Italia! Il più bel paese del mondo

Discussion in 'Sezione Italiana' started by Air-Base, Apr 3, 2017.

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  1. _caramon_

    _caramon_ User

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    E Topolino e Minnie?
     
  2. embriaco

    embriaco User

    ...............
    mai piaciuto Topolino....figurarsi Minnie poi.....
    sempre e solo Paperino....ed annessi
    ...
    però...De gustibus non est disputandum
    ...
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    Topolino o Paperino?
    13 marzo 2017 30 marzo 2017
    Lo stress del lavoro inizia nel momento in cui lo si cerca, ma parleremo in un altro articolo degli ostacoli che (a volte) i social sembrano divertirsi a creare; per oggi concentriamoci sull’atteso e temuto colloquio di lavoro.
    Prima o poi, sperando sempre nel prima, anche lui arriva, e in svariate forme: telefonico, via skype e face to face. Durante questi colloqui ci viene chiesto se siamo all’altezza del ruolo per cui ci proponiamo e perché, se siamo contenti dei nostri risultati scolastici, che lavoro fa nostro padre, il cognome da nubile della trisnonna da parte di madre e chi preferiamo tra Topolino e Paperino.
    Forse della trisnonna non ci chiederà mai niente nessuno, ma l’ultima domanda non solo è possibile, ma è stata realmente posta.
    D’istinto sapevo che la risposta corretta, o ritenuta tale, era Topolino: equilibrato, ottimo amico, instancabile lavoratore (sul serio, quanti mestieri ha svolto Topolino?), affidabile in tutto e per tutto (non a caso ha un cane, Pluto, come animale domestico e il suo migliore amico è Pippo, cane antropomorfo). Al contrario lo scontroso Paperino, senza un quattrino, senza arte né parte, non può che essere la risposta errata.
    Ed è qui che ci si sbaglia.
    Paperino è sfortunato, quello che ha se l’è guadagnato col sudore, perché lo Zio che si ritrova, il caro Paperone, non gli fa vedere il becco d’un quattrino, per restare in tema paperi, nonostante abbia addirittura una piscina di soldi (tutti sogniamo di tuffarcisi, nella speranza di non rimanerci secchi nello schianto ovviamente).
    Non si sa bene se ha una sorella o un fratello, certo è che gli vengono lasciati in custodia tre giovani pulcini, i famosi Qui Quo e Qua (ve li ricordate i colori corrispondenti?), che non ha cresciuto così male visto che fanno parte delle giovani marmotte: sono rispettosi, vanno bene a scuola e come tutti i bambini si divertono a fare impazzire il loro tutore.
    Ha una fidanzata, Paperina, con cui è sempre molto romantico e della quale rispetta l’indipendenza. Paperino riconosce anche i suoi limiti, ma non per questo ne approfitta: avrà pochi soldi, ma non per questo invade casa di lei, e nemmeno la chiede in moglie, conscio dell’impegno.
    Non scordiamoci che Paperino è un po’ il Batman dei poveri: la notte indossa maschera e mantello e si trasforma in Paperinik a bordo della sua mitica 313 modificata da Archimede e quindi conosciuta come 313-X. All’inizio le sue intenzioni erano quelle di vendicarsi dei torti subiti, ma ben presto esce il suo lato buono e decide di combattere la criminalità a Paperopoli.
    Paperino è un personaggio vero, caratteristico, e con quei lati negativi trasparenti che ai colloqui ci chiedono sempre, a volte pure in inglese: «Il tuo peggior difetto?».
    Paperino non sopporta l’ipocrisia e la sfacciataggine, incarnate dal cugino Gastone, troppo fortunato, alle volte troppo finto per essere vero e in tutti gli altri casi troppo “pallone gonfiato”.
    Se provate a chiedere a un Topolino i suoi difetti non ne tirereste fuori un topo dal buco (di ragni a Paperopoli non ce n’è), credetemi: si tratta di un simbolo e non si assumono simboli, ma persone.
    Come Paperino.
     
  3. olandiano

    olandiano User

  4. pulga1989

    pulga1989 User

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  5. pulga1989

    pulga1989 User

    "México lindo y querido" Music 100 percent Mexican. Original of México Michoacan, nice place. Welcome to Mexico, my house is you hause.

    Voz de la guitarra mía,
    al despertar la mañana
    quiere cantar su alegría
    a mi tierra mexicana

    Yo le canto a sus volcanes
    a sus praderas y flores
    que son como talismanes
    del amor de mis amores

    México Lindo y Querido
    si muero lejos de ti
    que digan que estoy dormido
    y que me traigan aquí

    Que digan que estoy dormido
    y que me traigan aquí
    México Lindo y Querido
    si muero lejos de ti

    Que me entierren en la sierra
    al pie de los magueyales
    y que me cubra esta tierra
    que es cuna de hombres cabales

    Voz de la guitarra mía,
    al despertar la mañana
    quiere cantar su alegría
    a mi tierra mexicana



    México Lindo y Querido
    si muero lejos de ti
    que digan que estoy dormido
    y que me traigan aquí

    Que digan que estoy dormido
    y que me traigan aquí
    México Lindo y Querido
    si muero lejos de ti.
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    (Michoacan México.)

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    Welcome Italy friends...



     
  6. pulga1989

    pulga1989 User

    I'm living here Country México, State Guerrero, Municipality Zihuatanejo.
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    He is General Vicente Guerrero, Participates in the fight for the independence of Mexico. Mexico vs Spanish people. He died February 14, 1831
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    State shield Guerrero.
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    It's Zihuatanejo Guerrero Mexico, Welcome to this wonderful port.
     
  7. embriaco

    embriaco User

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    Paolo Borsellino, le frasi più belle

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    Nato a Palermo il 19 gennaio del 1940, magistrato ordinario dal 1964, dal 1975 fu giudice istruttore presso il tribunale di Palermo, e dal 1986, procuratore della Repubblica presso quello di Marsala; trasferito a Palermo, dal marzo 1992……
    Vogliamo ricordare l’anniversario della nascita di Paolo Borsellino, magistrato impegnato nella lotta alla criminalità organizzata ucciso in una strage di stampo mafioso il 19 luglio del 1992.

    MILANO – Nato a Palermo il 19 gennaio del 1940, magistrato ordinario dal 1964, dal 1975 fu giudice istruttore presso il tribunale di Palermo, e dal 1986, procuratore della Repubblica presso quello di Marsala; trasferito a Palermo, dal marzo 1992 fu procuratore della Repubblica aggiunto. Profondamente impegnato nella lotta alla criminalità organizzata, fu ucciso il 19 luglio 1992, insieme a cinque agenti della scorta, in una strage di stampo mafioso.
    Per ricordarlo, ecco le sue frasi più toccanti:
    “Politica e mafia sono due poteri che vivono sul controllo dello stesso territorio: o si fanno la guerra o si mettono d’accordo.”
    “Siamo morti che camminano.”
    “Mi uccideranno, ma non sarà una vendetta della mafia, la mafia non si vendica. Forse saranno mafiosi quelli che materialmente mi uccideranno, ma quelli che avranno voluto la mia morte saranno altri.”
    “È normale che esista la paura, in ogni uomo, l’importante è che sia accompagnata dal coraggio. Non bisogna lasciarsi sopraffare dalla paura, altrimenti diventa un ostacolo che impedisce di andare avanti.”
    “Palermo non mi piaceva, per questo ho imparato ad amarla. Perché il vero amore consiste nell’amare ciò che non ci piace per poterlo cambiare.”
    “Conosco Giovanni Falcone da quando eravamo ragazzi. È più grande di me di sei mesi, si è diplomato e laureato tre mesi prima di me, persino nell’ingresso in magistratura mi ha preceduto: tre mesi di anticipo, anche lì.”
    ‘Nella lotta alla mafia, il primo problema da risolvere nella nostra terra bellissima e disgraziata non doveva essere soltanto una distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale e morale che coinvolgesse tutti e specialmente le giovani generazioni, le più adatte a sentire subito la bellezza del fresco profumo di libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità.”
    “Temo la fine perché la vedo come una cosa misteriosa, non so quello che succederà nell’aldilà. Ma l’importante è che sia il coraggio a prendere il sopravvento… Se non fosse per il dolore di lasciare la mia famiglia, potrei anche morire sereno.”
    “Non importa dove si nasce se si combatte per le stesse idee e si crede nelle stesse cose.”
    “Non ho mai chiesto di occuparmi di mafia. Ci sono entrato per caso. E poi ci sono rimasto per un problema morale. La gente mi moriva attorno.”
    “Parlate della mafia. Parlatene alla radio, in televisione, sui giornali. Però parlatene.”
    “Se la gioventù le negherà il consenso, anche l’onnipotente e misteriosa mafia svanirà come un incubo.”
    “A fine mese, quando ricevo lo stipendio, faccio l’esame di coscienza e mi chiedo se me lo sono guadagnato.”
    “L’equivoco su cui spesso si gioca è questo. Si dice: Quel politico era vicino a un mafioso, quel politico è stato accusato di avere interessi convergenti con le organizzazioni mafiose, però la magistratura non lo ha condannato, quindi quel politico è un uomo onesto.’
    “Bisogna liberarsi da questa catena feroce dell’omertà che è uno dei fenomeni sui quali si basa la potenza mafiosa. Si è legati a questo fatto dell’omertà, del non riferire nulla delle cose di Cosa Nostra all’esterno, di non sentire lo Stato, di sentire sempre lo Stato come un nemico o comunque come una entità con cui non bisogna collaborare.”
    “Vi è stata una delega totale e inammissibile nei confronti della magistratura e delle forze dell’ordine a occuparsi esse solo del problema della mafia.”
    “Speriamo che cambi il vento, che venga il libeccio, che si porti via quest’afa.”
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    ....
    ........25 anni....
     
    Last edited: Jul 19, 2017
  8. pulga1989

    pulga1989 User

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    Subcomandante Marco, creator of the group E.Z.L.N. Chiapas México

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    Edit ~NightHawk~: Video removed. Please note that links to extern (= not Bigpoint) websites are not allowed. Thanks.
     
    Last edited by moderator: Jul 19, 2017
  9. embriaco

    embriaco User

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    That’s all folks!

    La Warner Bros lancerà una nuova serie televisiva con Bugs Bunny e Duffy Duck

    Negli ultimi anni le vendite legate ai Looney Tunes sono state in costante calo

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    I Looney Tunes non piacciono più e la Warner Bros (WB) tenta il rilancio con un restyling in 3D. Secondo il New York Times, la casa di produzione avrebbe già approvato tre corti di Beep Beep e Wile Coyote, e altri tre sarebbero già in lavorazione. Per Bugs Bunny e Duffy Duck invece ci sarà una nuova serie televisiva in ventisei puntate su Cartoon Network.
    I Looney Tunes nacquero negli anni trenta in diretta competizione con le Silly Symphonies della Disney. I primi personaggi introdotti furono Bosko, Bugs Bunny, Duffy Duck e Pallino. Poi arrivarono Titti, Gatto Silvestro, Speedy Gonzales e Wile Coyote.
    Negli ultimi anni però la Warner Bros non ne hanno azzeccata una. L’ultima uscita al cinema dei personaggi Looney Tunes nel 2003 costò 85 milioni di dollari e tra Usa e Canada ne incassò appena 25. E l’ultima serie televisiva “The Loonatics Unleashed” del 2005 fu un altro flop clamoroso. Bugs Bunny e Duffy Duck erano stati ridisegnati prendendo spunto dallo stile degli anime giapponesi, ma le creste e gli occhi minacciosi non piacquero a nessuno: furono cancellati nel 2007.
    Stavolta col restyling ci andranno più cauti e cercheranno di rimanere fedeli alla versione classica: no anime, no avventure punk nello spazio. La Warner Bros non ha voluto far sapere il costo di tutta l’operazione, ma secondo il New York Times ogni singola puntata della serie televisiva arriverà intorno ai 750.000 dollari. “Vogliamo rinvigorire il nostro marchio con la migliore esecuzione possibile”, ha detto il presidente della WB Peter Roth.
    La speranza è che il revival farà risalire anche le venidte del merchandising Looney Tunes, che negli utlimi otto anni è stato in costante calo. Jerry Beck, esperto di animazione e autore di un libro sui Looney Tunes di prossima uscita negli Stati Uniti, dice che con gli animatori che hanno scelto stavolta potrebbero essere davvero sulla buona strada. In programma c’è anche un nuovo gioco per Nintendo che avrà per protagonista Taz, il diavolo della Tasmania.
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    Last edited: Jul 21, 2017
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  10. olandiano

    olandiano User

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  11. embriaco

    embriaco User

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    Alan Ford è un fumetto nato nel 1969 dalle sapienti mani della collaudata coppia Magnu & Bunker.
    I due avevano già realizzato insieme diversi fumetti (tra i più importanti Kriminal e Satanik, ma avevano anche lavorato su storie di agenti segreti come Dennis Cobb).

    L'atmosfera dell'opinione pubblica sulle storie noir a tinte forti (tra cui Kriminal e Satanik) si era fatta un po' pesante e i due sentivano il bisogno di realizzare qualcosa di più leggero e innovativo. Si optò per un fumetto che trattasse di spie e agenti segreti che non fosse serio come Dennis Cobb, ma comico, strabordante di strani personaggi e situazioni grottesche.
    Per cercare di mantenere elevata la qualità degli albi si decise di affidare i disegni soltanto a Magnus.
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    Superciuk - la minaccia alcolica
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    Alan Ford di Giorgio Loi - 1 Feb 2003
    Quando nasce e chi lo crea?
    "Alan Ford" vede la luce nel maggio 1969 con i testi di Luciano Secchi (Max Bunker) e i disegni di Roberto Raviola (Magnus), ossia il duo "Magnus & Bunker" ben noto al pubblico dell'epoca per aver firmato numerose pubblicazioni "nere", fra cui merita menzionare almeno "Kriminal" e "Satanik". Il formato era lo stesso delle succitate pubblicazioni, ossia 120 pagine in formato tascabile rigorosamente suddivise in due vignette ciascuna. Alan Ford sconcertò i lettori dell'epoca perché si allontanava drasticamente dal genere finora proposto dai due autori, trattandosi di una parodia a sfondo spionistico che sfociava spesso e volentieri nel grottesco e nella denuncia sociale. In Alan ogni valore tradizionale veniva letteralmente stravolto, fatto a pezzi, con una forza dissacratoria molto superiore a quella dei due pure innovativi antieroi "neri". Difficile stabilire se il successo di Alan Ford (che arrivò tardi ma arrivò, travolgente) sia più legato agli arguti testi di Bunker o agli splendidi disegni di Magnus. Certo è che tra i due, come mai prima d'allora, si stabilì una perfetta simbiosi, un sodalizio artistico che ci ha lasciato storie indimenticabili e che durò per 75 numeri consecutivi, fino all'abbandono di Magnus. Con Magnus non se ne andava semplicemente un disegnatore. Si staccava un pezzo dell'anima della serie. Non a caso tutti i disegnatori che seguiranno, fra cui anche riconosciuti professionisti come Paolo Piffarerio, Raffaele della Monica e, oggi, Dario Perucca, cercheranno quanto più possibile di replicare lo stile del creatore grafico, finendo inevitabilmente per soccombere al confronto. La stessa vena creativa di Bunker andrà via via inaridendosi, replicando per lo più le fulminanti trovate degli anni d'oro, confermando la tesi che in quei magici 75 numeri fosse già stato detto tutto.
    La copertina del primo
    numero di Alan Ford
    disegni di Luigi Corteggi
    (c) 1969 Max Bunker Press


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    Chi sono i suoi nemici?
    I nemici del gruppo T.N.T. sono numerosi e pittoreschi, ed è impossibile elencarli tutti. Limitandoci ad alcuni nomi dei primi numeri possiamo citare Margot, affascinante spia che ricorre spesso nella saga; il dottor Kroizer, folle scienziato nazista; il Cospiratore, perennemente incappucciato; Tromb, che sogna di distruggere la Terra che lo ha sempre disprezzato; Arsenico Lupon, assai galante e molto ladron; il Barone Wurdalak, versione caricaturale dell'omonimo vampiro comparso su "Satanik". Ma è Superciuk il super-nemico per eccellenza, la quintessenza del ribaltamento, della sovversione ideologica di Alan Ford. Superciuk è uno spazzino che si trasforma in un Robin Hood alla rovescia, che ruba ai poveri per dare ai ricchi. Possiede super poteri che gli derivano dal vino (che beve in quantità spropositate), vale a dire super-forza e una fiatata puzzolente capace di tramortire chiunque e di fondere perfino i metalli. Paladino dei capitalisti contro i soprusi del proletariato, Superciuk è guidato nella sua folle crociata da un ideale, quello di un mondo lindo e pulito, popolato da gente che non sporca. E' volutamente paradossale che nell'universo alanfordiano, dove i "buoni" sono mossi unicamente da bassi istinti di sopravvivenza, sia un "cattivo" a permettersi di essere idealista, ad agire non per sé ma per un fine superiore. E, in quanto idealista, Superciuk entra in crisi, conosce il vero volto dei ricchi e passa temporaneamente dall'altra parte, ma solo per ricevere nuove delusioni. E così, al termine di un travagliato percorso interiore, dismette i panni del superuomo per tornare alla sua vera vocazione, quella di tenere il mondo pulito, imbarcandosi su una nave come uomo di fatica e rinunciando alla vita di agi che i suoi superpoteri gli avrebbero facilmente consentito di ottenere. Tutto ciò avviene nel n.75 che coincide, non a caso, con l'abbandono di Magnus.
    Superciuk entra in azione!


    "(..) il gruppo TNT è il più scalcinato gruppo di spie mai visto nel mondo dei fumetti (..)"
    Franco Fossati in "I fumetti in 100 personaggi" (1977, Longanesi & Co.)

    Il primo numero di Alan Ford apparve in edicola nel maggio del 1969 e non diede un gran risultato. L'avere dato vita ad una serie comica che dava un taglio netto alla produzione 'per adulti' realizzata dalla coppia fino a quel momento sembrò forse un tradimento ai fedelissimi lettori di Kriminal e Satanik.

    Se il primo numero non aveva fatto ben sperare il secondo affossò completamente gli animi, le vendite successive furono disastrose tanto che la serie rischiò di chiudere al quarto numero. Magnus e Bunker contro il parere di tutti decisero di andare avanti ancora un pò col personaggio.
    Soltanto intorno al decimo numero le vendite iniziarono a mostrare timidi segnali di ripresa anche se non sufficienti a coprire i costi.

    Il numero della svolta fu il 26 quando apparve un nemico d'eccezione, la minaccia alcolica Superciuk.
    Il numero fu ristampato tre volte e consnentì alla testata di raggiungere e abbondantemente oltrepassare il pareggio tra costi e ricavi.

    Il fumettto parla di un gruppo di agenti segreti (il Gruppo TNT), guidato da un vecchio paralitico in carrozzella (il Numero Uno), che ha sede in uno scalcinato negozio di fiori (in realtà semplice copertura per l'attività del gruppo).
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    Il Numero Uno col fedele assistente Grunf
    Il gruppo è formato da un folto numero di agenti, più o meno abili, che nel tempo si è ampliato e modificato.
    Gli originari membri del gruppo sono:
    - Alan Ford
    - Bob Rock
    - Conte Oliver
    - Grunf
    - Geremia
    - Cariatide
    - Il Numero Uno
    - Cirano
    - Squitty
    I villain della serie sono spesso molto particolari e ben caratterizzati e contribuiscono al fascino del fumetto. Tra i nemici più ricorrenti del Gruppo TNT possiamo ricordare i famosissimi Superciuk, Gommaflex e Arsenico Lupon.

    Il fumetto è a suo modo un po' altmaniano, non esiste un protagonista assoluto e le storie danno il giusto peso ai diversi personaggi con una regia corale e spesso ben orchestrata.

    Nonostante il Gruppo TNT non sia decisamente un modello di tecnologia ed efficienza riesce spesso a portare a termine con successo le missioni assegnategli.
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    Alcuni membri del gruppo TNT
    Questo non è sufficiente a portare agli agenti fama e ricchezza, il gruppo è costantemente al verde e solo il Numero Uno (e per vie diverse il Conte Oliver) riesce a trarre vantaggio dal buon esito delle missioni.

    Le prime storie sono state interamente disegnate da Magnus (fino all'albo n. 75), poi Magnus ha preso un'altra strada che l'ha portato a realizzare le sue più grandi opere.

    E tornato a disegnare Alan Ford in occasione del numero 200.
    Tra i disegnatori che si sono maggiormente cimentati con Alan Ford ricordiamo Dario Perruca e Paolo Piffarerio. Alla serie regolare si sono affiancate nel tempo varie serie e spin-off.
     
  12. olandiano

    olandiano User

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  13. embriaco

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    Bristow, l'impiegato scansafatiche più simpatico del mondo nella striscia di Frank Dickens
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    [fumetto]

    Bristow
    4.6 stelle 7 voti
    Immaginate un dipendente svogliato, nullafacente, perditempo che si aggira per le grandi stanze di un imponente edificio. Immaginate che lavori per una grande multinazionale inglese e sia impiegato presso l'Ufficio Acquisti. Immaginate questo con un mondo a sè stante, un universo chiuso e autoreferenziato.
    Immaginate infine una massa di individui integrati, tutti uguali, che si contendono briciole di potere rappresentate da titoli inutili e un ammasso di burocrazia.
    Non state immaginando altro che Bristow, l'allegro impiegatucolo giacca e bombetta che ha fatto dell'oziare al lavoro la sua missione e del nullafacentismo il suo credo.
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    Bristow e mr. Jones
    Il fumetto di Bristow è stato creato da Frank Dickens nel 1962 per il quotidiano Evening Standard ma le prime apparizioni del simpatico omino con la bombetta si erano già avute sulle pagine del Sunday Times, come personaggio non protagonista in un'altra striscia di Dickens: Oddbod.
    In Italia è approdato qualche anno dopo, nel giugno 1966, sulla rivista Linusestate, supplemento del più famoso Linus ed in seguito trovando spazio proprio sulle pagine di Linus cioè sulla principale rivista di fumetti e striscie dell'epoca, rivista che ha continuato a pubblicarlo a lungo.
    Bristow è stato poi ripreso da altre testate come Eureka e Off-Side.
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    L'imponente Mr. Fudge
    Gli omini che popolano questa striscia sono tutti molto simili tra loro, piccoli, tondeggianti, vestiti con giacca e bombetta, con appena alcuni elementi a differenziarli l'uno dall'altro (occhiali, ciglia, baffetti).
    Tutto è volutamente stereotipato: gli impiegati vestiti di tutto punto in giacca, cravatta e bombetta; gli operai più virilmente indossano una canotta senza maniche o, in alternativa, la classica tuta da lavoro. Anche l'ambiente di lavoro è stereotipato con le situazioni magari verosimili portate all'estremo.

    L'humor della striscia è tipicamente inglese, molto leggero e per niente cattivo; mette bonariamente alla berlina un comportamento non certamente virtuoso del protagonista ma lo rende simpatico perché fatto senza cattiveria anzi quasi per istinto di sopravvivenza, per riuscire a sfuggire a degli ingranaggi che finirebbero per stritolare la sua personalità.
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    Mr. Jones e una delle ragazze del the
    L'ambientazione e le situazioni assurde che si vengono a creare non possono non far pensare, questa volta in campo cinematografico, alle tragicomiche vicende del Rag. Ugo Fantozzi anche se i personaggi sono quasi all'estremo opposto con Fantozzi che è un eterno perdente mentre sostanzialmente Bristow riesce sempre ad ottenere quel che vuole ed è indubbiamente un inguaribile ottimista.

    Nel campo del fumetto il pensiero corre subito al più recente Dilbert, che ha molti punti in contatto con Bristow; in entrambi i fumetti sembra che l'unico mondo possibile sia quello del lavoro, quasi i nostri omini non avessero vita privata (molto raramente si vedono i personaggi muoversi al di fuori delle quattro pareti dell'ufficio).
    E' interessante vedere i cambiamenti di ambientazione dalle ampie stanze, arredate solamente con scrivania, carta e penna agli striminziti cubicoli con un pc, uno attaccato all'altro, presenti in Dilbert.
    Ma è sopprattutto il discorso di fondo ad essere diverso perché qui è visto dalla parte di un dipendente che non ha voglia di fare e della struttura burocratizzata che lo consente o cmq non può fare molto per impedirlo. E il dipendente è tutto sommato un vincente che si gode il suo lavoro come se fosse sempre in vacanza.
    In Dilbert, invece, si irridono e si analizzano 'lucidamente' gli ingranaggi stessi che corrodono dal di dentro le imprese; management come parassiti e consulenti come sanguisughe. Cinico e cattivissimo quanto Bristow era bonario e leggero, Dilbert è figlio di altri tempi.
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    Il monolitico palazzo della Chester-Perry
    Nonostante l'unità di luogo dell'azione che si svolge quasi completamente nell'immenso complesso della Chester-Perry, la serie ha un gran numero di personaggi differenti, anche se nella maggior parte delle vignette è Bristow il protagonista incontrastato e spesso unico, tanto che non è inusuale vederlo parlare da solo (o pensare) per esprimere le sue opinioni.

    Tra i tanti personaggi presenti nel fumetto vanno citati:
    - il collega Jones che si contende con Bristow la 18ma posizione di aspirante Caposettore dell'Ufficio Acquisti;
    - Hewitt, collega più giovane di Bristow con mentalità più aperta, ancora pieno di passione e voglia di fare;
    - il capoufficio Fudge, imponente, irascibile e collerico;
    - il fattorino, molto giovane ed esperto in vari settori tra i quali l'alta finanzia;
    - le signorine del thé;
    - le signorine della sala dattilografia;
    - Mr. Gordon Bleu, il cuoco della mensa;
    - un uccello di grandi dimensioni che si appoggia spesso alla finestra di Bristow (e con il quale il nostro eroe è solito fermarsi a parlare);
    - Sir Reginald Chester-Perry, padrone della ditta, presenza costante ma invisibile,
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    Miser Gordon Bleu, il cuoco della mensa
    e poi ancora il ragazzo che aziona l'ascensore, altri superiori di Bristow, impiegati di altre ditte (Gun & Fames, Blondini Brothers, ...), tecnici esterni, vigilesse e via discorrendo.
    Le situazioni sono abbastanza varie ma ruotano intorno a elementi consolidati; prevalentemente il rapporto con i colleghi pari grado, le smancerie alle ragazze della sala dattilografia o a quelle del thé (dove l'ordine viene spesso sconvolto dalle nuove arrivate), i battibecchi con i superiori e la ricerca di modi per riuscire a sottrarsi al proprio lavoro, le ferie o le pause dal lavoro e poi tante altre possibili situazioni che si innescano di volta in volta come un levriero che morde Sir Reginald Chester-Perry o un incidente alla sua gigantesca Rolls Royce che diventano argomento di discussione tra i dipendenti per serie di godibilissime vignette.

    A parte la pubblicazione su riviste, le strisce di Bristow sono state raccolte in volume sia da Milano Libri che (prevalentemente) da Mondadori.
    Mondadori ha pubblicato ben 8 albi di Bristow nella collana Oscar Mondadori e precisamente (tra parentesi numero del volume e anno di pubblicazione):

    - Timbra il tuo cartellino, Bristow! (O.M. n.252, 1969)
    - Bristow, il contestatore integrato (O.M. n. 477, 1973)
    - Il libretto rosso dell'assenteista (O.M. n. 544, 1974)
    - M'impiego ma non mi spezzo (O.M. n. 616, 1975)
    - La 'Bristow-giungla' aziendale (O.M. n. 691, 1976)
    - Bristow il topo d'azienda (O.M. n. 789, 1977)
    - I pensieri di Bristow (O.M. n. 884, 1978)
    - Bristow: graffiti aziendali (O.M. n. 927, 1979)

    Le pubblicazione non segue un ordine cronologico ma associa le strisce per tematica e situazioni tipo (una nuova donna del thé, le ferie di Bristow, Bristow scrittore e simili).

    Un elenco estremamente dettagliato dei personaggi e delle situazioni ricorrenti nella striscia è presente sul sito non ufficiale Bristow - The Staff Entrance, una vera miniera di informazioni (in inglese).
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    La “Bristow-giungla” aziendale



    Frank Dickens, La “Bristow-giungla” aziendale, Oscar Mondadori 1976
    [​IMG]Un tipico impiegato inglese, in impeccabile giacca e cravatta, con pantaloni a righe grigi, ombrello e baffetti. Talmente tipico che è identico alle centinaia di suoi colleghi che ogni mattina entrano sbuffando nei mega-uffici della Chester-Perry. Il loro principale impegno è far passare le ore che li separano dal momento dell’uscita nel modo meno faticoso possibile. Inutile dire che Bristow è abilissimo in questo impegno: è in grado di dormire in ufficio, organizza scommesse, chiacchiera coi colleghi durante le interminabili pause, inventa passatempi… Il tutto sempre con l’occhio puntato alla porta del capufficio, il collerico mister Fudge, onde non farsi scoprire dal cerbero.
    Omini tutti uguali, giornate tutte uguali, ambienti tutti uguali, tutto e tutti grigi e anonimi: è trasparente la denuncia di Frank Dickens verso un certo sistema lavorativo alienante, verso un’organizzazione senza prospettive e non in grado di creare soddisfazioni e stimoli. Nel frattempo però, la sua matita non perdona neanche l’inettitutide di tutti questi impiegatini, inebetiti dalla loro quotidianità, senza guizzi e quasi sempre senza neppure un nome.
    Dickens disegna con un tratto molto semplice, talvolta addirittura solo abbozzato, per quanto decisamente efficace: in questo senso, possiamo avvicinarlo ad altri grandi umoristi, da Johnny Hart a Mell Lazarus.
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    Colpisce però una sua caratteristica: quella di scrivere accanto al personaggio di turno l’azione che sta svolgendo, quando questa è particolarmente concitata (o forse – insinuano i maligni – quando l’autore non riesce a renderla adeguatamente col disegno…). Capita così di vedere scritte del tipo “salta! salta!” “scrivi! scrivi!”, “tira! tira!” accanto a Bristow o al suo collega, scritte che – anche se la traduzione in italiano elimina l’effetto onomatopeico dell’originale – rendono e valorizzano molto bene l’idea.
    Un ottimo espediente, molto raro a vedersi nel fumetto occidentale (Jacovitti usava talvolta qualcosa di simile, ma con scopi più strettamente umoristici), più diffusa invece tra gli autori di manga.
    Bristow è stato pubblicato in strisce giornaliere in Inghilterra dal 1962 (quando nacque come spin-off di un’altra serie di Dickens, Oddbod, di due anni prima) al 2001, e in Italia da Linus, Eureka e in raccolte da Milano Libri e Mondadori, come nel caso di questo volume della collana Oscar del 1976.
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    È scomparso Frank Dickens

    27 settembre 2016

    Apprendiamo la notizia da Lo Spazio Bianco: è scomparso Frank Dickens, fumettista britannico e papà di Bristow, l’impiegato scansafatiche, vero e proprio precursore del nostro Fantozzi -
    Il lutto risale allo scorso 8 luglio, ma è purtroppo passato sotto silenzio per tutti questi mesi.
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    Andy Capp
    Andy è un ubriacone rissoso e infedele, ama le donne, il rugby e la birra...
    [​IMG]Andy Capp è il protagonista di una serie di strisce a fumetti creata da Reg Smythe, nel 1957.
    Si tratta di strisce di satira a sfondo sociale, pubblicate sulle pagine del quotidiano londinese Daily Mirror. Solo nel 1963 tali strisce arrivarono negli Stati Uniti e poco alla volta furono conosciute in tutto il mondo: tradotte in 17 lingue e pubblicate su 1700 testate nel mondo.
    Andy è un ubriacone rissoso e infedele. Pensa e parla di poche cose: donne, rugby, biliardo e ovviamente di birra.
    [​IMG]E’ sposato con Flo, una donna che lavora onestamente e sopporta il marito fannullone, che invece di cercare lavoro passa tutta la giornata a dormire sul divano e, quando è sveglio, si piazza al bancone del pub vicino casa a bere birra.
    La coppia è sempre indebitata fino al collo e stenta ad arrivare a fine mese. Pare che i due personaggi siano ispirati ai genitori dello stesso autore, non a caso anche la città in cui è ambientata la strip è Hartlepool, la stessa in cui Smythe ha vissuto da ragazzo.[​IMG]
    Altri personaggi della serie degni di nota sono: la Suocera, madre di Flo, pettegola, maligna e sempre pronta a criticare Andy, il quale risponde con altrettanta cattiveria.
    Jack, il titolare del pub. In molte strisce è lui ad avere l’ultima parola, commentando le vicende che avvengono nel suo locale.
    Percy, il “nemico” di Andy, è l’arbitro delle sue partite di rugby (nelle quali Andy è quasi sempre espulso), ma anche colui che riscuote le quote di affitto della casa dei Capp (sempre rigorosamente arretrate).
    Vicario, il pastore della Parrocchia, che cerca in ogni modo di portare Andy sulla buona strada, tentando di farlo smettere di bere e aggiustando la sua burrascosa vita di coppia, riuscirà se non altro a farlo smettere di fumare.
    [​IMG]In Italia Andy Capp è stato pubblicato fino al 2008 sul settimanale “La settimana Enigmistica”, con il nome di “Le vicende di Carlo e Alice“.
    Anche in altri paesi Andy Capp è noto con altro nome: Tuffa Victor in Svezia, Jan Met de Pet nei Paesi Bassi, An’ Dicap in Ghana…

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    Andy Capp è una striscia umoristica ambientata nel Nord-Est dell'Inghilterra (precisamente nella cittadina di Hartlepool), creata dall'inglese Reg Smythe nel 1957 (la prima vignetta è del 5 agosto 1957) ed incentrata sulle vicende ed i continui litigi di un'affiatata coppia di coniugi inglesi, Andy Capp, il protagonista ubriacone e scansafatiche, e Florrie (quasi sempre chiamata con il diminutivo Flo), la sua paziente consorte, casalinga con un incredibile grado di sopportazione verso i tanti vizi del marito.
    La strip, forse grazie al ricorso a battibecchi tra coniugi universalmente validi e spendibili ed ai difetti dei protagonisti che, benché ricalcati su quelli che dovrebbero essere i difetti più vistosi (almeno per quello che è lo stereotipo) degli inglesi del nord, sono in realtà replicabili in gran parte del mondo, ha avuto uno straordinario successo che l'ha fatta conoscere ed apprezzare in tutto il mondo.
    Nelle prime apparizioni Andy Capp era rappresentato come un omaccione un po' più corpulento di come lo conosciamo oggi, ma sempre ubriacone e manesco. Questa prima versione del personaggio era stata realizzata per la pubblicazione sui quotidiani del nord dell'Inghilterra, delle cui popolazioni Andy Capp doveva rappresentare in qualche modo l'esasperazione dei difetti.
    Attualmente Andy Capp si presenta come un uomo di statura ordinaria, magro, naso a palla e berretto calato sugli occhi che non toglie praticamente mai (neanche quando gioca a calcio).
    Florrie è la classica donna sposata da troppi anni per essere veramente interessata a curare il proprio aspetto. Di certo non è poi aiutata dall'enorme mole di lavoro che deve fare per portare qualche soldo in famiglia e per tenere la casa in ordine per concedersi un po' di tempo per se stessa. Un po' sovrappeso, Flo presenta capelli ondulati che spesso sono attraversati da vistosi bigodini.
    I due, apparentemente così distanti, tanto da farci chiedere per quale motivo stiano ancora insieme, dimostrano ad uno sguardo attento di avere molte cose in comune.
    Non è raro vederli bere insieme qualche birra, sia a casa che fuori, o magari andare allo stadio per tifare con vigore i propri beniamini; inoltre Flo, come il marito, non si tira indietro quando c'è da menare le mani (non è improbabile vedere l'energica casalinga alle prese con le risse da strada specie per difendere il suo uomo dalle grinfie di qualche sciaquetta di turno) ed ha anche i suoi scheletri nell'armadio come la passione per bingo e lotterie alle quali gioca di tanto in tanto nascostamente dal marito.
    Non mancano momenti di tenerezza tra i due, anche se spesso nascondono, in particolare da parte del marito, dei secondi fini.
    Quando la pubblicazione ha interessato l'intera Inghilterra, parliamo dell'anno successivo, il 1958, la figura di Andy Capp si è 'aggrazziata' nel fisico ma ha mantenuto le altre caratteristiche.
    Il protagonista è rimasto infatti un uomo manesco ed ubriacone, sempre pronto a tradire la moglie (ci prova perfino quando lei è presente insidiando le giovani avventrici del pub dove a volte vanno insieme a bere una birra) anche se non sempre con grande fortuna, e senza alcuna voglia di lavorare. Si alza dal divano, dove passa la maggior parte del suo tempo, solo per andare al bar a farsi una pinta, giocare a freccette o a biliardo o anche partecipare a più impegnativi tornei di calcio o di rugby.

    Proprio questi elementi, che in sè non hanno nulla di divertente, fanno da collante ad una strip spassosa ma che lascia a volte il retrogusto un po' amaro giocando su situazioni di violenza e disagio familiare.
    E' comunque evidente come la violenza sia trattata in maniera umoristica, rappresentata al più con delle nuvolette di fumo, ed è anche ovvio come nessuno si faccia mai veramente male. E ad ogni modo le risse tra Andy Capp e Flo non vedono sempre vittorioso il marito e talvolta sarà la moglie ad avere la meglio tra i due.
    Col passare del tempo Andy Capp si lascerà alle spalle le risse con la moglie, probabilmente grazie ad una maggiore sensibilità verso la drammatica situazione rappresentata dalla violenza domestica.
    Allo stesso modo Andy Capp perderà un altro aspetto poco educativo del suo carattere, il vizio del fumo, e di punto in bianco, negli anni Novanta, della sigaretta che per anni aveva avuto perennemente incollata alle labbra, non resterà più traccia.
    Non perderà invece il cappello che continuerà ad avere sempre calato sugli occhi (caratteristica che lo avvicina al protagonista di un'altra famosa strip, Beetle Bailey).
    I problemi familiari verranno quindi affrontati dalla coppia con una maggiore propositività, che comunque rimarra inutile e spassosa, tramite il ricorso ad un consulente matrimoniale.
    Altra modalità di risoluzione dei problemi è la minaccia continua (con tanto di valigia alla mano) di andar via da casa, minaccia perpetrata di volta in volta da Andy o da Flo. Tali minacce non sono mai prese sul serio dal coniuge di turno ed effettivamente si rivelano sistematicamente un bluff.
    Le situazioni ed i personaggi del fumetto sono meno vari di quelli che solitamente compongono le comic strip. Più che altrove la vis comica è demandata quasi esclusivamente ai due protagonisti, comunque splendidi ed efficaci, ed alle loro abitudini e manie.
    Così da un lato avremo Andy Capp, svogliato e pelandrone, restio a lavorare ed anche al solo pensiero di cercarsi un lavoro, girare al largo dall'ufficio di collocamento. Quando finalmente qualche proposta di lavoro arriva viene bocciata da Andy con le scuse più puerili. Andy Capp passa la maggior parte del suo tempo sdraiato sul divano quando è in casa e si dimostra interessato ad uscire soltanto per andare al bar a bere con gli amici, andare allo stadio dove riesce finalmente a mettere da parte la sua apatia, giocare a football e allevare piccioni viaggiatori.
    Sull'altro versante abbiamo Flo, la donna di casa, casalinga ma anche lavoratrice (lavora come donna delle pulizie, praticamente riprendendo quelle che sono le attività domestiche alle quali è costretta tutti i giorni da un marito apatico che non alza mai un dito per aiutarla), unica a portare a casa del denaro che Andy Capp cercherà con le buone o le cattive di sottrarre (in alternativa Andy ricorrerà al credito o a prestiti di amici, cosa che fa peggiorare ancora di più la già disastrosa condizione economica della coppia).
    Lo sa bene Percy, il padrone di casa che passa, spesso vanamente, a riscuotere l'affitto (Andy e Flo sono perennemente in arretrato con la pigione dell'immobile); Percy è anche l'arbitro delle partite di football alle quali Andy Capp prende parte e con il quale spesso si scontra. E' uno dei pochi altri personaggi ricorrenti delle strisce insieme ai vicini di casa Chalkie, compagno di sbronze di Andy, e Rube, compagna di pettegolezzo di Flo, sostanzialmente simili ai protagonisti ma più moderati; al parroco protestante (chiamato nella striscia vicario); al già citato consultente matrimoniale che tenterà (vanamente) di aiutare la coppia a risolvere i problemi familiari; alla suocera di Andy, madre di Flo, che non compare mai nelle vignette ma è presente solo con i balloon che fuoriescono dalla stanza accanto e che ha, ovviamente, un giustificato rancore verso il genero; al gestore del pub frequentato dal protagonista, Jackie, ed altri amici da bar di Andy, delle amiche di chiacchere di Flo e poi occasionali ragazze che il nostro eroe importunerà con modesti risultati, venditori porta a porta, cameriere, e comparse di vario genere.
    L'eccezionale bravura di Smythe sta proprio nella capacità di riuscire a portare avanti le avventure di Andy Capp basandosi su questi pochi elementi ripetuti all'infinito. Oltre che situazioni e personaggi anche le ambientazioni sono sempre le stesse. Prevalentemente il bancone del bar, le strade della città e l'interno di casa Capp. L'inquadratura in casa è praticamente sempre la stessa, panoramica sul divano con Andy Capp steso sopra, solitamente di schiena, e, saltuariamente, Flo a terra, carponi, che pulisce il pavimento. Ogni tanto si vedono delle scale che portano al primo piano e ancor più di rado la cucina dell'abitazione.
    Nelle prime vignette e strisce l'autore utilizzava un disegno 'tridimensionale' con ambienti più complessi e profondità di campo; successivamente si è orientato verso una bidimensionalità delle figure, inquadrate sempre frontalmente, con una maggiore attenzione verso la geometria e la composizione degli elementi, sempre gli stessi ma utilizzati con modalità differenti, della strip.
    Il titolo della striscia Andy Capp gioca con la pronuncia che corrisponde al termine handicap con ironico riferimento, forse, all'indolenza del protagonista.
    Dopo la morte dell'autore, avvenuta nel giugno del 1998, la striscia è stata portata avanti, in un primo momento senza le firme dei nuovi autori e poi con l'indicazione in un primo momento di Roger Mahoney come disegnatore e Roger Kettle come scrittore, e successivamente di Mahoney, Goldsmith e Garnett.
    Pubblicato in patria sulle pagine di uno dei più famosi quotidiani londinesi, il Daily Mirror, in Italia ha fatto la sua apparizione all'interno del periodico La settimana enigmistica, dove veniva presentato con il titolo italianizzato Le vicende di Carlo e Alice (a riprova della validità universale delle situazioni trattate dalla striscia).
    A pubblicarlo con il nome originale dandogli il giusto spazio all'interno di una rivista dedicata ai fumetti, tra l'altro particolarmente attenta al mondo delle comic strip, è stato Max Bunker con la testata Eureka dove Andy Capp ha trovato spazio sin dal primo numero (del novembre 1967) diventando praticamente da subito uno dei fumetti principali della rivista.
    In seguito le strisce di Andy Capp sono state pubblicate da molte altre testate (Comix, Comic Art e così via) ed in volumi monografici. Albi dedicati a Andy Capp sono presenti nelle collane Oscar Mondadori ed Eureka Pocket ma in particolar modo nella collana Comic Box dell'Editoriale Corno, composta da bei volumetti in formato quadrato, la maggior parte dei quali sono dedicati proprio a questo personaggio.

    Ed ovviamente Andy Capp non poteva mancare neanche nella storica collana I Classici del Fumetto di Repubblica che gli dedica il 59mo albo della serie, il penultimo, dal titolo Andy Capp.
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    Luciano Lanna 20 Apr 2017 17:20 CEST
    Andy Capp, lo “scorretto” che ci affascina

    Il personaggio creato da Reg Smythe nel 1917 esordì sul Daily nel ’57 e dieci anni dopo arrivò in Italia sulla rivista Eureka
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    Questo 2017 è senz’altro l’anno di Andy Capp, una delle più popolari icone del fumetto e dell’immaginario novecentesco tout court. Se il simpatico personaggio delle strisce nasceva infatti nel 1957, e sono già sessant’anni, il suo autore, Reg Smythe, aveva avuto la luce proprio un secolo fa, il 10 luglio del 1917. Infine, la notorietà italiana di Andy è databile a cinquant’anni fa esatti, con la pubblicazione dei suoi fumetti sul periodico Eureka.
    Perché allora non fare il punto sull’identità e l’universalità di un’icona affermatasi globalmente come simbolo di un preciso atteggiamento esistenziale e, a detta di qualche studioso, addirittura antropologico- culturale? Andy, infatti, con la sua coppola eternamente ammosciata e la sigaretta sempre penzolante, a cui non ne va mai bene una, tutto casa e bar, le sue partite di calcio e le sue scommesse ai cavalli, è una figura che ha fatto scattare – da subito – un sentimento di identificazione universale. Da quell’esordio nel ’ 57 sul Daily Mirror le sue strip hanno fatto in brevissimo tempo il giro del mondo mettendo in sordina la sua stessa esteriorità tutta britannica.
    Si leggeva sul Time già nel ’ 63: «Andy Capp può essere turco, inglese, greco, italiano e anche polacco. I nostri lettori si sono abituati e affezionati a lui nel giro di una settimana: egli rappresenta, come ci ha detto uno di loro, tutto ciò che essi amano essere». Eppure, a osservarlo con attenzione non dovrebbe ( e potrebbe) essere un modello cui ispirarsi. È alto poco più di un metro e cinquanta, è sui quarantasei anni, un po’ appesantito sulla pancia e i fianchi, con una moglie per niente avvenente. Il suo berretto gli nasconde gli occhi, ma lui non se lo toglie mai, neanche quando va a letto o durante i suo rari appuntamenti con la tinozza del bagno. La sigaretta gli pende perennemente dalle labbra e il suo naso bitorzoluto gli si arrossisce ogni qualvolta si ubriaca, il che avviene quasi tutte le sere. Non ha un impiego fisso, vive col sussidio di disoccupazione che pretende come se lo guadagnasse lavorando. È alquanto egoista, burbero, non le manda a dire. E cosa c’è di affascinante e di divertente in tutto questo? E perché il suo autore, Reg Smythe, è stato definito «il più grande umorista inglese dopo Charles Dickens» ?
    Una cosa è certa: nel mondo di Dickens e dei suoi personaggi accanto agli aspetti umoristici e divertenti c’è sempre, sicuramente, anche un bilanciamento di sentimenti positivi o nobili.
    Nelle creature di Smythe no, in Andy non c’è mai traccia né di retorica dei sentimenti né di aspirazione a una qualche forma di nobiltà. Lui è lo “scorretto” per eccellenza, l’irriverente per vocazione. «Perché allora – ha annotato D. P. McGeachy in Il Vangelo secondo Andy Capp ( Editoriale Corno, 1976), il primo saggio critico dedicato al nostro personaggio – me la rido di gusto? E, soprattutto, cosa c’è che mi piace di Andy Capp? Be’, mi piace non perché è quello che vorrei essere, ma perché ( horribile dictu!) è quello che sono. E non c’è conforto maggiore per un peccatore che quello di sapere di non essere solo» . «Sì, è proprio così, Andy Capp – ha spiegato lo scrittore italiano Antonio Pennacchi, il quale anche esteticamente si è personalmente ispirato al nostro personaggio – non vuole apparire diverso da come è. Lui mette al bando dal suo linguaggio e dai suoi comportamenti qualsiasi ipocrisia e qualsiasi retorica. È un finto burbero ma ha un cuore d’oro, un po’ come l’Accio Benassi del mio romanzo Il fasciocomunista.
    Per vent’anni io stesso mi sono ispirato a lui, ho portato il suo stesso cappello, poi l’ho cambiato con uno a tesa larga ma gli resto fedele come a un vecchio amico». Già, come non immedesimarsi in lui?
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    Anche il grande e compianto Gianni Brera aveva confessato in tempi non sospetti la sua passione: «L’osteria di Andy è il britannico pub: a volte vi figurano panche, altre volte sgabelli simili a trespoli per una più ardua ascesi alcolica. Il vino è assente come genere di lusso, comunemente riservato ai ricchi. Il contrasto tra pub e osteria implica le solite discrepanze fra il procelloso Nord e il solare Mediterraneo. Ma come va – si domandava Brera – che Andy si comporta alla stregua di qualsiasi omarino colto in fallo e puntualmente individuato a Cadice o a Smirne, in Quebec del Canada o a Turku in Finlandia?».
    Del resto, Andy e sua moglie Forrie, detta Flo, potrebbero essere considerati gli abitanti idealtipici di qualsiasi provincia o periferia del mondo. Due personaggi che amano e si interessano soprattutto alla ripetitività della propria quotidianità: la birra, le partite a freccette o a biliardo al pub, quelle a calcio, le scommesse, il poltrire, le discussioni tra marito e moglie, il matterello di Flo, la spesa, il marito traditore, le bollette da pagare. D’altronde, proprio come Andy, Reginald Smyth, viveva a Hartlepool, una cittadina di 90mila abitanti situata nel Nord- ovest della Gran Bretagna, a cinquanta chilometri da Newcastle.
    Reg studia fino alle scuole medie e poi cerca di sbarcare il lunario come garzone di macellaio. Poi, nel ’ 36, entra nell’esercito dove è impiegato come fuciliere per tutta la seconda guerra mondiale. Dopo il ’ 45, Smyth diventa un funzionario pubblico, lavorando come impiegato in un ufficio postale. E nel tempo libero inizia a disegnare manifesti e a spedire vignette umoristiche a riviste.
    Comincia a firmarsi come Reg Smythe e nel 1954 entra nello staff del Daily Mirror, ricevendo l’incarico di disegnare la vignetta quotidiana della sezione “Laughter at Work” (“risate sul posto di lavoro”). Tre anni dopo, il caporedattore Hugh Cudlipp, nel tentativo di aumentare la tiratura del quotidiano nel Nord della Gran Bretagna, gli commissiona una striscia umoristica basata sulla sua esperienza in quelle zone, che potesse rappresentare quei precisi lettori. E così, il 5 agosto del ’ 57, debutta la prima striscia di Andy Capp. Il successo è così travolgente che, nel giro di un anno, le vignette di Andy iniziano a comparire anche sull’edizione nazionale del giornale.
    Nel 1960, divenuto una vera e propria striscia a fuca metti, Andy Capp viene ospitato sul Sunday Pictorial ( il futuro Sunday Mirror) e, in una decina d’anni, si afferma in oltre 1700 quotidiani di tutto il mondo, raggiungendo 250 milioni di lettori di diciassette lingue diverse. Da noi La Settimana Enigmistiusato ribattezzò la striscia in “Le vicende di Carlo e Alice”, in Svezia Andy Capp divenne Tuffa Victor, in Olanda Jan Met de Pet… Con l’inizio degli anni Sessanta, Andy assurge a icona britannica doc. Tanto che inizia a essere anche come testimonial pubblicitario, tra i tanti di una nota marca di birra.
    La striscia vince poi il Best British Cartoon Award per cinque anni consecutivi ( dal 1961 al 1965) e viene votata come migliore strip dall’associazione americana dei cartoonist. Nel ’ 63, infatti, la coppia Andy- Flo sbarca negli States – sul Chicago Sun Tribune – così come, per tornare a noi, dal 1967 anche sulla prestigiosa rivista Eureka della editoriale Corno diretta da Luciano Secchi- Max Bunker. Qui Andy Capp – chiamato col suo vero nome e non più come Carlo – diventa il simbolo stesso dello storico mensile italiano di fumetti: dal 1967 all’ 86 è stato per Eureka ciò che i Peanuts e Snoopy erano per la rivista Linus di Oreste del Buono.
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    La Corno, inoltre, dedicò al personaggio una serie di volumi cartonati – tra cui Il diario inedito di Andy Capp, del 1976, in cui comparvero alcune rare strisce a colori – mentre Mondadori, nel ’ 78, lo ha celebrato con uno degli Oscar intitolato Andy Capp: Hurrah. Negli anni Ottanta Andy conoscerà una nuova stagione di popolarità, tanto da diventare personaggio televisivo e ispirare uno spettacolo musicale itinerante che da Manchester arriverà sino in Finlandia. La filosofia di vita di Andy Capp finisce quindi per esondare e influenzare anche il panorama musicale: numerosi gli aneddoti di calcio, birra, sigarette e scorribande nei testi delle band “britpop” come Oa- sis, The Verve, Blur e Radiohead. Andy, infine, da tempo è – insieme a Mr Magoo e Mister Enrich – uno dei simboli scelti dalle tifoserie senza distinzione di fede quale segno di identificazione.
    La sua passione genuina quanto sfegatata per il calcio fa sì che il suo nome e il suo profilo siano spesso presenti su stendardi e striscioni issati nelle curve europee. Il personaggio di Smythe è infatti diventato fumetto- simbolo e patrimonio simbolico di quel calcio romantico che piace a chi affolla i settori popolari degli stadi ed è diffidente rispetto al neo- calcio tutto business e diritti televisivi. Ma forse anche per questa sua popolarità tra ultras e tifosi, Valerio Marchi, un sociologo scomparso prematuramente nel 2006, aveva dedicato al nostro un libro forse eccessivo: La sindrome di Andy Capp ( Nda press, 2004).
    Pur non essendo un campione di “politicamente corretto”, Andy Capp non può infatti essere troppo schematicamente assunto «ad allarmante modello di una sindrome paranoide collettiva dei giovani marginali per lo stile di vita aggressivo, maschilista, sciovinista, qualunquista, tendenzialmente xenofobo, cosmicamente alieno da ogni forma di acculturazione». Semmai, noi concluderemmo che lui – ripetendo il titolo di uno dei libri delle Edizioni Corno a lui dedicati – potrebbe essere considerato «l’olimpionico della contestazione», tenendo presente il suo spontaneo ribellismo esistenziale, mai riducibile a inquadramenti o forme di militanza. Andy Capp rappresenta infatti una forma di ribellione tutta individualistica e libertaria, senza dialettica e senza velleità ideologiche. Non c’è mai in lui né rabbia né frustrazione né volontà di rivalsa. Della società se ne frega e ne è ricambiato felicemente. «Io so come vanno le cose, è solo che non ci capisco niente», ci spiega una volta per tutte in una sua celebre vignetta.

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    B.C.
    é una striscia comica nata nel 1958 dalla matita di Johnny Hart, fumettista statunitense co-autore della successiva ma altrettanto famosa striscia Wizard of Id.
    Il termine B.C.sta per Before Christ (a.c., Avanti Cristo in italiano), abbreviazione utilizzata per indicare gli anni antecedenti l'anno zero, convenzionalmente l'anno di nascita di Gesù Cristo. E l'ambientazione del fumetto, un classico delle strip a fumetti, è decisamente molto Before Christ essendo praticamente ferma all'età della pietra.

    Hart ricrea la sua preistoria come un paesaggio desertico, senza alcuna vegetazione, dove gli unici elementi di rottura della linea d'orizzonte sono pietre, caverne e saltuariamente vulcani o corsi d'acqua.
    Una volta fissato come teatro delle vicende l'era preistorica, all'autore non resta che popolare le strip con i personaggi che, più o meno plausibilmente potevano abitare quel periodo storico.

    Il protagonista principale è genericamente l'uomo, inteso come essere umano; un uomo però già abbastanza evoluto, che mostra i primi segni di civiltà (se così vogliamo chiamarla): non è per niente peloso, vive in caverne (simili ad igloo) dotate di qualche comfort, utilizza una moneta corrente (costituita da conchiglie), ha già scoperto la ruota che utilizza come mezzo di locomozione (una ruota singola) ed il fuoco; inoltre conosce la scrittura (anche se utilizza il primitivo metodo di incisione su pietra). Le telecomunicazioni non sono molto sviluppate: l'espediente principale per comunicare aldilà dell'oceano consiste nell'affidare al mare messaggi su pesanti ma inaffondabili lastroni di pietra vedendosi spesso arrivare altrettanto pesanti lastroni di pietra in risposta.

    All'interno della grande categoria dell'uomo 'moderno', la strip presenta vari tipi umani; personaggi con caratteristiche più o meno differenti.
    Si tratta in massima parte da uomini a partire da B.C. che potremmo considerare il protagonista e che dà il nome alla striscia, anche se un vero protagonista non c'è e la varia umanità di personaggi che si affolla sulle tavole si alterna senza un ordine preciso.
    B.C. è uno dei personaggi meno attivi, spesso intento ad osservare quello che fanno gli altri personaggi. Molto simili nell'aspetto a B.C. sono Thor, l'inventore della ruota, mezzo di locomozione per eccellenza, e del fuoco e Peter, il cavernicolo più attivo che gestisce la gran parte dei negozi ed ha uno studio di dottore ed uno di psichiatra.
    Tra gli altri personaggi della serie abbiamo Curls, mascella pronunciata e capelli crespi, caustico e dalla risposta sempre pronta e Clumsy, lo sfigato dell'epoca, porta gli occhiali ed ama passare il tempo a studiare i pesci sott'acqua. Abbiamo poi il trasandato Wiley, caratterizzato dall'avere una gamba di legno, che è un poeta a tempo perso e coach della locale squadra di baseball. E' suo il dizionario (Il dizionario di Wiley) che riporta personalissime spiegazioni dei termini più vari, appogiato su di un masso e saltuariamente consultato dai personaggi della strip.

    Nella striscia sono invece presenti solo due donne delle quali non viene mai fatto il nome; gli abitanti sono solite chiamarle con appellativi facilmente riconducibili alle loro fattezze, la Pollastrella, ragazza giovane, snella e attraente, e la Cicciona, ragazza dall'aspetto più tozzo e dai modi rudi, che dimostra di avere una repulsione innata per i serpenti.

    I personaggi non hanno ruoli fissi e di volta in volta possiamo trovarli ad occupare il ruolo di negozianti, metereologi, giornalisti, dispensatori di consigli più o meno gratuiti, allenatori, curatori di rubriche di posta, giustizieri mascherati e così via.

    Riconducibile alla specie umana è anche il personaggio di Grog, un cavernicolo che rappresenta lo stadio immediatamente precedente dell'evoluzione, un essere peloso ed incapace di esprimersi a parole che approda nel mondo di B.C. dopo essere rimasto ibernato in un ghiacciaio.

    Partecipano alle strisce comiche una gran varietà di animali a partire dagli immancabili, trattandosi di preistoria, dinosauri (per la verità non utilizzati tantissimo).
    Più presenti i serpenti (odiati dalle donne come da precetto bibilico e sistematicamente bastonati dalla Cicciona), le formiche (perfettamente organizzate ed evolute anche più dell'uomo, hanno persino la televisione) e di tanto in tanto un formichiere, saltuariamente delle ostriche, i pesci, poi animali vari (come l'apteryx, uccello senza ali con piume pelose) e la strana ed inseparabile coppia formata da un uccello ed una tartaruga.

    Gli animali sono tutti dotati di parola o almeno di pensiero ma saltuariamente anche gli oggetti inanimati come i sassi esprimono le loro opinioni tramite baloon.
    Le pietre sono spessissimo utilizzate a mo' di insegna facendo capire dove si svolgono gli eventi (Bar di Wiley, Dr Peter, Metereologo etc) essendo impossibile desumerlo dal paesaggio che è sempre praticamente immutato.

    La striscia comica di Johnny Hart gioca sui tanti luoghi comuni delle civiltà preistoriche anche se in realtà la società preistorica descritta da Hart è una società per struttura e per caratteristiche del tutto identica ad una moderna società capitalistica; solamente le conoscenze ed alcune tecnologie sono più limitate. E così non si vedranno televisori nella striscia, a parte quelli presenti nelle confortevoli tane delle formiche, evidentemente giunte ad un livello di sviluppo tecnologico superiore a quello umano, non si vedranno macchine, occasionalmente sostituite da semplici ruote, e un mucchio di altre cose ma si vedrà ugualmente tanta umanità.

    Dal 2007, anno della morte di Johnny Hart, la realizzazione della striscia è stata curata dal nipote Mason Mastroianni.

    In Italia B.C. fa la sua comparsa nel dicembre 1963 con un numero speciale, 323 bis, di Urania. Qualche tempo dopo B.C. ricompare sulle pagine della storica rivista di fumetti linus, a partire dal numero 5 dell'agosto 1965. La pubblicazione su linus è proseguita per decenni ma la striscia è stata ospitata anche su altre riviste e su volumi dedicati al personaggio, soprattutto ad opera di Mondadori (molti gli Oscar Mondadori) e di Milano Libri.
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    FIABE DI CHARLES PERRAULT


    GRISELDA

    GRISELDA
    FIABA DI GRISELDA
    A piedi degli alti monti, dai quali il Po scaturisce e si versa per le campagne, viveva un principe giovane e prode, che era la delizia del suo paese. Il cielo gli avea fatto, fin dalla nascita, ogni dono più raro, come se proprio si trattasse d'un gran re.
    Era robusto, svelto, valoroso; amava le arti, la guerra, i grandiosi disegni, le prodezze, la gloria, quella sopratutto di rendere felice il suo popolo.
    Un'ombra però oscurava quel bel carattere: in fondo in fondo al suo cuore, pensava il principe che tutte le donne fossero perfide e infedeli; anche la più virtuosa gli sembrava un'ipocrita, una superba, una nemica spietata, sempre ansiosa di tiranneggiare l'uomo disgraziato che le capitasse alle mani.
    La pratica del mondo, dove tanti sono i mariti schiavi o ingannati, accrebbe ancora quest'odio profondo. Giurò dunque il principe, che se pure il cielo avesse a posta per lui formato un'altra Lucrezia, mai e poi mai avrebbe preso moglie.
    Così, dopo avere impiegato la mattina agli affari di stato, protetto i diritti della vedova e dell'orfano, abolito un'antica imposta di guerra, se ne andava a caccia il resto del giorno, dove i cignali e gli orsi, per feroci che fossero, gli davano meno fastidio che non avrebbero fatto le donne, da lui sempre evitate.
    I sudditi nondimeno, ansiosi di assicurarsi un successore non meno buono di lui, lo premuravano sempre perchè s'ammogliasse.
    Un giorno se ne vennero tutti a palazzo per tentare un ultimo sforzo. Prese la parola uno dei più eloquenti, e disse tutto ciò che si può dire in casi simili: che il popolo era impaziente di veder assicurato un erede al trono; che già si figurava di scorgere un astro nascente, e che questo avrebbe brillato d'una luce senza pari.
    Rispose il principe in modo semplice e piano:
    "Son lieto e commosso del vostro zelo, che mi è prova dell'amore che mi portate; e vorrei subito contentarvi, se non pensassi che il matrimonio è un certo affare, in cui la prudenza non è mai soverchia. Osservate bene tutte le ragazze: finchè stanno in famiglia, sono virtuose, docili, modeste, sincere; ma appena maritate, la maschera non serve più, ed eccole mostrarsi nel loro vero carattere. Questa diventa una bigotta brontolona; quella una fraschetta ciarliera, sempre in cerca d'amanti; una terza si atteggia a far la saputa; un'altra ancora si dà al giuoco, perde danari, gioielli, mobili, vestiti e manda la casa in rovina.
    "In un sol punto, si somigliano tutte, nel volere a tutti i costi dettar la legge. Ora io son convinto che nel matrimonio non si può esser felici, quando si comanda in due. Se dunque voi bramate darmi moglie, trovatemi una fanciulla che sia bella, punto superba, non vanitosa, obbediente, paziente, senza volontà; ed io vi prometto di sposarla."
    Ciò detto, il principe balzò in sella e si slanciò a spron battuto verso la pianura dove i compagni di caccia lo aspettavano.
    Traversati campi e sentieri, li trovò alla fine che giacevano sull'erba. Tutti si alzano e fanno squillare i corni. Corrono e abbaiano i levrieri; i cani di punta scuotono il guinzaglio e tirano i servi che li tengono a fatica; galoppano e nitriscono i cavalli; rintrona la foresta, e in essa si sprofonda e scompare tutta la brillante e rumorosa brigata.
    Fosse caso o destino, il principe prese un sentiero traverso dove nessuno lo segui; più corre, più si allontana dai suoi, fino a che non sente più neppure lo strepito dei cani e dei corni.
    Si trovò così in un posto remoto ed ombroso, qua e là inargentato da un corso di acqua. Tutto intorno era silenzio; e mentre egli si lasciava andare all'incanto malinconico del bosco, ecco che una deliziosa apparizione gli colpisce gli occhi e gli fa battere il cuore.
    Era una pastorella che guardava il suo gregge, standosene in riva d'un ruscello e facendo con mano esperta girare il suo fuso.
    Il cuore più selvaggio ne sarebbe rimasto invaghito. Bianca come un giglio, con una bocca infantile, e due occhi più azzurri e più luminosi del firmamento.
    Il principe, al cospetto di tanta bellezza, si avanza turbato; ma al calpestio la fanciulla si volta, arrossisce, abbassa gli occhi pudica, con una dolcezza, una sincerità, un candore, di cui il principe credeva incapace il bel sesso.
    Preso da insolito terrore, egli fa un passo e, più timido di lei, le dice con voce tremula di aver perduto la traccia dei suoi cacciatori e le chiede se mai gli avesse visti passare pel bosco.
    — Niente è apparso in questa solitudine, risponde la fanciulla. Ma state pur tranquillo, vi rimetterò io sulla via.
    — Io ringrazio il cielo, dice il principe, della mia sorte. Da molto tempo frequento questi posti, ma fino ad oggi ignoravo quel che essi hanno di più prezioso.
    Così dicendo, si china per attingere nel ruscello un po' d'acqua.
    — Aspettate, signore, dice la pastorella, e correndo verso la sua capanna, prende una tazza e la porge con grazia al cavaliere assetato.
    I vasi più preziosi di cristallo e di agata, i più ricchi di oro e più artisticamente lavorati, non ebbero per lui mai tanta bellezza quanto quel rozzo vaso d'argilla.
    Si avviarono insieme, traversarono boschi, rocce, torrenti. Il principe si guarda intorno, osserva, nota, cerca d'imprimersi in mente la via.
    Arrivarono alla fine in una boscaglia scura e fresca; e là, di mezzo ai rami, scerse da lontano, in mezzo alla pianura, i tetti dorati del palazzo reale.
    Accomiatatosi dalla sua compagna, si allontanó tutto lieto della bella avventura; ma il giorno appresso si sentì vinto dalla noia e dalla tristezza.
    Non appena gli fu possibile, tornò alla caccia, si staccò dagli amici, si cacciò nel bosco, e poichè ben si ricordava tutto il laberinto dei sentieri percorsi, trovò senza molta fatica la casa della pastorella.
    Seppe che si chiamava Griselda, che viveva sola col padre, che si nudrivano del latte delle loro pecorelle e che dalla lana di queste, da lei filata, si facevano i vestiti.
    Più la guarda, più s'innamora di tanta bellezza e di tante virtù; si compiace di aver così ben collocato i suoi primi affetti e, senza perder tempo, fa convocare il suo consiglio ed annunzia di aver trovato una sposa, una ragazza del paese, bella, saggia, bennata.
    La notizia si sparse in un baleno, e non si può dire con quanta allegrezza fu accolta. Il più contento fu l'oratore, che attribuì alla propria eloquenza la riuscita; e subito per tutta la città si vide un curioso spettacolo, perchè tutte le ragazze fecero a gara per mostrarsi pudiche e modeste e attirar così l'attenzione del principe, i cui gusti erano notorii. Tutte mutarono di vestiti e di contegno; tossirono divotamente e raddolcirono la voce; le pettinature si abbassarono di mezzo palmo, i corpetti si abbottonarono fino alla gola; le maniche si allungarono.
    Fervevano intanto per la città i preparativi per le nozze. Carri scolpiti e dorati, palchi, archi trionfali, fuochi d'artificio, balli, operette, musiche.
    Arrivò alla fine il giorno sospirato.
    Spuntata appena l'alba rosata, tutte le donne della città furono in piedi; il popolo accorre da tutte le parti, le guardie qua e là fanno far largo. Tutta la reggia rintrona di trombe, flauti, fagotti, cornamuse, tamburi.
    Si mostra alfine il principe, circondato dalla sua corte, ed è salutato da un grido unanime di gioia; ma si rimane molto sorpresi nel vedere che, alla prima voltata, egli prende la via del bosco vicino, come tutti i giorni solea fare. "Siamo da capo, si diceva; eccolo che non sa resistere alla passione e torna a caccia".
    Il principe traversa la pianura, entra nel bosco, passa per questo e per quel sentiero, arriva finalmente alla nota capanna.
    Griselda, che avea sentito parlar delle nozze, voleva anch'essa assistere allo spettacolo, e in quel punto stesso, con indosso gli abiti della festa, usciva sulla soglia.
    "Dove correte così svelta e frettolosa? le disse il principe, guardandola con tenerezza. Fermatevi. Le nozze non si potrebbero fare senza di voi. Sì, io vi amo, io vi ho scelto fra mille bellezze per passar con voi il resto della mia vita; se però voi non direte di no. — Ah, signore! esclamò ella, tanta gloria non è per me. Voi volete scherzare. — Tutt'altro. Ho già parlato a vostro padre; non manca che il vostro consenso. Ma perchè fra noi regni costante la pace, bisogna giurarmi che non avrete mai altra volontà fuor della mia. — Lo giuro, e ve lo prometto. Se avessi sposato l'ultimo del villaggio, avrei con gioia accettato di essergli schiava; tanto più con voi, mio signore e mio sposo."
    Fissate così le nozze, fra gli applausi della corte, il principe conduce la sposa nella capanna, dove due damigelle la vestono e l'adornano per l'occasione.
    Fulgida di beltà e di ricchezza, emerge finalmente la sposa dall'umile abituro ed è accolta da un'acclamazione entusiastica. Si asside maestosa sopra un gran carro di oro ed avorio, il principe prende posto al suo fianco, i cortigiani seguono in folla.
    Tutto il popolo, avvertito della scelta del sovrano, accorre incontro al corteo; fa ressa intorno al carro; poco manca che non distacchi i cavalli. Si arriva alla chiesa; si compie il sacro rito; si scambia la promessa, si chiude la solenne giornata fra danze, giuochi, corse e tornei.
    Il giorno appresso, tutte le autorità si presentano a palazzo per congratularsi coi novelli sposi. Griselda, circondata dalle sue dame, serbò un contegno da vera principessa. Tanto il cielo l'avea favorita d'ingegno e di prudenza, che in breve acquistò i modi di una vera sovrana e seppe guidare le sue dame assai più agevolmente che non avesse guidato altra volta le sue pecorelle.
    Prima che l'anno spirasse, le liete nozze furono benedette dal cielo col dono di una principessina, bella come un amore, che formò la delizia dei due giovani sposi.
    Griselda volle da sè nudrir la bambina. "No, disse, non saprei resistere alle grida supplici della mia creatura; non saprei esser madre a metà della bambina che adoro."
    Il principe intanto, sia che fosse meno infiammato dei primi giorni, sia che si facesse vincere dai soliti umori maligni, crede di scorgere non so che doppiezza in tutte le azioni della sposa. La virtù di lei gli pare un tranello; la dolcezza un'ipocrisia; ogni buona parola un artifizio. Guarda, spia, sorveglia, sospetta, tiranneggia; le toglie le vesti sfoggiate, gli anelli, le collane, tutti i ricchi doni di nozze; la chiude in camera, ed è assai se lascia penetrare in questa un po' di luce.
    "Si vede, pensava Griselda, ch'ei mi vuol provare. Accetto volentieri la sua crudeltà e la volontà del Signore. Più si soffre, più si è felici."
    Ma il principe, non che commuoversi a tanta rassegnazione, diventa più cupo e sospettoso. "Tutti gli affetti di lei, pensa, son concentrati nella piccina; per questo è che non si cura di altro, ed ogni rigore le è indifferente. Per vederci netto, bisogna colpirla in quanto più le sta a cuore."
    Un giorno che Griselda con la bimba fra le braccia, le dava latte, accarezzandola e sorridendo, il principe entrò di sorpresa. "Vedo, disse, che le volete bene; eppure bisogna che ve la tolga, per educarla in tempo e perchè non prenda da voi qualche maniera un po' goffa. Per buona sorte, ho trovato una dama fra le più distinte, che le insegnerà tutte le virtù che una principessa deve avere. Preparatevi, perchè tra poco verranno a prenderla."
    Ciò detto uscì frettoloso.
    Griselda tace, piega la testa, rattiene a stento le lagrime; e quando vede arrivare lo spietato ministro degli ordini sovrani: "È forza obbedire" dice. Poi, presa e baciata la bimba, la consegna fra le mani di quell'uomo e le pare in quel momento di strapparsela dal cuore.
    Sorgeva non lontano dalla città un monastero, famoso per l'antichità e per la regola austera che vi regnava. Alla pia badessa del luogo e alle cure delle suore fu consegnata la bimba, senza rivelarne la nascita, insieme con molti anelli di gran valore.
    Il principe, che cercava di soffocare i rimorsi negli usati spassi della caccia, avea paura di riveder la moglie, come si avrebbe paura di rivedere una tigre cui fosse stato strappato il tigrotto. Eppure non trovò in lei che dolcezza, buone maniere, e perfino un affetto sincero come nei primi giorni della loro unione. A tanta bontà, più acerba sentì la punta del rimorso; ma cedendo ancora una volta, per debolezza di carattere, ai sospetti che lo torturavano, pensò di dare alla poveretta un novello colpo, e venne un giorno ad annunziarle che la bimba, pur troppo, era morta.
    All'improvvisa notizia, poco mancò che Griselda non tramortisse; se non che, visto impallidire il marito, fece forza a se stessa, ingoiò le lagrime e non pensò ad altro che a rendergli meno amaro il dolore. Il principe, dal canto suo, commosso da tanta bontà, fu lì lì per confessare il vero, per dirle che la bimba era sempre viva e sana; ma gliene mancò il coraggio, e gli sembrò forse anche utile di prolungar la prova incominciata.
    Da quel momento, l'affetto dei due sposi crebbe sempre più, e così si mantenne, senza mai stancarsi un momento, per quindici anni di fila.
    La principessina intanto cresceva in senno e in ingegno; dalla madre aveva ereditato la bontà, dal padre il nobile contegno. Era anche bella come una fata; ed un gentiluomo di corte vistala per caso dietro la grata del convento, se ne invaghì perdutamente.
    La principessa, per l'istinto che è proprio delle donne, si accorse della simpatia destata; e dopo avere un po' resistito, per convenienza, la ricambiò con egual calore.
    Il giovane era bello, valoroso, nobile; e già da un pezzo il principe pensava di darlo in isposo alla figlia. Fu dunque lietissimo di sapere che si amavano; ma il capriccio gli venne di far loro comprare a caro prezzo la maggior felicità della vita.
    "Li contenterò, disse, ma bisognerà prima che il tormento ne accresca l'amore; eserciterò anche, nel tempo stesso, la pazienza di mia moglie, non già per geloso sospetto, ma perchè rifulgano agli occhi di tutti la bontà di lei, la dolcezza, il senno, tutti i pregi per cui la terra dev'esser grata al cielo."
    Dichiara dunque pubblicamente che, non avendo eredi ed essendo morta l'unica figlia avuta dal suo folle matrimonio, ei deve cercare altrove miglior fortuna; che la sposa scelta è d'illustre prosapia e che finora è stata educata in convento.
    Figurarsi come questa notizia suonò amara ai due innamorati! In seguito, senza ombra di rammarico, egli annunziò alla moglie che era indispensabile separarsi; che il popolo, indignato de' bassi natali di lei, lo costringe a contrarre più degne nozze.
    "Ritiratevi, dice nella vostra capanna, dopo aver ripreso le vostre vesti di pastorella."
    Tranquilla e muta, la principessa ascoltò la sentenza. Il dolore la rodeva dentro, spremendole grosse lagrime dagli occhi, e rendendola più bella: così, a primavera, cade la pioggia mentre splende il sole.
    "Voi siete il mio sposo e il mio padrone, rispose con un sospiro, e per terribile che sia la sorte che mi aspetta, vi mostrerò che la mia gioia maggiore è quella di obbedirvi".
    Andò in camera sua, si spogliò delle ricche vesti, riprese in silenzio gli umili abiti di un tempo, e di nuovo si presentò al principe, dicendo:
    "Non so staccarmi da voi senza che mi perdoniate i dispiaceri che forse vi ho dato; posso sopportare la mia miseria, non già il vostro sdegno. Fatemi questa grazia, ed io vivrò contenta nell'umile mia dimora, senza che mai il tempo possa mutare il mio rispetto e il mio amore per voi."
    Poco mancò che tanta sottomissione e tanta magnanimità non rimovessero il principe dal suo proposito. Commosso, quasi piangendo, egli stava sul punto di abbracciarla, quando di botto la caparbietà la vinse e gli fece dire con asprezza:
    "Del passato non mi ricordo più. Sono contento di vedervi pentita. Andate!"
    La poverina parte all'istante in compagnia del padre addolorato. "Torniamo, dice, ai nostri boschi, alla rozza dimora; lasciamo senza rimpianto il fasto della reggia. Le nostre capanne non hanno tanta magnificenza, ma vi si trova l'innocenza, la quiete, il riposo".
    Torna al suo deserto, riprende fuso e conocchia e va a filare in riva a quel ruscello dove il principe l'avea trovata. Calma, senza rancore, prega di continuo il cielo che colmi lo sposo di gloria, di ricchezza, di quanto, possa bramare.
    Ma il caro sposo intanto, volendo sempre più metterla alla prova, le manda a dire di venire a corte.
    "Griselda, le dice, bisogna che la principessa cui domani mi fo sposo sia contenta di voi e di me. Aiutatemi dunque. Nessun risparmio, nessun ritegno; fate che in ogni cosa si manifesti la grandezza del principe, e di un principe innamorato. Mettete tutta l'arte vostra ad ornare gli appartamenti di lei; vi regni il fasto, la nettezza, la magnificenza; pensate che si tratta di una giovane principessa da me teneramente amata. Anzi, perchè meglio intendiate i vostri doveri, ve la farò subito conoscere."
    Arrivò in quel punto la giovane sposa, e parve più luminosa e sorridente dell'aurora. Griselda, al solo vederla, si sentì dentro un impeto di amor materno; si ricordò del passato e dei giorni felici. "Ahimè! pensò, la figlia mia, se il cielo l'avesse permesso, avrebbe la stessa età e sarebbe forse così bella".
    Un affetto vivo, prepotente, la prese per quella fanciulla; e non appena la vide allontanarsi, non potè fare a meno di dire al principe, mossa dall'inconscio istinto materno:
    "Permettete, signore, ch'io vi faccia notare che l'amabile principessa da voi scelta per sposa, cresciuta ed allevata negli agi e nella porpora, non potrà sopportare, senza pericolo della vita, gli stessi trattamenti che io m'ebbi da voi. Per me, il bisogno, gli oscuri natali mi avevano indurita alle fatiche, sicchè potevo sopportare ogni sorta di male, senza soffrirne e senza dolermi. Ma a lei, che non mai conobbe il dolore, la minima parola un po' aspra potrebbe far male. Io ve ne supplico, signore! trattatela con dolcezza".
    "Pensate, ammonì severo il principe, a servirmi come potete; non sarà mai detto che una semplice pastorella mi faccia la lezione e m'insegni i miei doveri".
    A queste parole, Griselda, senza aprir bocca, si ritira.
    Arrivano intanto gl'invitati alle nozze; e il principe, in una magnifica sala, prima che la funzione incominci, parlò loro in questi termini:
    "Nulla al mondo, dopo la speranza, è più ingannevole dell'apparenza, ed eccone una prova luminosa. Chi non crederebbe che la giovane principessa, mia eletta sposa, non sia felice e contenta? Eppure, non è così.
    "Chi non crederebbe che questo giovane guerriero, vago di gloria, non sia lieto di queste nozze, egli che nei tornei riporterà vittoria su tutti ì rivali? Eppure non è così. "Chi non crederebbe che Griselda, giustamente sdegnata, non pianga e non si disperi? Eppure ella non si duole, consente a tutto, e nulla potè stancare la sua pazienza.
    "Chi non crederebbe finalmente alla fortuna che mi arride, vedendo la grazia di colei che amo? Eppure se le nozze mi legassero, io sarei il più disgraziato fra i principi del mondo.
    "L'enigma vi sembra difficile, ma due parole ve lo spiegheranno, due parole che faranno dileguare tutte le sventure or ora enumerate.
    "Sappiate che la bella ed amata sposa è mia figlia, e che io la do in moglie a questo giovane signore, che l'ama ardentemente e n'è riamato.
    "Sappiate pure che, vivamente commosso dalla rassegnazione della sposa fedele da me indegnamente scacciata, io la riprendo, per riparare col più fervente amore ai torti che le inflisse la mia crudele gelosia. Sarò più studioso di prevenire ogni suo desiderio che non fui costante a colmarla di amarezze; e se la memoria sarà eterna della mirabile rassegnazione di lei, voglio che molto più si parli della gloria onde io ne avrò coronata la virtù".
    Come ad un improvviso raggio di sole che squarci le nuvole nere della tempesta, s'illumina e ride la campagna, così in tutti gli occhi si dileguò la tristezza, cedendo il posto alla più schietta allegria.
    La principessina si gettò alle ginocchia del padre e teneramente le abbracciò; la rialzò il principe e la condusse dalla madre, cui il soverchio della gioia toglieva quasi i sensi. Il cuore, costante e forte contro gli assalti del dolore, soccombeva ora alla letizia, e la povera Griselda non poteva che piangere.
    "Basta, disse il principe, sfogherete a miglior tempo gli affetti. Riprendete le vesti regali e solenniziamo le nozze di nostra figlia".
    Si va in chiesa, si scambia fra gli sposi la promessa; e subito dopo seguono feste, tornei, giuochi, danze, musiche, banchetti. Tutti gli occhi si volgono a Griselda, tutte le voci esaltano la sua meravigliosa pazienza. E tale e tanta è la gioia del popolo, che si arriva perfino a lodare la prova crudele del principe bisbetico, alla quale si deve il perfetto modello d'una così bella e rara virtù, che tanto aggiunge pregio alla donna.
     
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