, Akim è riuscito a conquistarsi un seguito di lettori riuscendo a differenziarsi a esempio con la presenza nelle storie di animali che parlano come se fossero umani come a esempio il gorilla Arab e la pantera nera Orrg o le scimmiette Zig e Ming, l’orso Brik e il leone Rag. Divenuto adulto, insieme al gorilla Kar e dalla scimmia Zig, si trova a vivere ogni genere di avventure contro mostri e scienziati pazzi.
    Nel 1976, con l'esordio della nuova serie, le origini del protagonista vengono modificate raccontando che Akim è l'unico sopravvissuto di un disastro aereo e facendo ripartire la sua storia e le sue avventure da un nuovo inizio


    La prima serie comprende 99 numeri pubblicati dal 10 febbraio 1950 al 28 dicembre 1951 con periodicità settimanale e in formato a strisce. La seconda serie comprende 795 numeri pubblicati dal 3 gennaio 1952 al 31 marzo 1967 con periodicità settimanale e in formato a strisce. Dal 1954 al 1968 le strisce vennero ristampate più volte in cinque serie della collana “Akim Gigante” comprendenti anche storie inedite in un formato spillato simile ai bonellidi. Dal 1976 il personaggio tornò in edicola con una serie a fumetti pubblicata dapprima dalla case editrice Altamira (l’attuale Sergio Bonelli Editore) fino al 1980 e poi dalle Edizioni Quadrifoglio dal 1980 al 1983, per un totale di 84 numeri mensili più un albo speciale. Il primo numero, “Il figlio della giungla”, venne riscritto proponendo una diversa origine del personaggio. Il personaggio venne pubblicato per anni in Francia e in Germania. Quando la serie italiana venne interrotta, gli autori continuarono le sue avventure per le Editions Aventures et Voyages. Dal 2003 le storie vengono di nuovo ristampate dalle Edizioni if con le copertine di Corrado Mastantuono[.
     
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  2. olandiano

    olandiano User

    Grazie Embri

    Io avevo tanti di questi strisce. Devo avere adesso ancora, perche quelli costano giorno d'oggi tanti soldi.
     
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  3. embriaco

    embriaco User

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    Viaggio a L'Aquila: cosa resta della città otto anni dopo il terremoto

    06 aprile 2017, 9:08

    Otto anni sono trascorsi da quel 6 aprile del 2009, quando una tremenda scossa di terremoto alle 3:32 del mattino costò la vita a 309 persone e distrusse uno dei centri storici più grandi d'Italia. L'Aquila è oggi una città che cerca disperatamente una seconda opportunità, tra le ultime scosse che sembrano volerla rigettare in un terremoto senza fine e la voglia di riscatto dei suoi abitanti. idealista news ha visitato il capoluogo abruzzese per scoprirne la storia nascosta dietro le polemiche e gli scandali. Attraverso le testimonianze di chi ha vissuto e vive sulla propria pelle le conseguenze del terremoto, ma anche di chi partecipa alla ricostruzione o la racconta.
    Lorenzo De Nardis, architetto: "Oggi il centro storico de L'Aquila è un cantiere a cielo aperto"
    Nato in una famiglia di architetti, Lorenzo De Nardis, dopo gli studi è tornato a L'Aquila per partecipare alla ricostruzione della sua città. Ora gran parte della sua vita gira intorno al centro storico del capoluogo abruzzese che a differenza della periferia - ormai quasi interamente ricostruita - a otto anni dal terremoto "è un grande cantiere a cielo aperto, con qualche locale notturno, qualche abitante e qualche commerciante, che coraggiosamente ha riaperto la sua attività".
    Per quanto riguarda le tante polemiche sul progetto C.A.S.E e sulle 19 new town costruite alla periferia dei luoghi distrutti dal terremoto, "non sono un errore in sé per sé, ma perché tutta la operazione doveva essere calibrata meglio, analizzando bene il numero degli alloggi e la loro localizzazione". Adesso la grande domanda è "cosa ne vuole fare il comune di queste case? cosa ne vogliamo fare di questa città?"
    ..
    Gli abitanti del progetto C.A.S.E . "Ci dobbiamo accontentare, cosa possiamo fare?"
    Il progetto C.a.s.e, ovvero la costruzione di 19 complessi abitativi di casette antisismiche alla periferia della città e nei comuni limitrofi, per molti è stato la spia più eclatante del fallimentare processo di ricostruzione. Se in alcuni casi - come per le new town di San Antonio - si tratta di progetti riusciti, altre sono diventate tristemente famose perché soggette a crolli, come nel caso dei balconi venuti giù nel complesso di Cese. Il sospetto della Procura de L'Aquila - che ha aperto circa duecento fascicoli per infiltrazioni mafiose, tangenti e turbativa d'asta - è che siano state realizzate con materiali scadenti.
    Alcune delle ditte che hanno partecipato ai lavori di ricostruzione sono ormai fallite, lasciando sulle spalle dell'amministrazione comunale il peso dei costi di manutenzione delle strutture. Le new town sono anche al centro di un pugno di ferro tra il Comune e i terremotati, chiamati a sostenere le spese per le utenze e, a seconda delle circostanze, anche l'affitto delle abitazioni.
    ..
    Di Stefano, ass. ricostruzione de L'Aquila: "Entro il 2022 l'intera città sarà ricostruita"

    Una volta terminato lo stato di emergenza (nelle mani della Protezione Civile dell'allora numero uno Guido Bertolaso), il coordinamento della ricostruzione è passato nelle mani dell'amministrazione comunale guidata dal sindaco Massimo Cialante e dall'assessore alla ricostruzione Pietro di Stefano. Nel 2012 è stato varato un Piano per la ricostruzione dei centri storici de L'Aquila e delle frazioni che prevede "che nel 2017 sia terminato l'asse centrale della città, il punto di socialità maggiore, mentre per il 2019 dovrebbe essere portato a termine la ricostruzione del centro storico". "Io credo che entro il 2022 tutta o il 99% de L'Aquila sarà ricostruita. Dopo aver investito circa 4 miliardi e 600 milioni, adesso servono altri 2 miliardi e 400 milioni".
    Se c'è una cosa che doveva fare la politica - afferma Di Stefano - è approntare la programmazione e stanziare le risorse, tutte queste cose ci sono, a mancare sono i progetti che purtroppo faticano ad arrivare".
    ..
    Mattia Fonzi, giornalista: "Bisogna ricostruire il tessuto sociale della città"

    Dalle pagine del quotidiano NewsTown, Mattia Fonzi racconta la vita in una città che giorno dopo giorno è alla ricerca di una propria identità. Oggi parla di una città "il cui centro storico è ricostruito solo al 20% e di ritardi dovuti "alla burocrazia e a una serie di scelte sbagliate. Perché sono stati favoriti i grandi gruppi industriali, mentre sono stati trascurati gli interventi decisivi e capillari per le piccole e medie imprese, per gli artigiani e per i commercianti". "Qui la classe dirigente - prosegue Fonzi - è interessata o incompetente"
    Il grande problema de L'Aquila è legato, secondo Fonzi, alla perdita del "tessuto sociale della città". "Sarebbe necessario - afferma - un piano regolatore per limitare la costruzione al di fuori di un diametro stabilito, in modo che la città possa cominciare a riaggregarsi e avere una densità abitativa decente".
     
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  4. embriaco

    embriaco User

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    Joost Swarte

    (b. 24 December 1947, The Netherlands) [​IMG]
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    Joost Swarte is a Dutch graphic designer, illustrator and architect, and one of the most famous Dutch comic artists internationally, even though he has not made that many actual comics. Most of his better known series, like 'Jopo de Pojo', 'Anton Makassar' and 'Katoen en Pinbal' (1972-1979), were made in the 1970s. Afterwards he became far better known as an illustrator and architect. He is a follower of the "Clear Line" tradition of Hergé and Edgar P. Jacobs, and is in fact the inventor of the phrase as well. Swarte draws in a very calculated, technically precise style with much attention for bright colours and elegant design work. He is furthermore (co-)initiator of magazines like Modern Papier and Scratches, as well as the festival Stripdagen Haarlem and the Hergé Museum in Belgium.
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    He was born in 1947 in Heemstede, studied industrial design at the Academy for Design in Eindhoven, and eventually settled in Haarlem. During his studies in Eindhoven in the late 1960s, he made illustrations for local papers like De Andere Krant and Uit de Kunst. Swarte has also called himself an admirer of artists like Will Eisner, George McManus, George Herriman, Winsor McCay, Alain Saint-Ogan, Robert Crumb, Jay Lynch, Justin Green, Kim Deitch and Bill Griffith. While his main graphic influences are classic masters like Hergé and Jacobs, Swarte first made his mark within the freedom of the underground and alternative comix movement of the 1970s. He launched the magazine Modern Papier, of which he self-published ten issues in 1971 and 1972. Besides his own work, he also published stories and arwork by other artists, including Bill Bodéwes, Rob Figee, Evert Geradts, Bob Heiligers, Ever Meulen, Peter Pontiac, Jan Schoen, Mark Smeets, Jacques Verbeek, Sander Wissing and the future filmmaker Dick Maas.
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    Caesar Soda? (1973)
    In 1972, Modern Papier merged with Tante Leny Presenteert, another influential Dutch underground publication, which was edited by Evert Geradts. Swarte continued to publish comic stories in Tante Leny until 1975, and also contributed to the underground weekly Aloha (1971-1974), the newsmagazine De Nieuwe Linie, the comics fanzine Inkt, and the comix anthology 'Cocktail Comix', which he edited in 1973. He started his cooperation with Piet Schreuders' magazine Furore in 1976. Recurring characters in his stories are 'Jopo de Pojo' (sort of a 'Tintin' in disguise), art expert 'Anton Makassar', 'De Blauwe Berbers' and 'Caesar Soda'. His work contains numerous (graphical) references to classic American newspaper comics, African-American movie clichés and blues music.
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    He was closely affiliated with the Real Free Press of Olaf Stoop. He made the illustrations of the book 'De Papalagi' (1975), which was based on the controversial work from 1920 of the same name by the German novelist Erich Scheurmann, which contained descriptions of European life by a Samoan chieftain. Although presented as true accounts, the book is now regarded as fictional. The books anti-technology and pro-nature sentiments fitted well within the hippie scene, which led to a renewed popularity in the 1960s and 1970s. Swarte made a modern interpretation of the work, starring his character Anton Makassar. In 1980s, Real Free Press released a collection of Swarte's comics, called 'Modern Art'. Swarte also made the designs for the Real Free Press editions of the work of classic American newspaper artists like George Herriman and George McManus.
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    Katoen + Pinbal (1973)
    Swarte acquired a more mainstream audience through his cover illustrations for the Malmberg school magazines Okki and Jippo from 1972. Between 1972 and 1979, these magazines also ran his comic strip 'Katoen+Pinbal', about a clown, an anthropomorphic dog and a mouse. Flip Fermin made an additional story with the characters for a 1976 holiday book. Swarte's illustrations have appeared regularly in the Dutch newsmagazine Vrij Nederland, for which he made the comic strip 'Dr. Ben Cine' (1978) and the section 'Niet zo, maar zo' (1982-1990), a series of illusive drawings.
    Joost Swarte was one of the artists involved in the 'Toon en Toos Brodeloos' strip, which a team of seven artists produced in 1976 for VPRO-Gids, the magazine of broadcasting company VPRO. Each episode was a satirical story about one of the Dutch broadcasting companies, drawn by a different artist. Swarte did the one about AVRO, while the other artists were Evert Geradts (KRO), Aart Clerkx (VARA), Joost Troost (EO), Rob Gorter (NCRV), Harry Buckinx (VPRO) and Fred Julsing (TROS). The stories were collected in a book by Har van Fulpen's Drukwerk in 1976.
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    During the 1980s, Swarte steadily gained international recognition. As early as 1974, he had some of his work published in Charlie Mensuel in France, and later in that decade he also published his work in the Flemish weekly Humo. He took part in the international comic show Salon International de la Bande Dessinée in Angoulême for the first time in 1980, and in 1984, a survey of his work called 'Swarte, Hors Série' was published by Futuropolis. He has regularly made illustrations and covers for the influential US magazine The New Yorker (as well as the strip 'We'll Make It'), and contributed to the comic anthologies RAW and Little Lit by Art Spiegelman and Françoise Mouly. His work was also featured in the Italian architecture magazine Abitare.
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    Throughout his career, Swarte has studied and explored graphical styles and graphical narratives. He coined the term "Clear Line" ("Ligne Claire") during a Hergé exhibition in Rotterdam in 1976. He described the style through its use of clear lines of the same width, solid and bright coloring and no hatching, all to gain a maximum readability of the drawing. The style had its origins in the Brussels school of Hergé in the 1940s, but knew a revival in the 1970s and 1980s, with Swarte as one of its main representatives. In Holland, artists like Theo van den Boogaard, Dick Briel and Eric Heuvel have applied the Clear Line in Swarte's footsteps. Yves Chaland, Ted Benoit, Serge Clerc and Jean-Claude Floc'h relaunched the style in France, while Chris Ware is one Swarte's main artistic followers in the USA. In Belgium, his graphical counterpart can be found in Ever Meulen. The French artist Blexbolex also ranks Swarte among his main influences.
    In his illustrated encyclopedic book 'Kop en staart' (De Bezige Bij, 2014), Swarte gave an overview of all aspects of storytelling. From character to plot and from oxymoron to catharsis; all is explained with the help of the three blind mice from the British nursery rhyme. In 2017 he released a picture book about the Dutch art movement De Stijl (The Style), of which Piet Mondriaan, Bart van der Leck and Gerrit Rietveld were the main representatives. The book, 'En toen De Stijl', was published by the Municipal Museum of The Hague and the publishing house Leopold on the occasion of the movement's 100th anniversary and a related exposition in the museum.
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    Stamps designed by Joost Swarte in 1984
    Not limiting himself to the comic genre, Joost Swarte is a successful illustrator, designer, architect and stained-glass artist, always recognizable for his Clear Line. He notably illustrated the Nescio novels 'De Uitvreter', 'Titaantjes' and 'Dichtertje', and made designs for stamps, watches, furniture, posters (Holland Animation Film Festival, North Sea Jazz Festival, a.o.) and record covers (for Hansje Joustra's labels No Fun and Torso). He worked with Dutch musician Fay Lovsky on her 1991 album 'Jopo in Mono', which was based around Swarte's comics character 'Jopo de Pojo', and featured artwork by Swarte to illustrate the CD box and the songtexts. As a designer of furniture, he is famous for his so-called "carrot-table", a glass table held up by four big carrot-shaped legs. In architecture, he has made his mark by designing a theatre in Haarlem, called the Toneelschuur. He has applied himself to making stained glass artwork, which has been used in the design of several housing-blocks in Amsterdam, as well as a swimming pool in Breda. His work has been exhibited all over Europe.
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    Joost Swarte has established himself as an advocate of comics in the art scene. As co-owner of publishing company Oog & Blik, he has been responsible for the design of many Dutch prize-winning books since 1985. In 2014, he also joined Joustra's new publishing project, Scratch Books, as an adviser. Swarte and Joustra launched the annual comics magazine Scratches, of which the first edition was published in October 2016. It contained work by both contemporary and classic Dutch, Flemish and international artists. Swarte was furthermore one of the founders of the biennial comics convention Stripdagen Haarlem in 1994, and of the Musée Hergé in Louvain-la-Neuve.
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    It was a dark and silly night (2002)
    Joost Swarte won the Stripschapprijs for his entire oeuvre and his contribution to comics in general in 1998. In April 2004, he received a knighthood in the Order of Orange-Nassau from Her Majesty Beatrix, Queen of The Netherlands. He won the Marten Toonder Prize for his entire comics oeuvre in 2012. A compilation of most of his comics work was published under the title 'Bijna Compleet' ('Nearly Complete') by Oog & Blik in 2011. This collection was also published in France ('Total Swarte'), the US ('Is That All There Is?') and Spain ('Casi Completo').
    Lambiek will always be grateful to Swarte for illustrating the letter "K" in our encylopedia book, 'Wordt Vervolgd - Stripleksikon der Lage Landen', published in 1979.
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    Joost Swarte and Hansje Joustra during the opening of Swarte's exposition at Gallery Lambiek in 1990
     
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  5. olandiano

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  7. embriaco

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    [​IMG] Cusco: La Montaña Arcoiris Vinicunca
    2016

    22/06/2016
    E' davvero sorprendente che fino a poche settimane fa questo « miracolo geologico » fosse completamente sconosciuto. Cusco è considerata una della città più belle del mondo, e sono talmente tante i luoghi e le attrazioni da visitare qui, nell'ombelico del mondo e nella Valle Sacra degli Inca, che può succedere che posti sbalorditivi come la Montaña Arcoiris non vengano presi in considerazione.
    La Montaña Arcoiris (5000m di altitudine), anche conosciuta come Monte Vinicunca, in lingua indigena quechua, si trova nel cuore della Cordillera del Vilcanota, la più estesa del pianeta (oltre 7000km di estensione), a circa un centinaio di km dalla città di Cusco. In questa zona, quasi tutti i viaggiatori, si recano per vedere uno degli Apu più conosciuti della cordillera, l'Ausangate, un ghiacciaio alto 6,372 metri, ma pochi ancora conoscono la possibilità di fare una variazione al trekking classico per visitare la Montaña Arcoiris.
    La Montaña Arcoiris è conosciuta anche con il nome di Montagna dei 7 Colori, e gli abitanti delle comunità vicine la chiamano anche Cerro Colorado (monte colorato) : la varietà dei nomi nasce dalle visite dei primi viaggiatori avventurieri e dalla fantasia delle persone che vivono nei pressi di questo luogo magico. L'emozione che la natura ci regala in questo luogo è indescrivibile : gli altipiani, i ruscelli, le valli e i ghiacciai sono la cornice perfetta assieme agli animali come lama, alpaca e ovini andini.
    Questo paesaggio pieno di colori, creati da sedimenti di pietre e minerali in erosione, sono un « incidente geologico » fra i più belli e spettacolari che si possano visitare : National Geographic, anche per queste ragioni, ha incluso la Montaña Arcoiris fra i 100 luoghi da visitare assolutamente almeno una volta nella vita.

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    Lontano dal turismo di massa, si estende una zona del Sud America dalla bellezza selvaggia, dove profondi laghi si alternano a canyon vertiginosi: le Ande peruviane.
    Ogni vero viaggiatore sogna terre inesplorate, percorsi fuori dal sentiero battuto e paesaggi di selvaggia bellezza. Il Perù ha conservato, fino ad oggi, luoghi in cui sembra che il tempo si sia fermato, panorami indimenticabili in paradisi remoti ancora tutti da scoprire.
    Le Ande pullulano di angoli nascosti, e i segreti di queste montagne sono stati conservati così gelosamente da non essere completamente conosciute neanche al giorno d’oggi.
    Sottratto alla vista dei più, c’è “El Camino del Apu Ausangate“: uno spettacolare viaggio a piedi che si snoda attraverso scenari che cambiano di giorno in giorno.
    innevati, vette rosso fuoco, anguste paludi fanno da cornice al percorso fino a Vinicunca, la montagna arcobaleno.
    “Apu” è l’appellativo che gli abitanti locali danno alle dodici vette sacre del Perù, a cui appartiene anche Ausangate, prediletta meta di molti viaggiatori.
    Pochi ancora conoscono la possibilità di fare una variazione per visitare anche la montagna colorata. L’escursione, a seconda delle preferenze del viaggiatore, può durare da uno ad un massimo di sei giorni. Si svolge ad un’altitudine di circa 5.000 metri e comincia a Tingue, un piccolo villaggio in cui si arriva solo dopo 3 ore di guida da Cusco.
    Vinicunca, che tradotto dalla lingua quechua significa “la montagna dai sette colori“, è una meraviglia da non perdere se vi trovate in questa zona.
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    La sua poca notorietà è data dal fatto che, per anni, è rimasta celata sotto uno spesso strato di ghiaccio, che una volta dissolto, ha rivelato al mondo l’incredibile bellezza che nascondeva.
    La composizione rocciosa gioca un fattore determinante. Infatti, se milioni di anni fa non si fossero depositati materiali come ferro, dolomite, zolfo, rame ed ematite, oggi non potremmo ammirare uno spettacolo veramente unico.
    La fatica della lunga camminata non sarà più un problema una volta che i vostri occhi si ritroveranno davanti ad un arcobaleno caduto in terra: il rosso, il giallo ocra, l’azzurro e il verde si alternano a sinuose striature di colori caldi.

    Impossibile non visitare le piccole comunità locali disseminate lungo il tragitto, che tengono intatte la cultura millenaria e le tradizioni anch’esse fatte di mille colori e sfumature sgargianti. Insieme a loro: alpaca, lama e vicuña, gli animali autoctoni dal manto pregiato che popolano gli altipiani andini da secoli.
    Il Perù non è solo Lima, Macchu Picchu, Nazca o il lago Titicaca.
    Se siete disposti a rinunciare ai comfort di tutti i giorni per vivere un’avventura rara e di altri tempi, la montagna arcobaleno vi travolgerà con il suo vortice di colori, mistero e fascino e vi regalerà un’esperienza unica ed indimenticabile!
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    Last edited: Aug 18, 2017
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  8. embriaco

    embriaco User

    “Il mio nome è Dylan Dog”: storie, segreti e avventure dell’indagatore dell’incubo
    E' il settembre del 1986 quando in Italia arriva un Eroe che sarà destinato a rimanere per sempre nella storia dei fumetti. E' Dylan Dog, l’indagatore dell’incubo, nato dalla straordinaria capacità inventiva di Tiziano Sclavi, scrittore di numerosi romanzi e racconti che si collocano tra il fantastico, il noir, l’horror e il surreale. La storia, il personaggio e alcune curiosità sul più celebre protagonista della serie "horror" italiana.
    di Alda Teodorani
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    Sclavi con il suo personaggio crea un grande, imprevedibile successo nell’editoria a fumetti e un autentico e insuperato fenomeno di costume, oltre naturalmente a dare nuova linfa vitale al fumetto horror italiano. Le tematiche del fantastico, della fantascienza e dell’orrore sono del resto spesso presenti in Tex, Zagor e Mister No, editi da Bonelli, che si è quindi trovato subito entusiasta della proposta di Tiziano Sclavi, già autore di numerose storie di Zagor e di Mister No, ma anche di Martin Mystere e di Ken Parker e ideatore, tra gli altri personaggi, di Roy Mann e di Kerry il trapper, quest’ultimo apparso in appendice al Comandante Mark (mentre tra i suoi lavori giovanili più riusciti si ricordano Archivio Zero, Philly, e Altai e Jonson, tutti pubblicati sul Corriere dei Ragazzi). Inizialmente unico autore delle storie di Dylan Dog, in seguito Sclavi si è avvalso di altri notevoli collaboratori, come Claudio Chiaverotti, Gianfranco Manfredi, Mauro Marcheselli, Luigi Mignacco, Giuseppe Ferrandino, Pasquale Ruju e, in alcune storie, di Alfredo Castelli, creatore di Martin Mystere.
    Dylan Dog, romantico e dark, tormentato e problematico, vede diversi riferimenti a personaggi quali Sherlock Holmes di Conan Doyle, John Silence di Algernon Blackwood, Carnaki di William Hope Hodgson.
    Avrebbe dovuto chiamarsi Francesco Dellamorte
    Inizialmente il nome dell’indagatore dell’incubo avrebbe dovuto essere Francesco Dellamorte (protagonista del romanzo sclaviano Dellamorte Dellamore), con il suo assistente Gnaghi, e il teatro delle avventure Buffalora e l’Italia; quindi si preferì optare per Dylan Dog, con ambientazione a New York, e infine si arrivò all’attuale definizione di personaggi e luoghi. Come si sa, Dylan Dog è un uomo alto e magro, sui trent’anni, ex agente investigativo a Scotland Yard, ex alcolizzato e unico detective che indaga solamente su casi inspiegabili, irrazionali e paranormali, sui delitti e gli agghiaccianti misteri che, di volta in volta, tra realtà e illusione vedono protagonisti famelici zombi e deliranti assassini psicopatici, fantasmi e licantropi, vampiri e blob, streghe e demoni, mummie e mostri di Frankenstein. Ma l’indagatore dell’incubo compie anche viaggi fuori dal corpo, naviga nei meandri della psiche umana, agisce in universi sovrapposti o paralleli, vive all’interno di visionari squarci spazio-temporali, discende negli inferi e sale negli spazi siderali. Accanto alle rivisitazioni dei classici mostri dell’immaginario orrorifico, esistono quindi suggestioni metafisiche e oniriche, come anche intrecci thrilling in cui Dylan deve smascherare un insospettabile quanto feroce assassino.
    Indagini e avventure
    Nelle indagini di Dylan Dog, oltre alla parapsicologia e al paranormale, sono contemplate anche le nuove creazioni della tecnologia e della fisica, le scoperte dell’archeologia, senza dimenticare le citazioni filosofiche, poetiche e artistiche (queste ultime espresse con immagini che rendono omaggio a opere di autori quali Munch, Dalì, Hopper, Schiele e Bosch).
    Le avventure di Dylan Dog, il più delle volte caratterizzate da un inquietante finale “aperto”, non sono quindi soltanto orrorifiche, anzi molte volte uniscono più generi, dal fantascientifico al noir, attraverso una narrazione ad incastro, colma di storie e sottostorie, del tutto unica nella sua dimensione sospesa, allo stesso tempo reale e fantastica, dove le categorie del bene e del male non sono nettamente divise ma al contrario risultano sovrapponibili.
    Tutto Dylan in breve
    Dylan vive a Londra, al numero 7 di Craven Road (il campanello del suo appartamento, che appare come una specie di museo pieno di icone horror, urla) insieme al surreale assistente Groucho, ex attore comico identico a Groucho Marx e spalla indispensabile dell’indagatore dell’incubo; la sua caratteristica principale è quella di pronunciare, spesso a sproposito, una inesauribile e inarrestabile valanga di battute, freddure e barzellette assurde e demenziali. Dylan ha due hobby: per rilassarsi suona il clarinetto (conosce un unico spartito, Il trillo del diavolo di Tartini) e costruisce il modellino di un galeone, che non riesce mai a finire; indossa giacca nera, camicia rossa fuori dai pantaloni, jeans e clark’s, non porta mai il cappotto, neanche con la neve e la sua tariffa iniziale è di cinquanta sterline al giorno più le spese. Dichiara di essere dotato di un “quinto senso e mezzo”, che lo aiuta a risolvere le indagini più oscure. Non fuma, è vegetariano e animalista, è contrario a ogni forma di censura e fondamentalmente antiautoritario e antimilitarista. Ama la musica classica e rock, ha paura dell’aereo, è claustrofobico e soffre di vertigini e, non raramente, di depressione. Si muove con un maggiolone cabriolet targato DYD 666, non ha mai molti soldi in tasca e spesso si fa offrire la cena dalla ragazza con cui si trova. È capace di rivedere infinite volte lo stesso film, soprattutto se si tratta di un horror o di un thriller. La sua esclamazione favorita è “Giuda ballerino!”. Ha un vecchio revolver (una pistola Webley a tamburo) che Groucho gli lancia nei momenti di pericolo. Il passato dell’indagatore dell’incubo è enigmatico, nasconde più di un mistero e si chiarirà soltanto nel numero cento della serie, La storia di Dylan Dog. Bel tenebroso (per la sua immagine Sclavi e i disegnatori si sono ispirati all’attore Rupert Everett), malinconico, sognatore, poetico ed eternamente ragazzo, Dylan conosce moltissime belle ragazze, spesso sue clienti, con cui ha molto successo; si innamora della maggior parte di loro: con qualcuna si tratterà solo di una effimera relazione, ma con altre, anche se comunque di breve durata, l’amore sarà indimenticabile. Nonostante il suo temperamento sentimentale e romantico, Dylan Dog sa essere deciso e freddo quando le circostanze lo richiedono: si immerge completamente in una indagine spesso soffrendo e pagando in prima persona le sue scelte.
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    I riferimenti cinematografici in Dylan Dog
    Da appassionato di cinema e letteratura horror, Sclavi inserisce nelle storie di Dylan Dog, a partire dal primo numero della collana, precisi riferimenti cinematografici (la stessa narrazione, fantasiosamente e tecnicamente ritmata, apparenta il fumetto di Sclavi alla struttura filmica) e letterari; film di registi come Dario Argento, George Romero e John Carpenter vengono citati e rivisitati, ma compaiono anche reinvenzioni da pellicole di cineasti come Alfred Hitchcock, Billy Wilder e Martin Scorsese; sono presenti quindi espliciti omaggi ai maestri della narrativa orrorifica Poe, Lovecraft, Stevenson, King e della fantascienza Richard Matheson e Ray Bradbury, anche se non mancano altrettanti omaggi a grandi scrittori come Borges o Kafka. Ma Sclavi non si limita a meri omaggi e citazioni, poiché in realtà queste vengono rielaborate e riadattate secondo lo stile dell’autore, che reinventa la tradizione horror attraverso una sorta di stimolante e coinvolgente gioco dell’immaginario fantastico in continua e inedita rielaborazione narrativa. Da un certo punto in poi della serie esiste, infatti, quasi una complice sfida tra Sclavi (e gli altri sceneggiatori) e i lettori, perché questi ultimi scoprano le singole citazioni contenute in un albo e scrivano alla rubrica della posta (importante punto di riferimento per comprendere le tendenze e i miti giovanili del genere horror, estesi nei loro vari settori) è solo il primo tassello di uno stretto e continuo contatto tra il personaggio Dylan Dog, i suoi autori e il pubblico dei lettori. Nel tempo, questo contatto assumerà forme sempre più diverse e coinvolgenti: mostre, fiere, convegni e un festival di cinema horror, il “Dylan Dog Horror Fest”.
    I segreti del grande successo
    Uno dei segreti del successo di Dylan Dog (insieme all’inossidabile Tex e alla Disney, il fumetto più venduto in Italia), cominciato in sordina all’epoca dell’uscita del primo numero e poi esploso nel giro di pochi mesi in maniera eccezionale, è senz’altro quello di abbinare il concetto di fumetto popolare, che contiene quindi elementi subito facilmente riconoscibili e di immediata partecipazione, al concetto di fumetto d’autore, riscontrabile sia nella concezione stessa delle storie di Sclavi e degli altri sceneggiatori che nei disegni, opera dei più talentuosi autori italiani. Tra loro Angelo Stano (copertinista di Dylan Dog a partire dal numero 42 e disegnatore di alcuni fondamentali episodi), Claudio Villa (autore di tutte le copertine fino al numero 41), Corrado Roi, Giovanni Freghieri, Carlo Ambrosini, Giampiero Casertano, Claudio Castellini, Luigi Piccatto, Ferdinando Tacconi, Bruno Brindisi, Franco Saudelli, Luigi Siniscalchi, Montanari & Grassani: a questi prestigiosi nomi si aggiungeranno poi i nuovi talenti nati in quella autentica fucina del fumetto rapresentata dalla casa editrice di Sergio Bonelli.
    Altro fondamentale segno che contraddistingue Dylan Dog è quello di coniugare l’orrore (spesso, in particolar modo nelle prime storie, dichiaratamente splatter) all’ironia, sia con la presenza di Groucho che con altri personaggi come l’ispettore Bloch, amico di Dylan, o lo strampalato professor Wells, ma non di rado è proprio l’indagatore dell’incubo a stemperare con una battuta una situazione troppo tesa. Ed è proprio giocando sul filo tra serietà e ironia che vengono risolti molti avvenimenti drammatici o pericolosi.
    Non meno importanti risultano le molteplici varianti orrorifiche e fantastiche metaforizzate come chiavi di lettura per interpretare il presente, le contraddizioni e i problemi del mondo odierno. Dylan Dog esprime i conflitti, i dubbi e i disagi giovanili, il malessere, la ribellione e la libertà di un’età realmente speciale e spesso estrema; i suoi lettori, tendenzialmente tra i dodici e i trent’anni, si sentono in un certo senso rappresentati dall’indagatore dell’incubo. Dalla sua insoddisfazione nei confronti della società in cui vive e dalla sua disillusione, ma anche dalla sua generosità e dalla sua passionalità. In Dylan trovano un fumetto scritto e disegnato ottimamente, un divertimento assicurato e quel qualcosa in più, che può essere rappresentato dal significato dell’amore, da interrogativi esistenziali (incomunicabilità, smarrimento della propria identità, follia del vivere quotidiano) o dalle problematiche sociali insite nelle storie dell’indagatore dell’incubo (dall’ecologia al razzismo). Esempio probabilmente unico nel panorama degli eroi del fumetto italiano, Dylan incontra inoltre un crescente e imprevedibile successo da parte di un pubblico di giovanissime, che divengono tra i suoi più agguerriti e incondizionati fan. Non è un caso, quindi, che se da una parte Dylan Dog registra uno straordinario successo di pubblico, assolutamente senza precedenti, dall’altra si riscontra anche un altrettanto interessante successo dal punto di vista della critica. Non sono soltanto le riviste del settore ad occuparsi dell’indagatore dell’incubo, ma anche le terze pagine dei quotidiani, così come le pagine della cultura dei più importanti settimanali. Insieme ai romanzi di Stephen King, Dylan Dog contribuisce fortemente alla divulgazione del fenomeno dell’horror, su carta stampata e pellicola, che comincia in qualche modo ad essere sdoganato ed è finalmente riconosciuto quale dimensione culturale prediletta da schiere di fedelissimi.
    Dylan Dog è senza dubbio il capolavoro italiano del genere horror, fumetti basati su storie dark e paurose che includono personaggi come zombie, mostri, vampiri e altre creature. Nello stesso periodo in cui nacque Dylan Dog, in Italia fiorirono molti esempi di fumetti horror pubblicati su varie testate e caratterizzati dall’uso su larga scala di schizzi di sangue.
     
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  9. embriaco

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    Il fumetto inglese, poco ma buono


    [​IMG]Il fumetto britannico deriva dalla grande scuola di disegnatori che nell’Ottocento illustrarono molti capolavori della letteratura e punzecchiarono la società vittoriana con vignette sul Punch e altri periodici satirici. Il primo personaggio di popolarità mondiale nato nel Regno Unito è stata la simpatica, spigliata e un po’ spogliata (involontariamente) Jane ideata alla fine del 1932 da Norman Pett e a lungo protagonista di avventure giallo-rosa in salsa sexy. In seguito sarebbero giunti molti altri personaggi, per lo più avventurosi o fantascientifici, come Buck Ryan, Dan Dare, Jeff Hawke, o come Matt Dillon, James Bond o Modesty Blaise, nati però sulle pagine di libri o film di successo. Tralasciando un terzetto di piccoli eroi legati al mondo del lavoro, come l’eterno disoccupato Andy Capp, l’impiegato annoiato Bristow o il fannullone Tommy Wack, metalmeccanico molto a disagio in fabbrica, uno dei più famosi personaggi del fumetto britannico è senz’altro Garth, ideato nel 1943 da Steve Dowling e realizzato da vari disegnatori, il migliore dei quali è stato Frank Bellamy. La prima storia di Garth è uscita dal 24 luglio sul Daily Mirror e nelle prime vignette il protagonista appare come un naufrago in balia delle onde (una situazione che una ventina di anni dopo aprirà la Ballata del Mare Salato di Pratt). Salvato da una nave, incontrerà il geniale professor Lumière che lo aiuterà a superare i momenti difficili e diverrà suo amico, confidente e collaboratore. [​IMG]La caratteristica di Garth – un giovane robusto, sveglio, sognatore ma anche pronto all’azione – è quella di viaggiare attraverso il tempo, forse più con la fantasia che realmente, e le storie che racconta offrono l’occasione per fare un vero e proprio giro del mondo, non solo nello spazio ma soprattutto nel tempo. Ecco allora che Garth si trova immerso nella battaglia di Little Big Horn, o tra i conquistadores spagnoli, sulle tracce di Jack lo Squartatore o tra le orde mongole, nel Rinascimento italiano o in mondi alieni quasi ai confini della galassia. Sono storie rigorose sul piano scientifico e piacevoli su quello avventuroso, con il nostro eroe sempre al centro di momenti cruciali e spesso drammatici della storia del mondo, ma sempre schierato in difesa della giustizia, dei deboli, degli sfruttati, contro i violenti, i malvagi o i barbari secondo l’eterno messaggio – educativo si potrebbe dire, esagerando un po’ – di tutti i fumetti.

    Jane, la prima eroina sexy


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    Betty Boop, con gli occhioni maliziosi e un vestitino stretto e fin troppo corto, sgambettava già da un paio di anni sugli schermi americani, quando nella tradizionalissima e conservatrice Gran Bretagna apparve Jane, una brillante e spigliata ragazza che soprattutto negli anni del secondo conflitto mondiale divenne il simbolo dell’immaginario erotico dei soldati britannici, al pari della bella ragazza che nello stesso periodo Milton Caniff disegnava nelle strisce di "Male Call" per gli americani in divisa. Jane è la simpatica protagonista di una lunga serie iniziata il 5 dicembre 1932 da Norman Pett per il Daily Mirror, e passata in seguito nelle mani di Mike Hubbard. Oggi il mondo dei fumetti è fin troppo ricco di belle ragazze, ma a quell’epoca – ottant’anni fa e dintorni –
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    le donne comparivano quasi solo nel ruolo di fidanzate o di compagne maldestre che si mettevano nei guai per poi permettere al loro uomo di salvarle. Jane invece fa tutto da sé, è intraprendente e indipendente, con Giorgio che più che un fidanzato è un cavalier servente, e Fritz von Pumpernikel, un cane bassotto celebre quanto quello del Signor Bonaventura. Le storie spaziano dal rosa al giallo, con alcune parentesi militari – spionaggio per lo più – negli anni di guerra, e con molte vicende che ripropongono, in maniera romanzata, personaggi e situazioni dell’attualità. Jane è brava in tutto, ma la sua specialità sono gli spogliarelli involontari: basta un colpo di vento, uno spigolo, un chiodo dispettoso per lasciarla in biancheria intima, seppure di gran classe, e mostrare senza malizia quello che non sempre si intravede sotto i suoi vestiti, talora anche un po’ goffi perché per portare a termine le sue missioni Jane si traveste, senza badare troppo alla moda. Ma "sotto" è sempre perfetta, la sua biancheria forse arriva da Parigi, è fresca di bucato e odorosa di profumi. Quanto basta per far sognare gli uomini e conquistare un successo lungo decenni. (Carlo Scaringi).


    Jane Austen di Manuela Santoni: un fumetto per raccontare la vita della celebre scrittrice

    7 marzo 2017 · by Chiara Montani
    Una volta Virginia Woolf disse che Jane Austen rappresentava «l’artista più perfetta tra le donne». Un’affermazione importante e un evidente attestato di stima verso la scrittrice inglese, considerata tutt’oggi una figura fondamentale della narrativa preromantica e riconosciuta come una delle prime autrici ottocentesche ad aver saputo raccontare con arguzia l’universo femminile.
    Nel 2017 cade il duecentesimo anniversario della sua morte e sugli scaffali delle librerie pian piano hanno iniziato a comparire opere inedite a lei dedicate – graphic novel e albi illustrati –, insieme a nuove edizioni dei suoi romanzi arricchiti da pregevoli illustrazioni. La casa editrice BeccoGiallo è stata la prima in questo scorcio d’inizio anno a omaggiare Jane Austen, con una biografia a fumetti sulla scrittrice curata da Manuela Santoni, illustratrice e fumettista romana, che ha già all’attivo diverse pubblicazioni nel panorama della letteratura per l’infanzia con De Agostini, Il Castoro e Piemme. Jane Austen costituisce la sua prima opera completa e possiamo dire fin d’ora che si tratta di un lavoro eccellente sotto più punti di vista.
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    Il romanzo a fumetti si apre con un’epistola. Siamo nel 1817, Jane ha quarantadue anni, è prossima alla morte e sta scrivendo le sue ultime volontà in una lunga lettera indirizzata alla sorella Cassandra. Cara Cassandra, ti ricordi di quando eravamo piccole? A questo punto ha inizio un lungo flashback nella giovinezza della scrittrice. Le prime pagine sono divertenti, fresche e lievi e introducono il lettore in un vero e proprio racconto d’infanzia ottocentesca, che vede come protagonista una bimba dall’indole ribelle, che ama la letteratura ed è poco incline alle velleità delle dame di quell’epoca. La Santoni, con un bianco e nero pulito ed essenziale, restituisce delle bellissime espressioni facciali che rispecchiano perfettamente la natura anticonvenzionale dei personaggi ritratti. In particolar modo, le tavole dedicate all’amore di Jane per i libri esprimono un’atmosfera soffusa e leggera, quasi onirica.
    [​IMG][​IMG]Jane non ama suonare né cucire e solo attraverso la lettura riesce a soddisfare il proprio io interiore ed essere contemporaneamente in ogni luogo e tempo. L’esigenza di leggere, scrivere e raccontare diventa così la sua ragione di vita, il solo modo per poter percepire dentro di sé una sensazione di libertà capace di calmare il suo animo irrequieto. Jane ha una straordinaria dote da narratrice e ben presto si comincia a parlare dei suoi racconti anche nei salotti e nei circoli letterari dello Hampshire. La sua vita scorre tra epistole, balli, letture e il successo dei primi romanzi, fino a quando accade qualcosa che non ci aspetteremmo da lei o, chissà, forse sì: la nostra protagonista si innamora di Tom Lefroy, il primo e unico uomo per cui Jane arriverà a confondere realtà e fantasia. Da qui in poi il romanzo diventa più spedito e appassionato, in linea con il battito del cuore dei protagonisti.
    Tutti i romanzi dell’autrice inglese sono ispirati dalla forza dei personaggi femminili e raccontano il loro desiderio di affermarsi nel contesto sociale in cui vivono, la determinazione nel perseguimento di un obiettivo legato alla loro realizzazione e la maturazione di donne complete. Sono proprio queste caratteristiche ad aver elevato le eroine austeniane a un ruolo di primo piano nella storia della letteratura, grazie alla loro forza di volontà e alla profonda dignità femminile, in un mondo ancora dominato dal potere patriarcale. Così Jane ci appare come la fusione di tutte le donne nate dalla sua penna e le ultime pagine del romanzo grafico di Manuela Santoni esprimono al meglio questa condizione esistenziale mostrandoci una donna piena di vita e di carattere, sognatrice, paziente e tormentata; un po’ Emma, un po’ Fanny, un po’ Elizabeth e un po’ Catherine. Una donna forte che avrebbe lasciato ai posteri un’idea di sé simile alle donne che era riuscita a creare.
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    La composizione dell’opera rimane minimalista fino alla fine, il flashback prosegue lineare, sempre in bianco e nero, interrotto solo da un ritorno repentino al tempo presente – una sequenza dove spiccano due affascinanti tavole “a medaglione” che accostano la Jane giovane a quella quarantaduenne – e da un’incursione nella storia che sarà poi conosciuta col titolo di Orgoglio e pregiudizio. I dialoghi e le didascalie essenziali donano un ritmo molto vivace e scorrevole al racconto ed è come se lo stile di scrittura austeniano – caratterizzato da dialoghi con scambi di battute veloci e incisive, presenza di narratore onnisciente e discorso indiretto libero – rivivesse coerentemente tra i balloons di Manuela Santoni. E proprio tale semplicità di forma e contenuto rende il fumetto adatto anche ai ragazzi più giovani, dagli 11 anni in su, e possiede sicuramente il potenziale per riuscire ad avvicinarli ai meravigliosi romanzi della Austen. Per concludere, segnaliamo che in coda all’opera è collocato un interessante saggio di Mara Barbuni, studiosa di letteratura d’oltremanica, che approfondisce la vita e lo stile della scrittrice inglese, aiutando così i lettori alle prime armi a contestualizzare l’opera fumettistica con gli adeguati riferimenti storici e culturali.
     
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    Che bella storia embri...:)
     
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    Off-Side, il giornale “fuorigioco”

    22 settembre 2014 | di Alberto Brambilla
    Un giornale irriverente e informale nei contenuti e nell’aspetto, che ha battuto una via personalissima tra le varie testate nate nel solco di Linus. Questo è stato Off-Side, “Giornale «fuorigioco» intraprendente di Comics, Cultura (?) e varia Umanità”, datato 1969-1970.
    Nata come quindicinale, la testata iniziò ben presto iniziato a “bucare” le uscite, per poi chiudere, riaprire e infine prendersi una vacanza che non sarebbe mai terminata. Diciassette numeri in 2 anni sono troppo pochi per lasciare un segno indelebile nella storia del fumetto. Nonostante questo, Off-Side è certamente una rivista che vale la pena riscoprire.
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    Per distinguersi dai tanti epigoni di Linus, Off-Side scelse innanzitutto il formato: un tabloid, composto da 32 pagine, la cui prima pagina presentava titoli a caratteri cubitali e le anteprime dei contenuti del numero. A ribadire la formula, più vicina a quella di un giornale che di una rivista, c’era anche il prezzo: 90 lire, come diversi quotidiani in quegli anni. Nelle splendide copertine, ad attirare lo sguardo in edicola erano quindi soprattutto i caratteri tipografici (numerosi e differenti tra loro), i dettagli di alcune vignette e i colori, fortissimi. Il giornale era infatti stampato in bicromia, nero + un altro colore: giallo, arancione, rosso, verde… Colori accesi, saturi, in grado di produrre un effetto pop che non può non farci guardare a Off-Side, oggi, come ad una delle testate dall’impatto grafico più vivace dell’intera storia del fumetto italiano. Per quanto riguarda i contenuti, invece, anche Off-Side seguiva la linea tracciata dalla capofila: rubriche di varia cultura, impegno politico, riscoperta del fumetto classico, strisce umoristiche e grandi autori italiani.
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    Brevissima vita editoriale

    Off-Side viene pubblicato nel maggio del 1969 dall’Editoriale Nova di Roma, e termina la sua avventura dopo 12 numeri, quindicinali perciò solo talvolta, il 25 novembre dello stesso anno.
    Il numero 13 porta la data del 13 maggio 1970. L’Editoriale Nova ha chiuso insieme alla rivista, ed è subentrato l’Editore Il Drago, un’associazione dei redattori della rivista che hanno deciso di farla risorgere. Il nuovo corso – in formato ridotto, 17×24 – ha vita brevissima. Con il numero 17 Off-Side cambia ancora formato, ingrandendosi di qualche centimetro, e annuncia una breve sospensione delle pubblicazioni. In realtà, non uscirà più.
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    Annuncio della pausa delle pubblicazioni, Off-Side 17
    Politica e cultura

    L’editore Maurizio Capra fonda il giornale per dare voce alle “idee giovani che aveva e permettere ai giovani di esprimerle a loro volta” (dall’editoriale del n.13), e già dal primo numero chiede ai lettori di partecipare attivamente, non solo mandando lettere e disegni, ma proponendo anche storie, racconti e fumetti. Leggendo gli editoriali e le rubriche di Off-Side si percepisce un senso di comunità, che fa perfettamente eco al clima culturale tra fine anni Sessanta e Settanta: sono scritte per un pubblico di pari, con un linguaggio divertente e informale. Non c’è retorica nemmeno negli articoli che trattano temi politici, ma una scrittura schietta, a tratti appassionata e coinvolgente. Lo sguardo sulla politica, ovviamente, è da sinistra.
    Le rubriche trattano di televisione e letteratura, e di cinema, fra cui vale la pena ricordare un’interessante intervista a Elio Petri, pubblicata sul n.15. Di musica scrive invece Carlo Basile, discografico che ha contribuito al successo in Italia di gruppi come Deep Purple, Pink Floyd, Eurythmics. A scrivere di sport troviamo invece la firma di Sandro Ciotti, già affermato giornalista RAI.
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    “Off-Sound”, a cura di Carlo Basile, Off-Side 2
    A rappresentare il fumetto, “L’angolo del collezionista” curato da Franco De Giacomo, uno dei primi, grandi nomi del collezionismo italiano. Ogni puntata raccontava un momento della storia del fumetto a partire da quanto era possibile reperire allora sulle bancarelle degli antiquari, dai giornali anteguerra alle pubblicazioni francesi, fino ai vecchi albi a striscia su cui si concentrava l’attenzione degli amatori dell’epoca.
    Strisce “linusiane” e strisce italiane

    Sempre sull’esempio di Linus, la maggior parte delle pagine di Off-Side era occupata da strisce umoristiche di provenienza americana o britannica. E se le più famose erano in mano a editori più grandi dell’Editoriale Nova, il giornale ospitava ugualmente chicche come L’arca di Olaf I° di Addison, pseudonimo di Mort Walker, Hi & Lois sempre di Walker e Dik Browne, e Bristow di Frank Dickens.
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    “Hi & Lois”, Mort Walker e Dik Browne, Off-Side 2
    Molte serie erano invece realizzate da autori italiani che, sotto pseudonimo, imitavano lo stile dei loro colleghi anglosassoni. Nessuna di queste, purtroppo, merita davvero una menzione, tranne forse Ringo il vichingo. Il protagonista era un piccolo guerriero nordico col nasone, sfortunato e imbranato. I suoi creatori Hercules e Mark rispondono ai nomi di Ercole Arseni, grafico, e Marco Rota, autore già attivo per Mondadori e che di lì a poco sarebbe diventato disegnatore regolare, copertinista e infine art director delle testate Disney.
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    Ringo il vichingo, Hercules e Mark, Off-Side 7
    Ma non tutti gli autori italiani di Off-Side si rifacevano alle strisce sindacate. Negli ultimi numeri compaiono infatti Girighiz di Enzo Lunari, già apparsa su Linus, e Ancillotto di Enzo Jannuzzi, già presente sulla rivista Horror. Nelle pagine di Off-Side n.11, invece, esordisce ancora diciottenne Marcello Toninelli con la sua celebre parodia a fumetti della Divina Commedia. Il suo Dante appare su tre soli numeri, ma è destinato a sopravvivere di gran lunga alla testata.
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    Dante, Marcello Toninelli, Off-Side 11
    Astronavi pirata e tram dirottati

    Le opere più interessanti pubblicate su Off-Side, però,vengono dal genio di due dei massimi fumettisti che l’Italia abbia avuto: Guido Crepax e Bonvi. Nel 1968 Crepax aveva pubblicato per Rizzoli un romanzo a fumetti di fantascienza, L’astronave pirata, in cui univa il suo amore per la fantascienza a suggestioni piratesche e barocche e a una grafica Art Déco che ricorda un po’ Buck Rogers. L’anno successivo l’opera viene riproposta a puntate su Off-Side, ma qui le tavole vengono stampate in un formato assai più grande rispetto alla prima versione. Le dimensioni e la stessa presenza della bicromia rendono i disegni di gran lunga più spettacolari e suggestivi. Purtroppo la chiusura del primo ciclo di Off-Side non permette la riedizione della storia completa, che si interrompe sul più bello, nel n.12.
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    “L’astronave pirata”, Guido Crepax, Off-Side 5
    Protagonista indiscusso di Off-Side, infine, è Bonvi, che all’epoca non aveva ancora raggiunto la fama. Le sue Sturmtruppen erano ancora poco note quando divennero una delle colonne portanti del giornale romano, comparendo spesso in copertina e in pagine doppie, fino a guadagnare un posto da protagoniste in uno dei due poster allegati alla rivista (l’altro fu dedicato al Olaf I°).
    Ma al di là del (futuro) bestseller, per Off-Side Bonvi produsse soprattutto diverse storie brevi. “La vera storia di Buddy the kid”, “La seezza della quasità”, “Sterminarli senza pietà”: in ognuno dei primi 12 numeri è presente un suo breve fumetto. Storie allucinate, demenziali e ciniche, spesso col finale a sorpresa in stile Ai confini della realtà o vicine all’atmosfera fantascientifico-picaresca dei racconti di Fredric Brown. Si tratta in gran parte di piccoli gioielli, ristampati assai di rado negli anni seguenti (e ormai quasi introvabili).
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    “Andiamo all’Havana”, Buonvi, Off-Side 7
    Il racconto migliore, di sole cinque pagine, apparve sul numero 7, intitolato “Andiamo all’Havana”. Un’edizione successiva (Incubi di provincia, Mondadori, 1981) ne accredita l’idea a Francesco Guccini, amico stretto di Bonvi. La trama: a tarda sera, un uomo – molto simile all’autore – sale su un tram armato di bomba a mano, e intima al conducente di portarlo a Cuba, la terra della libertà. I passeggeri sono naturalmente sconvolti: le loro vite piccolo borghesi fatte di routine e beghe d’ufficio ne usciranno scombussolate. Non possono andare all’Havana di punto in bianco! La storia, ovviamente, finisce male. Non è possibile andare a Cuba in tram, e le prime luci dell’alba dissolvono il sogno di libertà del “pazzo”.
    Per certi versi, si può dire che l’avventura di Off-Side sia finita allo stesso modo. La causa della chiusura, infatti, fu la più prevedibile: mancanza di fondi. Il giornale che si impose “di restare al margine, di essere diverso”, non riuscì a trovare il modo per stare in piedi, e durò meno di due anni. Lasciando dietro di sé il ricordo di un progetto forse non decisivo, ma curioso, vivace, con qualche splendido guizzo firmato Bonvi e dal design, in fin dei conti, davvero memorabile.
     
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  12. olandiano

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    Che bello giornale....ogni giorno un bello msg di nostro embri...Grazie..
     
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  13. embriaco

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    Elektra Assassin - Fumetto cult di Frank Miller e Bill Sienkiewicz
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    Elektra Assassin



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    Nel 1986 il giovane artista Frank Miller ha già dato un notevole impulso al rinnovamento del mondo dei comics americano, portando nuova linfa e temi più adulti nel fumetto supereroistico e non solo, realizzando capolavori riconosciuti che hanno cambiato il linguaggio del fumetto. Nel 1986 ha già dato vita, oltre a numerose opere minori, alla innovativa graphic novel del Ronin ed al crepuscolare Batman de Il ritorno del cavaliere oscuro. Chi pensava che con quelle opere il rinnovamento operato da Miller si sarebbe fermato si sbagliava. Frank Miller aveva ancora molto da dire e nuovi modi per raccontarlo, e lo ha dimostrato realizzando un'opera ancora più sperimentale, innovativa e moderna delle precedenti, grazie all'insostituibile contributo del visonario artista Bill Sienkiewicz, stiamo parlando di Elektra Assassin.
    Infatti dopo la pubblicazione de Il ritorno del cavaliere oscuro, Miller recupera il personaggio di Elektra, creato per la serie di Devil e fortemente apprezzato dai lettori, e lo conduce verso la sua opera definitiva e più matura (un po' come ha fatto con Batman). Nello stesso periodo il disegnatore Bill Sienkiewicz cercava di ritagliarsi degli spazi personali nell'ambito delle rinomate serie a fumetti su cui lavorava, da ultimo nei Nuovi Mutanti, operando sperimentazioni insolite nei relativamente ristretti limiti consentiti da tali serie. Ma è con questo strabordante fumetto di Frank Miller che Sienkiewicz ottiene carta bianca per il suo straordinario talento creativo e ne fa un uso incredibile regalando una delle più visionarie opere a fumetti mai realizzate. Sienkiewicz gioca abilmente con le più varie tecniche artistiche e pittoriche, con una commistione di stili, straripante di riferimenti culturali e pittorici, a cui si ispireranno molti autori in futuro. Lo stesso Sienkiewicz utilizzerà in successive opere la grande libertà espressiva ottenuta con questo fumetto di culto, dando tra l'altro vita ad un visionario graphic novel scritto e disegnato in piena autonomia, ovvero Stray Toasters,
    In Elektra Assassin scopriamo molte tessere del passato di Elektra, in parte attraverso i suoi confusi e traumatici ricordi. Il suo nome è Elektra Natchios, figlia del diplomatico greco Hugo Natchios. La madre di Elektra, incinta, muore in un attentato dandola alla luce. Il padre deve prendersi cura di lei ma dai ricordi di Elektra adulta sembra che sia andato ben oltre quelli che sono i doveri paterni. Ma non è certo che lui abbia abusato di lei quando aveva 5 anni, potrebbero essere ricordi distorti di Elektra, farmaci e terapie contribuiscono ad offuscare questa certezza. Questi manie ed un tentativo di suicidio portano Elektra in giovane età ad essere rinchiusa per un breve periodo in manicomio, sottoposta a cure psichiche e farmacologiche. Ma i traumi infantili si ripercuotono pesantemente anche su Elektra adulta. Esperta di arti marziali, con un quoziente intellettivo fuori dalla media, con determinazione è una valida allieva di alcuni grandi maestri di arti marziali e diventa un efficiente e spietato ninja. Durante il suo apprendistato scoprirà l'esistenza di una "Bestia" destinata ad acquisire forma umana ed apocalitticamente votata alla distruzione del mondo.
    Da adulta Elektra diviene assassina e mercenario, lavorando in Bolivia e nei paesi del Sud America. Il suo ultimo, apparentemente semplice, incarico è l'omicidio di Carlos Huevos, presidente di San Conception, staterello del Sud America. Uccidere Huevos sarà uno scherzo per lei ma le farà scoprire inediti retroscena ed una situazione molto più complessa. La Bestia sta uscendo allo scoperto ed è intenzionata a prendere il potere, con temibili infiltrazioni nella politica, proprio mentre le elezioni presidenziali americane sono dietro l'angolo. I suoi successivi obiettivi saranno personaggi man mano più importanti e potenti. Due agenti dello S.H.I.E.L.D., guidato da Nick Fury, cercheranno di fermarla. Si tratta di Garrett e del criminale e crudele Perry.
    Nel frattempo è in corso la campagna per le elezioni presidenziali negli USA. I candidati in lizza sono due, il presidente uscente Guts, piccolo e arcigno conservatore repubblicano, che agita lo spauracchio della guerra nucleare, minacciando continuamente di premere il fatidico pulsante per lanciare missili sulla Russia ("posso farlo. ho la scatola e ho le palle"), ed il sorridente candidato democratico, progressista e vincente Ken Wind ("ricorda America, la V di vittoria è doppia, come in Wind"), carico di ideali del sessantotto, pace amore e fraternità. Entrambi i candidati sono resi graficamente con un immutabile e significativo viso fotocopiato, Ken Wind con un costante sorriso stampato sul volto kennediano, anche quando è ritratto di spalle, Guts con un arcigno e depresso volto nixoniano. Il clima da guerra fredda è al massimo, lo spettro delle esplosioni nucleari è reale, la Bestia trama nell'ombra muovendo le fila della politica americana ed internazionale. Il fatidico pulsante rosso potrebbe essere estremamente pericoloso nelle mani del presidente sbagliato.
    Nelle 240 pagine dell'intreccio sono tanti i temi trattati, dalla fantascienza alla fantapolitica (ma con chiari riferimenti alla politica reale), dai riferimenti incrociati con gli altri fumetti Marvel alle citazioni letterarie, pittoriche ed artistiche, dalle arti marziali alla cultura popolare in un delirio pulp che non dispiacerebbe ai fan di Quentin Tarantino e di Kill Bill. La folle trama è costruita magistralmente, ricca delle atmosfere noir ed hard boiled di cui Miller è maestro, carica di ironia e grottesco, con una varietà di temi e ritmi narrativi che trovano il contraltare perfetto nel magico pennello di Sienkiewicz, che pur variando continuamente registro, stile, strumenti e scelte cromatiche riesce a dare una incredibile coerenza stilistica all'opera. Le invenzioni narrative e visive continuamente introdotte da Miller e Sienkiewicz rendono il fumetto di Elektra Assassin ancora oggi un'opera innovativa e potente.
    Elektra Assassin è una miniserie in 8 parti (di circa 30 tavole ciascuna per un totale di 240 pagine) pubblicata in America dalla Epic Comics, l'etichetta adulta della Marvel, tra l'agosto 1986 ed il marzo 1987. In Italia il fumetto è stato pubblicato sulla rivista Corto Maltese tra il dicembre 1988 ed il luglio 1990; la pubblicazione è durata ben più di otto mesi in quanto gli episodi di Elektra Assassin sono stati alternati mensilmente con altre opere di Miller, come Ronin e Il ritorno del cavaliere oscuro. Rizzoli-Milano Libri, l'editore della rivista, realizza nel 1991 anche un'elegante edizione brossurata in volume del fumetto. In anni più recenti, nel maggio 2011, Panini Comics propone una lussuosa riedizione del fumetto in un cartonato di grandi dimensioni nella collana Collezione 100% Marvel. Infine, il 9 aprile 2012, Elektra Assassin è pubblicato in edizione economica in un imperdibile 49mo numero della collana Supereroi - Le leggende Marvel, come supplemento al Corriere della Sera.
     
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  14. olandiano

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    Non e mai sentito questo nome, spiace.E ancora molto bello da leggere di embri. Con tutte le cose lui scrivo io impara qualcosa, grazie ancora embri, sei un mito..
     
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  15. embriaco

    embriaco User

    Le strisce a fumetti di Mafalda: le storie più famose

    mercoledì 20 luglio 2016
    Le strisce più famose di Mafalda.


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    Mafalda e il suo leggendario odio nei confronti della minestra.
    E' difficile individuare le strisce più divertenti e famose di Mafalda, creatura inventata da Joaquín Lavado, in arte Quino. La prima pubblicazione di Mafalda risale al 1964.
    Mafalda è una bambina curiosa, desidera capire e comprendere varie cose iniziando dagli adulti, con i quali ha difficoltà di "comunicazione", per passare alle preoccupazioni per il presente e per il futuro, arrivando alla sfiducia nelle persone. Badate bene però, il tutto è condito con una sottile ironia: il proposito di Mafalda è sì quello di strapparci un sorriso, oltre a quello di farci riflettere.
    Tecnicamente Mafalda ha 6 anni, è una normalissima bambina che odia la minestra e ama le meringhe, la sua mente però è sveglia e pronta: fa domande dirette agli adulti su ogni genere di tematica, dal razzismo, alla fame nel mondo, alla guerra. La sua schiettezza è disarmante e talvolta spiazza completamente genitori e adulti. In gallery alcune stip simpatiche, sebbene appunto sia complesso scegliere. On line ho trovato parecchie raccolte dedicate a questa sagace bimba, tra le altre Mafalda Colpisce ancora (Magazzini Salani) o Mafalda, tutte le strisce (Magazzini Salani) per chi volesse fare una rilettura dell'opera di Quino.

    Mafalda, cinquant'anni d'ironia contro il potere

    Il disegnatore argentino Quino racconta la sua lunga carriera. E la nascita del suo personaggio più famoso: la ragazzina terribile che negli anni Settanta fu 'azzittita' dalla dittatura di Videla. Ma ancora oggi conquista i lettori con il suo humour e la capacità di 'smascherare' il mondo degli adulti

    di Silvia Santirosi
    26 febbraio 2014
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    Non è colpa mia!, esclama Joaquín Salvador Lavado, in arte Quino. E sorride, con il pudore dell’infinita tristezza che i suoi occhi dolci gridano al mondo. «Sono sinceramente sorpreso. Non avrei mai potuto immaginare che, dopo tutti questi anni, il personaggio di Mafalda potesse essere ancora così amato. Soprattutto dai più giovani». Eppure le cinquanta candeline che la sua “enfant terrible” spegnerà il 29 settembre prossimo, e che sono state già festeggiate con una mostra dal più importante festival del fumetto, quello di Angoulême, non lo rendono in fondo pienamente felice. «L’amarezza è grande», confida all’Espresso

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    «Se Mafalda è ancora così attuale, se i problemi a lei tanto cari continuano a parlare alle persone di ogni età, significa che il mondo è sempre lo stesso. Anzi, se qualcosa è cambiato, è in peggio. La guerra continua ad essere sempre da qualche parte. C’è sempre una crisi economica nel nostro Paese, qualunque esso sia. E tutti vogliamo sempre risposte sincere dai nostri genitori, o da chi pensiamo possa farne le veci: lo Stato, la società o la scuola. Continuando a ottenere delle bugie, più o meno benintenzionate. Solo che non ci sono più padri che hanno le risposte. Insomma, il mondo è sempre più malato e la minestra piace sempre meno ai bambini».

    Mafalda ha venduto ad oggi circa 50 milioni di copie in tutto il mondo: le sue strisce sono state pubblicate in 50 Paesi e tradotte in 20 lingue. L’editore italiano, Salani la festeggia con un volume doppio che contiene la “summa” delle strisce più documenti e testimonianze. Eppure, sebbene abbia lasciato tracce profonde nell’immaginario collettivo, la sua avventura non è durata a lungo. Nel 1973, dopo dieci anni di pubblicazioni quotidiane, Quino smette di disegnarne le strisce. «Ad un certo punto mi sono veramente stancato», ricorda. «Non ce la facevo più a dire tutto quello che non andava, a passare il mio tempo in un continuo atteggiamento di denuncia. Il momento in cui ho deciso di mettere fine alle sue avventure, è coinciso poi con l’inizio di un periodo nero per l’Argentina. Quello dei sequestri, delle sparizioni, della dittatura. Il regime militare ha rafforzato la censura. Anche volendo, non avrei mai potuto continuare».
    Mafalda, la protagonista dell'omonima striscia a fumetti scritta e disegnata dall'argentino Joaquín Lavado, in arte Quino, compie 50 anni: pubblicata dal 1964 al 1973, tradotta in oltre 30 lingue, negli anni ha raggiunto un successo mondialeIntervista a Quino: 'Mezzo secolo d'ironia contro il potere'

    E neanche avrebbe potuto riprendere il filo interrotto dopo la deposizione di Videla. L’autore non ha mai avuto intenzione di ricominciare a raccontare le storie della sua pestifera creatura. Le sue rare apparizioni dopo gli anni Settanta sono legate alla promozione dei diritti umani: come la Mafalda che si vede in un manifesto del ministero degli Esteri argentino per celebrare il quinto anniversario della fine della dittatura (1988).
    Ma perché non riprendere a disegnarla? Certo, i tempi erano ormai cambiati. Il periodo storico nel quale era nata Mafalda non ha avuto eguali: la guerra del Vietnam, papa Giovanni XXIII, i Beatles, il femminismo. «Sembrava davvero che qualcosa potesse cambiare, che l’immaginazione potesse arrivare al potere», ricorda Quino. «In realtà, niente di questo è accaduto e, dopo, nulla è stato più come prima. Custodisco ancora il desiderio che il mondo possa essere diverso: ma non ne ho più la speranza, ormai. Prendiamo l’esempio del mio Paese. Non si può dire che l’esperienza della dittatura non abbia fatto crescere uno spirito più democratico. Non è stato tutto dimenticato, però esiste il problema del peronismo. Ormai è al governo, all’opposizione…insomma, sono tutti pero nisti e litigano tutti tra di loro. È tutto così confuso. Sono sessant’anni che non cambia una virgola».

    In diverse occasioni, Quino ha dichiarato che Schulz, il creatore dei Peanuts, era il suo maestro. «Ha rivoluzionato il linguaggio del fumetto e la mia vita», dice con fermezza. Ma non è da un desiderio di emulazione, o semplicemente da un omaggio, che nasce Mafalda. All’epoca Quino era stato ingaggiato per lavorare alla campagna pubblicitaria della Mansfield, società produttrice di elettrodomestici. L’obiettivo era creare una famiglia di personaggi da utilizzare come testimonial. Anche il nome della piccola è quindi un richiamo al nome della ditta. «Mafalda è nata per caso: altrimenti, non avrei mai creato un personaggio fisso», ammette quasi con nostalgia. «Mi sono sempre divertito di più a realizzare un’illustrazione a piena pagina, cambiando ogni volta protagonisti e ambientazioni».

    In Italia, la piccola contestataria arriva in un’antologia nel 1968. L’anno seguente, Umberto Eco firma la prefazione della prima raccolta. Dal 1970 le sue strisce escono quotidianamente su “Paese Sera”. E nel 1976, per sei anni, Quino abiterà nel Belpaese. «Sono stato accolto a braccia aperte da questa nazione che amo tantissimo e alla quale continuo a essere molto legato» commenta. «Anche se sono nato in una provincia ai confini con il Cile, e a differenza di tanti miei compatrioti non mangio carne tutti i giorni e non ballo il tango, l’Argentina è la patria. Ma sono circondato di gente di origine spagnola, italiana, persino islamica: insomma, mi sento mediterraneo».

    Quino festeggia quest’anno anche i sessant’anni della sua carriera di disegnatore. Che non è stata solo Mafalda (vedi box). «Ma mi sono rassegnato al fatto che tutti mi parlino e mi chiedano ancora di lei», ammette malinconico. «È un po’ come “Per Elisa”: tutti la conoscono dalle suonerie dei cellulari, ma pochissimo hanno ascoltato la vera musica di Beethoven». Quello della musica è un mondo che affascina Quino. Ha sempre disegnato ascoltando la radio, ricorda: «Mozart, Bach, Beethoven sono i compositori che amo. Ho un po’ più di difficoltà con la musica contemporanea, che peraltro apprezzo molto. Ma proprio non capisco quei brani dove c’è un suono ogni due minuti».

    Poi racconta quel famoso 9 novembre 1954, quando fu pubblicata la sua prima tavola nella rivista “Esto es”. «Il momento più bello della mia vita», ricorda Quino. «Mafalda, in effetti, è solo una parentesi del mio percorso lavorativo. Quando iniziai con lei, realizzavo già tavole umoristiche da undici anni. E non ho mai smesso, sono andato avanti fino all’anno scorso, quando ho deciso di non disegnare più per problemi alla vista. Mio malgrado, sono stato costretto a rinunciare al mio lavoro. Mi sarebbe piaciuto continuare a trattare temi quali lo spionaggio globale, l’immigrazione, il dramma dell’isola di Lampedusa o la guerra in Siria».

    Armato di matita e inchiostro, l’autore argentino ha cercato per anni di capire la natura umana. Tutti i suoi disegni esprimono questo sguardo indagatore, disincantato, eppure innamorato degli uomini. Con un’immagine muta, Quino è stato capace di raccontare un intero universo, di far breccia nel cuore di una situazione ben precisa rendendola universale. E lo fa con pochi tratti di disegno e pochissime parole. Qual è il suo segreto? «È un segreto vecchio come il mondo! Molti scrittori hanno avuto bisogno di poche parole per descrivere cose complicatissime. Mica sono tutti come Balzac! Si dice che anche dio abbia creato il mondo in sette giorni... Insomma, non ho inventato nulla». Poi però una spiegazione la trova: «Sono cresciuto con il cinema muto, quella è stata la mia scuola. Quando viaggiavo da una parte all’altra del mondo, mi è capitato spesso in aereo di guardare almeno un film. E l’ho sempre fatto senza il suono, perché volevo vedere se solo con le immagini riuscivo a capire la storia».

    Quando gli chiediamo di raccontarci come funziona il suo personalissimo atelier creativo, descrive giornate intere passate seduto al suo tavolo da disegno. «Facevo prima dei bozzetti a matita, poi disegnavo a china. C’erano giorni in cui le idee non venivano e allora realizzavo schizzi su schizzi. In questi casi non usavo carta da disegno, ma un block notes. Appuntavo idee confuse, o non finite, cambiavo situazioni, personaggi e raccoglievo tutto in una cartella. Era la mia miniera di idee. Una volta mi è capitato di riprenderne una che era lì da nove anni! Ho sempre cercato di fare un humour atemporale, lavorando sui problemi che l’umanità si trascina dietro da secoli. Non amo la satira politica, perché non voglio che chi guarda una mia vignetta si chieda, a distanza di anni, chi fosse il primo ministro dell’epoca».

    Eppure la passione politica, l’osservazione attenta della società, sembrano qualcosa che non va più di moda in quest’era digitale che tanti cambiamenti ha apportato, sia alla creazione che alla fruizione dei testi e delle immagini. E questo ha trasformato, almeno in parte, anche il linguaggio del fumetto. «Credo che i giovani disegnatori si preoccupino meno di questi aspetti, di tutto quello che insomma succede nel mondo. Hanno difficoltà a pubblicare. Non c’è più così tanto spazio. Nell’editoria come sui giornali. Ma hanno sicuramente un vantaggio rispetto alla mia generazione. Possono utilizzare gli strumenti tecnologici legati al mondo di Internet che ampliano le possibilità di esprimersi e di farsi conoscere. Ognuno ha il suo sito, il suo blog». A questa rivoluzione tecnologica, Quino non parteciperà: «Personalmente, non sono mai riuscito a disegnare con un computer. Ho bisogno di sentire la carta, di usare la matita, la gomma, l’inchiostro...».
     
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  16. embriaco

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    Il maestro dell’erotismo e non solo.

    Milo Manara è tra i capisaldi del fumetto italiano.Autore conosciuto in tutto il mondo per il suo tratto, magico, sensuale e vibrante.
    Dopo aver frequentato il Liceo Artistico e la Facoltà di Architettura a Venezia Manara di dedicò principalmente alle pubblicità e alla pittura e poi successivamente al fumetto nei tumultuosi anni 70.
    Collabora a numerose riviste quali Genius e il Corriere dei ragazzi e soprattutto Telerompo dove incontrerà Silverio Pisu suo futuro collaboratore che gli permetterà di approdare ad alcune importanti riviste italiane di fumetti quali alterlinus (poi rinominata alteralter), collaborando anche per il mercato francese dove verrà osannato da critica e pubblico.
    Il successo mondiale però arriverà nel 1981 quando collaborando con la rivista per adulti Playmen Manara realizza il fumetto che lo traghetterà nell’Olimpo dei grandi autori non solo per l’enorme successo commerciale ma anche per i numerosi sottotesti presenti nella sua opera.
    Dagli anni 80′ in poi Manara collaborerà con le più importanti case editrici e riviste fumettistiche del mondo dalle italiane CortoMaltese, Totem, ComicArt, Skorpio, Grifo, OrientExpress, Frigidaire alle francesi Pilot, Metal Hurlant sino alle americane Marvel, Dc Comics, Heavy Metal ecc…
    In tutti questi anni l’autore di Bolzano non ci ha solo fatto emozionare con il suo tratto morbido e seducente ma ha dato vita ad alcune delle storie più importanti e belle di sempre, dove sperimentava tanto nel segno e nella costruzione delle tavole quanto nella sceneggiatura.
    Questa classifica intende mostrare i fumetti più importanti di Milo Manara da lui realizzati come autore completo (Sceneggiatura e Disegni) oppure solo come disegnatore, coadiuvato da leggende del fumetto internazionale.

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    Uscito nel 1982 per la rivista Playmen, Il Gioco rimane il fumetto di maggior successo di Milo Manara che proprio grazie a quest’opera venne riconosciuto a livello internazionale come uno dei più importanti fumettisti europei del mondo.
    La storia narra di Claudia Cristiani, bella donna completamente estranea alle gioie del sesso, concentrandosi sul suo lavoro. Peccato che il viscido Fez venuto a sapere del fatto decide di usare la ragazza come cavia per il suo congegno, in grado di controllare il livello di eccitazione di una donna.
    Le avventure di Claudia Cristiani saranno così incentrate sul congegno che passando di mano in mano porteranno la bella protagonista ad ampliare i propri orizzonti mettendola in situazioni incredibili.
    Manara rappresenta senza censura alcuna il sesso sfruttando il corpo della donna, sempre rappresentato alla perfezione, combattendo il pudore e le ideologie del lettore che non deve vergognarsi o sentirsi in colpa per un piacere viscerale.

    Manara: “Continuo a disegnare fumetti erotici, non mi vergogno”

    Fino al 9 luglio al Macro di Testaccio a Roma la mostra ”Macromanara - Tutto ricominciò con un’estate romana”
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    Pubblicato il 29/05/2017
    Ultima modifica il 29/05/2017 alle ore 09:41
    Il maestro dell’eros Milo Manara racconta la sua lunga carriera con una mostra al Macro di Testaccio a Roma dal titolo Macromanara - Tutto ricominciò con un’estate romana. Un percorso artistico scandito da collaborazioni importanti come quella con Hugo Pratt (insieme lavorarono a “Tutto ricominciò con un’estate indiana” e “El Gaucho”) e Federico Fellini. L’esposizione, composta da 97 tavole originali del fumettista, rimarrà a Roma fino al 9 luglio.
    «Non mi vergogno di essere definito il fumettista dell’eros, spiega Milo Manara durante la conferenza stampa, e continuerò a trattare questo argomento perché è una delle colonne portanti della vita. Inoltre questa etichetta mi rende più riconoscibile rispetto agli altri. È vero però che ho disegnato tanto altro per tutta la mia vita e mi dispiacerebbe essere ricordato solo per i miei fumetti erotici: è come se tutto il resto fosse stata una perdita di tempo».
    Manara ha anche un forte legame con la città di Roma che ha scoperto anche al fianco di Fellini. «Con Federico andavamo a guardare i ruderi romani al tramonto - racconta Manara - e lui mi faceva notare come quelli di Roma fossero diversi da tutti gli altri. È come se avessero qualcosa di organico, mi diceva, sembrano degli immensi animali addormentati».
    Roma è presente in gran parte della produzione contemporanea del fumettista, «Nel “Caravaggio” c’è una grande sezione dove la città è la protagonista e anche nei “Borgia” dove però non è la Roma che conosciamo oggi. San Pietro era diverso e anche la cappella Sistina era senza l’affresco di Michelangelo. In questo caso ho cercato di rappresentare una città meno barocca e più rinascimentale».
    I fumetti di Manara si trovano anche sui bit, i biglietti per i mezzi pubblici della Capitale, dove l’artista ha ripreso e rivisitato con il suo inconfondibile stile grandi opere d’arte come il bacio di Klimt.

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    Caravaggio diventa un fumetto con Milo Manara

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    Last edited: Aug 25, 2017
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  17. embriaco

    embriaco User

    Jonathan Steele : una serie di fumetti italiani

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    Jonathan Steele
    Protagonista di questa serie di fumetti italiani

    Questo personaggio dei fumetti creato da Federico Memola è di nazionalità australiana. Età approssimativamente poco al di sopra dei vent'anni, Jonathan Steele è un investigatore privato che, pur vivendo in Francia, agisce in qualsiasi parte del mondo. Jonathan Steele è una persona che affronta la vita con positività e decisione. La parola chiave che descrive il modo in cui affronta la vita è:Autodeterminismo, ossia la capacità di determinare da sè la propria esistenza indipendentemente dalle circostanze esterne della vita stessa. Una qualità assolutamente interessante. Sembra possedere un alto livello etico basato sul decidere nella direzione delmaggior bene per il maggior numero di persone e cose coinvolte.
    In questa serie a fumetti, Jonathan Steele è nato nel 1899 in Australia qual predestinato a combattere l'entità prigioniera sulla Luna da milioni di anni. Si salva da morte sicura grazie all'espediente della madre di nasconderlo in un cassonetto appena prima di essere divorata da una muta di dinghi lanciati dall'entità malvagia per distruggere sia Jonathan che tutto il campo. Viene trovato da Selene e Ch'ango-o e portato nel loro limbo. Viene quindi riportato sulla Terra dopo circa 10 anni e lasciato in un'orfanotrofio (JS #31 L'abisso del tempo) da cui fugge dopo pochi anni. Si unisce con una banda di ragazzini al soldo di Ripley, un criminale che li usa per compiere i suoi delitti (JS #19 A un passo dall'inferno). Trascorrerà con questa persona alcuni anni della sua vita fino al 2011, data in cui ritorna la magia sulla Terra a cusa del risveglio della creatura sulla Luna ad opera (involontaria) dell'esplorazione lunare del colonello Thomas Rickman. Questa data coincide anche con la prima volta in cui Jonathan si incontra con Myriam ed anche con il momento in Myriam acquisisce i poteri della Regina delle Fate (JS #4 La regina delle fate). Nel 2012 dopo essere fuggito da un'imboscata di cui Ripley è stato vittima, viene reclutato a forza da una organizzazione di mercenari che opera in tutto il mondo, tale episodio viene narratoi un degli albi di questa prima serie a fumetti. Nel periodo trascorso in quel campo di addestramento apprende/sviluppa gran parte delle sue abilità di combattimento (JS #23 La donna dai due volti). In quel periodo conosce Xenia Kristatos e Max Brendel, la prima ucciderà il capo dell'oganizzazione di criminali e creerà la Crimson Seven (e poi morirà per mano di Jonathan in JS #24 Il momento di uccidere). Il secondo diventerà amico di Jonathan e suo assistente nelle missioni più pericolose, questo però avviene prima di questa serie a fumetti.
    Jonathan inizierà una nuova vita come investigatore privato e successivamente lavorerà assieme a Myriam Leclair e Jasmine Rashad in una agenzia di investigazioni magiche pochè entrambe sono dotate di poteri magici. Successivamente Jonathan Steele inizierà una relazione sentimentale con Myriam (JS #25 Un nuovo mondo).
    Nel frattempo, presumibilmente dal momento in cui la magia ritorna sulla Terra (anno 2011), l'entità divina Ran coabita, perchè costretto, nel corpo di Jonathan. Tale condivisione di corpo rimarrà sconosciuta a Jonathan fino al momento in cui muore buttandosi dalla cima del palazzo dell'ONU per salvare Myriam e Jasmine (JS #30 "Il palazzo di vetro" e JS #31 "L'abisso del tempo"). Ran rimarrà nel corpo di Jonathan e lo aiuterà a combattere l'entità malvagia sulla Luna fino al momento in cui verrà ucciso, uccidendolo, dal suo assistente (JS #33 Obiettivo Luna). Questo è probabilmente il colpo di scena più importante della serie a fumetti edita dalla Bonelli. Da quel momento in poi Jonathan affronterà da solo la battaglia finale contro l'entità malvagia nascosta sulla Luna, sconfiggendola. Tutto questo avrà un prezzo, Myriam dovrà separarsi da lui e rimanere sulla Luna per evitare che il suo ritorno sulla Terra distrugga l'equilibrio che aveva consentito il ritorno della magia sulla Terra: se tale equilibrio si rompesse Jonathan morirebbe poichè è ritornto in vita grazie ad un'artificio magico operato da Selene e Ch'ang-o (JS #33 Obiettivo Luna). Quindi la prima saga di questa serie a fumetti si conclude con la separazione "forzata" di Myriam da Jonathan Steele, in realtà si è trattato di un'atto di responsabilità da parte di Myriam.

    Fumetti italiani: La saga lunare della prima serie di Jonathan Steele

    [​IMG]Benvenuti nel sito della prima serie a fumetti italiani di Jonathan Steele. Qui troverete tutte le informazioni possibili sulla prima serie di Jonathan Steele edita dalla Sergio Bonelli editore, dai singoli personaggi, ai disegnatori, l'ambientazione del mondo in cui vive Jonathan Steele.
    Troverete anche tutte le pubblicazioni della serie con un breve sommario per ciascuna di esse, le interviste in esclusiva ai disegnatori, una galleria di disegni su Jonathan e tanto altro ancora.
    E' un sito web assai semplice inizialmente realizzato per introdurre mio figlio al mondo del web, col passare degli anni è rimasto on line ed ogni tanto, per puro passatempo, apporto qualche miglioria. E' dedicato a tutti coloro che amano i fumetti italiani e credono che la magia e il fantasy siano un po' di questo mondo.
    La peculiarità della prima serie di Jonathan Steele è che rappresenta nel mondo dei fumetti italiani il primo tentativo in casa Bonelli di coniugare lo stile grafico tipicamente italiano con altri stili di disegno, trai quali spiccano particolarmente (e non in tutti i numeri della serie) lo stile franco-belga (vedi il disegnatore Giacomo Pueroni) e manga (vedi la disegnatrice Teresa Marzia). In effetti, ricordo bene che tra i miei conoscenti e "co-cultori" di fumetti italiani questo tipo di esperimento destò non poca meraviglia considerando che nasceva all'interno della casa editrice di fumetti italiani per antonomasia, e a maggior ragione seguimmo con interesse la pubblicazione di tutta la serie che, purtroppo, è terminata dopo circa 3-4 anni di pubblicazioni mensili e si è trasferita in un'altra casa editrice, la Star Comics.
    Il Mondo di Jonathan Steele
    "Accadde senza preavviso, nel corso di una notte che l'umanità intera non avrebbe mai più dimenticato: un fenomeno di origine sconosciuta colpì milioni di persone in tutto il mondo, mutandone fisicamente alcune e conferendo ad altre quelli che si possono definire solamente come Poteri Magici. [​IMG]
    Immediatamente, medici e scienziati cominciarono a studiare questo fenomeno e le sue "vittime", ricercando le cause e una possibile cura, ma inutilmente. Qualcosa aveva agito su queste persone a livello del loro Codice Genetico modificandolo, ma "chi" o "che cosa" e "perché" rimasero un mistero che ancora oggi si cerca di svelare.... Nel frattempo, dopo lo sconforto iniziale, la gente cominciò a reagire e gradualmente ad adattarsi a questa nuova situazione" Questa è l'introduzione che si trova proprio all'inizio del n.1 di Jonathan Steele "L'isola misteriosa". Trovo molto affascinante l'idea di un mondo che, in seguito ad un evento di dimensioni planetarie quanto inspiegabile, si trasforma in un luogo dove gran parte delle persone hanno subito profonde mutazioni fisiche e sono dotati di poteri soprannaturali. Un mondo dove la magia convive con le meraviglie della tecnologia più avanzata. E' sicuramente questa ambientazione la vera idea originale della serie a fumetti di Jonathan Steele creata da FEDERICO MEMOLA a cui bisogna riconoscere il merito di aver creato un fumetto dove il protagonista vive con auto determinismo, alto senso etico e dove al principio spirituale dell'esistenza viene dato il giusto risalto.

    Jonathan Steele - Quando la magia fa coppia con la tecnologia a cura di Filippo Longo
    [​IMG]Nella presentazione a questa rubrica avevo parlato di come si possano distinguere tre scuole di pensiero nel mondo dei fumetti: italiana, giapponese, americana, e come ognuna di queste abbia un suo personale stile di interpretazione delle storie a fumetti. Jonathan Steele è un'eccezione a questa regola. Lo si potrebbe definire un comics all'italiana, in quanto la realizzazione grafica, l'impaginazione e molto altro sono tipicamente riconducibili agli altri fumetti italiani (Dylan Dog, Martin Mystere, ecc.). Ma, a differenza di questi, in Jonathan le cose cambiano. Cambiano nel senso che le storie seguono un filone narrativo (o più filoni) di ampio respiro, che si snoda nell'arco di decine di albi e al quale ogni storia aggiunge un frammento chiarificatore. E concluso un filone se ne apre un altro, legato al precedente, ma anche abbastanza indipendente. Ma di cosa parla Jonathan Steele? Parla di come sarà la Terra nel 2020, anche se tutto è iniziato nel 2011, quindi tra pochi anni, quando la magia ha fatto la sua comparsa, o meglio la sua ricomparsa, sulla Terra. Gli esseri magici infatti erano stati costretti ad abbandonarla molto prima che la razza umana cominciasse ad evolvere. Ora i poteri oscuri sono tornati violentemente sulla Terra, arrecando modificazioni all'ambiente e ai suoi abitanti. Dopo un periodo di iniziale sconvolgimento, causato sopratutto dalle mutazioni fisiche che alcuni individui subirono, la situazione si normalizzo, e gli uomini impararono a convivere con la magia, sfruttandola a loro vantaggio. Ma parallelamente alla magia un'altra forza, forse ancora più misteriosa, ha continuato a seguire il suo corso nelle vicende umane: la tecnologia. Non è infatti troppo assurdo pensare che tra una quindicina d'anni un'automobile possa essere trasformata agevolmente in un piccolo velivolo, o che ci siano binocoli in grado di vedere attraverso i muri, tutte cose che accadono nelle avventure del fumetto. Magia e tecnologia, dunque. Due forze spaventose che si affiancano e si completano l'una con l'altra, proprio come i protagonisti della storia. Da una parte Jonathan, soldato di un esercito mercenario, agente segreto, spia, guardia del corpo, ladro su commissione, insomma un mercenario con un forte senso dell'onore e della lealtà, con una forza di volontà che è l'arma migliore nel suo mestiere, ma piuttosto scettico nei confronti dei fenomeni paranormali, lucido e calcolatore. Dall'altra parte Myriam e Jasmine, una custode di un potere magico che non riesce a controllare, ma che le dà il dominio sul popolo fatato, l'altra depositaria di un antico libro di incantesimi che si tramanda nella sua famiglia da generazioni e che solo lei è in grado di utilizzare. Entrambe però non sufficientemente preparate a gestire situazioni ad alta tensione come invece lo sono per i fenomeni di natura mistica. Due opposti che si completano a vicenda, con una sinergia che permetterà loro di far fronte a qualsiasi minaccia, magica e tecnologica. Ma le vicende dei personaggi non sono certo le uniche a riempire le storie. Vi è tutto un sottofondo che appare a tratti e in modo velato, ma che è fondamentale come gli attori in prima linea. Una misteriosa congregazione di dei provenienti da tutte le culture dei popoli osserva silenziosa le vicende di Jonathan, che è legato a un destino di cui ancora non conosce nulla, ma che presto dovrà scoprire se vorrà essere all'altezza della missione che gli è stata assegnata. Dei della mitologia greca, giapponese e celtica, spiriti degli indigeni e dei pellerossa, seguiranno e a volte interverranno nelle vicende dei nostri eroi, guidandoli attraverso un sentiero che si delinea man mano che viene percorso. Un'opera davvero degna di nota quella di Federico Memola, già sceneggiatore di altre serie ai confini della realtà, che con Jonathan Steele tocca veramente il suo massimo creativo. Inoltre le sue storie sono sicuramente ricche di messaggi interessanti e molto attuali. Uno di questi è sicuramente quello della integrazione. A questo proposito è splendida una tavola del primo albo della serie dove viene mostrata una strada qualunque di una grande città del 2020, in cui ragazze dalla pelle squamosa passeggiano accanto a uomini dalle sembianze feline, mentre altri levitano magicamente per evitare il traffico. Una società quindi, quella di Memola, che è consapevole che una diversità esteriore non è affatto segno di un diverso valore morale. Nel mondo di Jonathan la diversità si manifesta con le orecchie a punta o con la pelliccia su tutto il corpo, nel nostro con il colore della pelle o con la forma degli occhi, ma il concetto è sempre lo stesso. E non va dimenticato.

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    Poldo senza hamburger, un fumetto perso

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    La più salutista ed equilibrata, come sempre, Nonna Papera con le sue torte appena sfornate appoggiate sul davanzale della finestra. C'è da scommettere, fatte con uova del suo pollaio. Il più incomprensibile, rimanendo a Walt Disney, Eta Beta che chissà perchè passando dalla versione originale a quella italiana da che si nutriva di mandarini cinesi si è trovato a ingurgitare naftalina.
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    Anche i fumetti mangiano, anche se in modo bizzarro, anche se non per un piacere fine a se stesso ma per diventare altro: come Pippo che con le noccioline diventa SuperPippo o come Braccio di Ferro che grazie agli spinaci diventa tanto forte da atterrare Brutus in difesa di Olivia. In questo caso poi, c'è anche un messaggio salutistico: il ferro fa bene. Per qualcuno poi il cibo diventa ragione di vita: Poldo senza hamburger sarebbe un fumetto perso. O comunque diventa occasione conviviale, vedere alla voce banchetti a base di cinghiali interi per Asterix e Obelix.
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    E poi c'è chi fa da sè: Mafalda odia la minestra, il mare affollato delle vacanze le pare un'immensa minestrina, per dire quanto la disprezzi. Volendo, anche Calvin odia il cibo che gli propina sua madre, tanto da vederlo a un certo punto prendere vita. C'è spazio per tutti, in questo mondo, anche per un topo gourmet: Remy di Ratatouille. Uno dei pochi, insiema a Nonna Papera, che non si limita a mangiare ma che cucina per gli altri. Ogni protagonista fa davvero storia a sè.
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    "Anche i fumetti mangiano" è un viaggio nel mondo del fumetto e della cucina, trenta pannelli dedicati ad altrettanto protagonisti con tanto di ricetta a tema, realizzata da Wow spazio fumetto. Chi non avesse fatto in tempo a vederla a Cartoomics 2015 se la ritroverà a Milano al Museo del Fumetto e dell'Illustrazione e dell'Immagine animata di Milano (viale Campania 12)
    Qui sotto una ricetta di Artusi fumetizzata da Alberto Rebori:
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    Poldo Sbaffini (in inglese J. Wellington Wimpy) è un personaggio del fumetto e della serie animata Braccio di Ferro.

    Nei fumetti,Poldo, fa la sua prima apparizione nel 1931, come arbitro, in occasione di ripetuti incontri pugilistici a cui Braccio di Ferro partecipa.

    Nei cartoni animati è banalizzato, soprattutto nel suo aspetto che è molto semplificato. I suoi baffi, radi, mentre nel fumetto ve ne sono disegnati 6 peli, nel cartone animato solo 5, per risparmiare tempo.
    Nel cartone animato non ha mai avuto un ruolo importante e, per lo più, è stato sempre e solo una spalla comica. Nei cortometraggi degli anni '30 dello Studio Fleischer Poldo è stato presente in quasi tutti i cortometraggi per interpretare almeno una piccola gag. In seguito le sue apparizioni si sono diradate. Nelle piccole apparizioni viene presentato come un disoccupato, pigro e sfaticato, col panino sempre in bocca, la sua fame è incommensurabile, mangierebbe una panineria senza alcun problema.

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    Poldo Sbafini (J. Wellington Wimpy) viene usato spesso, in virtù della sua notorietà come personaggio delle vignette satirico-sociali, almeno negli USA.
    La cosa è positiva, se non altro perché denota una conoscenza abbastanza diffusa di una fra le strisce più interessanti della storia dei Comics.
    Sopra, un esempio recentissimo, dal panel Moderately Confused, di Jeff Stahler, pubblicato il 10 maggio scorso.
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    … un panel del ciclo Off The Mark, di Mark Parisi, del 5 maggio.




     
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  20. olandiano

    olandiano User

    E il nostro Poldo Sbaffini...il controllore Italiano...:)
     
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